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Conflitto Israelo-Palestinese

Gaza, la guerra entra nel 7° mese: 33mila palestinesi uccisi. Israele ritira le truppe da Khan Yunis

Sono trascorsi sei mesi dall’attacco coordinato di Hamas a Israele che causò 1.200 vittime e dalla brutale risposta di Tel Aviv sulla Striscia di Gaza, una rappresaglia che non accenna a fermarsi e che ha causato oltre 33mila vittime, prevalentemente civili palestinesi. Tra loro decine di migliaia di donne e bambini.
A cura di Davide Falcioni
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Sette ottobre 2023, 7 aprile 2024. Sono trascorsi sei mesi dall'attacco coordinato di Hamas a Israele che causò 1.200 vittime e dalla brutale risposta di Tel Aviv sulla Striscia di Gaza, una rappresaglia che non accenna a fermarsi e che ha preso di mira prevalentemente civili palestinesi tanto da spingere la Corte Internazionale di Giustizia a definire plausibile il rischio di genocidio.

A dirlo sono innanzitutto i numeri: secondo l'agenzia ONU Ocha, infatti, le vittime palestinesi accertate sono almeno 33.o91. Bambini e donne costituiscono la stragrande maggioranza delle persone uccise, con Save the Children che afferma che sono morti più di 13.800 minori mentre l'UNICEF, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, stima che almeno 17mila bambini palestinesi siano attualmente non accompagnati o separati dai loro genitori a Gaza. Almeno 75.750 persone sono rimaste ferite negli attacchi israeliani dall’inizio della guerra, circa quattro persone su 100 residenti a Gaza. Migliaia sono inoltre le persone disperse da mesi sotto le macerie degli edifici distrutti.

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A Gaza la fame usata come arma di guerra

Alla catastrofe causata dalle bombe vanno aggiunti gli effetti della malnutrizione. La situazione umanitaria a Gaza è infatti drasticamente peggiorata da quando l'esercito israeliano ha bloccato al valico di Rafah migliaia di camion contenenti aiuti umanitari, introducendo la fame come arma di guerra. Centinaia di migliaia di palestinesi sopravvivono a stento e l’ONU ha avvertito che la carestia si diffonderà in varie parti di Gaza entro maggio se Tel Aviv non consentire un maggiore accesso dei convogli umanitari.

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Israele intensifica gli attacchi in Libano

In questo quadro è sempre dietro l'angolo il rischio che il conflitto si espanda. Dopo aver attaccato la scorsa settimana il consolato iraniano in Siria uccidendo importanti generali di Teheran, infatti, Israele ha intensificato la scorsa notte anche i raid in Libano orientale, dove è forte la presenza di Hezbollah. "Gli attacchi israeliani hanno colpito due aree nella valle della Bekaa, Janta e Sifri", ha detto la fonte all'AFP nella regione di Baalbek, nell'est del Libano.

I raid sono stati confermati anche dalle Forze di difesa israeliane che – secondo quando riporta "The Times of Israel" – affermano di aver preso di mira alcuni siti appartenenti all'unità di difesa aerea di Hezbollah a Baalbek, nel nord-est del Libano. Gli obiettivi includevano un complesso e tre infrastrutture aggiuntive relative alle difese aeree di Hezbollah, sottolinea l'Idf secondo cui – come riporta sempre "The Times of Israel" – gli attacchi arrivano in risposta all'abbattimento da parte di Hezbollah di un drone militare nel Libano meridionale con un missile terra-aria.

Decine di migliaia di persone protestano in Israele contro Netanyahu

Nel frattempo decine di migliaia di israeliani hanno protestato ieri sera contro il premier Benjamin Netanyahu. Gli organizzatori della manifestazione hanno affermato che "circa 100mila" uomini e donne si sono radunati in un incrocio di Tel Aviv ribattezzato "Piazza della Democrazia" dopo le contestazioni di massa contro le controverse riforme giudiziarie dello scorso anno. Gridando "elezioni adesso", i manifestanti hanno chiesto le dimissioni Netanyahu.

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Proteste anche in altre città, con il leader dell'opposizione israeliana Yair Lapid che ha preso parte a un corteo a Kfar Saba prima della sua partenza per i colloqui a Washington. "Non hanno imparato nulla, non sono cambiati", ha detto aggiungendo che "finché non li manderemo a casa, non daranno a questo Paese la possibilità di andare avanti".

Israele ritira le truppe dal sud di Gaza

Israele ha ritirato la 98ma Divisione – ultima tra quelle di terra combattenti che operava nel sud della Striscia, nell'area di Khan Yunis;: una decisione che di fatto significa la fine “della manovra di terra cominciata il 27 ottobre scorso”, a favore della cosiddetta Terza Fase programmata dall'esercito israeliano, che prevede un'altra strategia di guerra. Lo hanno riferito fonti militari ai media, sottolineando che l'esercito “è ora in attesa di una decisione da parte dei vertici politici sulla possibile azione militare a Rafah” (a ridosso dell'Egitto), dove ci sono gli ultimi battaglioni di Hamas, ma anche centinaia migliaia di sfollati palestinesi. Questo non vuol dire – hanno detto fonti militari a Ynet – che “se necessario, l'esercito non potrà tornare a Khan Yunis”.

Intanto però migliaia di famiglie palestinesi sfollate da Khan Yunis sono sulla via del ritorno in città.

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