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Giappone: Iwao Hakamada, il condannato a morte più anziano del mondo, otterrà nuovo processo

L’Alta Corte di Tokyo ha disposto la revisione del processo a carico di Iwao Hakamada, il più anziano condannato a morte del mondo.
A cura di Davide Falcioni
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L'Alta Corte di Tokyo ha disposto la revisione del processo a carico di Iwao Hakamada, il più anziano condannato a morte del mondo. L'uomo, un ex pugile oggi 87enne, ha trascorso gran parte della sua vita dietro le sbarre: nel 1968 venne infatti condannato per l'omicidio di quattro persone commesso due anni prima. L'anziano ha trascorso quasi mezzo secolo in regime di isolamento in attesa della pena capitale, che in Giappone viene comunicata al detenuto solo poche ore prima.

Oggi Hakamada è affetto da problemi mentali e si è sempre dichiarato innocente dopo una prima confessione ottenuta con la forza. Nel 2014 dopo una complicata e lunga battaglia legale gli era stato garantito un nuovo processo e l'immediata scarcerazione, ma la pubblica accusa aveva fatto ricorso e, nel 2018, il verdetto era stato rovesciato. Date le sue cattive condizioni di salute, gli era stato permesso di attendere la nuova sentenza in libertà. La Corte Suprema giapponese, alla fine del 2020, aveva impedito a Hakamada di essere nuovamente processato nel tentativo di ottenere l'assoluzione. Ora però è stato ordinato un nuovo processo.

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Hideaki Nakagawa, direttore di Amnesty International Giappone, ha dichiarato: "Questa sentenza offre un’opportunità attesa da tempo per rendere giustizia a Hakamada Iwao, che ha trascorso più di mezzo secolo sotto condanna a morte nonostante la palese iniquità del processo che lo ha visto condannato. La sua condanna era basata su una ‘confessione’ forzata e ci sono seri dubbi sulle altre prove usate contro di lui. Eppure, all’età di 87 anni, non gli è stata ancora data l’opportunità di impugnare il verdetto che lo ha tenuto sotto la costante minaccia della forca per gran parte della sua vita. Ora che l’Alta corte di Tokyo ha riconosciuto il diritto di Hakamada al giusto processo, negatogli più di 50 anni fa, è imperativo che i pubblici ministeri permettano che ciò accada".

Il direttore di Amnesty ha poi rivolto un appello ai pm: "Non presentate ricorso contro la sentenza odierna e non prolungate il limbo in cui si trova Hakamada  dalla sua ‘scarcerazione temporanea' avvenuta nove anni fa", augurandosi che il nuovo processo abbia luogo mentre Hakamada è ancora in grado di partecipare al procedimento.

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