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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Gaza, giornalista sviene durante una diretta tv: “Non mangiavo da 4 giorni, anche noi stiamo morendo di fame”

Sally Abdullah Thabit è la corrispondente di Alkofiya TV a Gaza. A Fanpage.it ha raccontato: “Noi giornalisti gazawi siamo stremati. raccontiamo le sofferenze della nostra gente ma ne facciamo parte anche noi. Siamo dentro la stessa tragedia”
Intervista a Sally Abdullah Thabit
Giornalista a Gaza
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Sally Abdullah Thabit in diretta da Gaza
Sally Abdullah Thabit in diretta da Gaza
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Bevono sale e acqua i giornalisti di Gaza per poter restare in piedi, per poter continuare a raccontare al mondo cosa avviene nella Striscia, per difendere il diritto di cronaca e all'informazione.

Come riporta Al Jazeera 231 giornalisti e giornaliste sono stati uccisi negli ultimi 21 mesi dall'esercito israeliano, il numero più alto che si sia mai registrato in un conflitto. L'ultima reporter ammazzata dall'aviazione di Tel Aviv è Walaa Al-Jaabari, morta insieme al figlio che portava in grembo, al marito e al resto dei loro figli, in seguito a un attacco aereo che ha preso di mira il loro appartamento nel quartiere Tel Al-Hawa di Gaza City. I pochi giornalisti che sono sopravvissuti finora, adesso stanno morendo di fame.

Lo testimonia la giornalista Sally Abdullah Thabit, svenuta in diretta tv due giorni fa a causa della fame, e che Fanpage.it ha intervistato oggi.

Sally Abdullah Thabit, lei è corrispondente per Alkofiya TV e negli ultimi 21 mesi ha raccontato instancabilmente il massacro israeliano a Gaza. Può raccontarci cosa è successo due giorni fa?

Due giorni fa stavo seguendo un servizio in diretta da Zekim, nel nord della Striscia, dove l'occupazione israeliana aveva appena commesso un nuovo massacro di persone affamate in cerca di cibo. Mentre parlavo in live, ho avuto un crollo fisico. Ho sentito il cuore accelerare, la pressione è calata, ho avuto nausea. Mi sono accasciata. Ho chiesto al collega di poter interrompere: non stavo bene. Stavo male per la fame. Stavo male perché erano quattro giorni che non mangiavo assolutamente niente. Stavo male perché anche io sto morendo di fame come tutti qui a Gaza.

In che condizione siete costretti a vivere e lavorare voi giornalisti di Gaza oggi?

In una condizione tragica, che peggiora ogni giorno. I numeri delle persone affamate e che perdono la vita sono altissimi. I bambini, in particolare, soffrono di malnutrizione. L’assedio israeliano impedisce il passaggio degli aiuti alimentari dal valico di Karam Abu Salem, anche attraverso i canali ufficiali come quello dell’UNRWA. La fame è diventata un’arma. Uccide in silenzio, senza bombe.

In che modo la fame sta incidendo sul tuo lavoro?

Siamo stremati. Raccontiamo le sofferenze della nostra gente da oltre un anno e mezzo, ma ne facciamo parte anche noi. Siamo dentro la stessa tragedia. Per questo chiediamo al mondo di guardarci, di ascoltare i civili di Gaza, ma di guardare anche chi ogni giorno dà voce a questa catastrofe mentre cerca disperatamente del cibo per i propri figli.

Cosa vuol dire essere anche una madre in questa situazione?

È una lotta quotidiana. Esco dal lavoro e vado nei mercati, sperando di trovare qualcosa da portare a casa. Le verdure quasi non ci sono, e quel poco che c’è ha prezzi proibitivi. Questo mi crea ansia, mi toglie le forze. Cerco qualcosa da mettere in tavola, anche se non ha tutti i nutrienti. Basta che sfami i miei figli.

C’è qualcosa che vorresti dire ai giornalisti fuori da Gaza?

Sì: parlate di noi. Non dimenticate Gaza. Chiediamo ai colleghi giornalisti in tutto il mondo di parlare di noi, di Gaza, dei bombardamenti, della distruzione, dei massacri, dei crimini commessi. E denunciate questa nuova arma che Israele sta usando: la fame. È un crimine che sta uccidendo sempre più civili.

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