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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Gaza, ancora sangue tra le macerie: raid israeliano su punto di distribuzione dell’acqua, uccisi 6 bambini

Un attacco aereo israeliano ha colpito un sito di distribuzione idrica nel campo profughi di Nuseirat, provocando la morte di dieci civili, tra cui sei bambini. Intanto i negoziati per una tregua restano bloccati, mentre la Striscia continua a sprofondare sotto le bombe e la fame.
A cura di Francesca Moriero
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Nella Striscia di Gaza, l’alba di oggi si è aperta con l’ennesimo attacco israeliano che ha colpito direttamente un punto di distribuzione dell’acqua nel campo profughi di Nuseirat. Almeno dieci persone sono rimaste uccise, sei delle quali erano bambini. Altri sedici sono i feriti, tra cui sette minori, alcuni in condizioni gravissime. A riportare i dettagli è l’agenzia palestinese Wafa, confermando che i corpi sono stati trasportati all’ospedale Al-Awda. I dati sono in continuo aggiornamento, ma già nel corso della stessa mattinata la Protezione Civile ha parlato di almeno 27 morti complessivi, uccisi da raid aerei condotti in varie zone della Striscia. A Nuseirat, da sola, si contano 18 vittime. Un episodio che non è che l’ultima tragedia di una lunga lista di orrori che ha trasformato Gaza in un inferno senza vie di fuga.

I bambini di Gaza: bersagli senza scampo

Dall’inizio dell’offensiva israeliana, lanciata in risposta all’attacco del 7 ottobre 2023, i civili di Gaza hanno pagato il prezzo più alto. Secondo dati condivisi da Unicef, oltre 50mila bambini sono stati uccisi o feriti in questi mesi di guerra. La percentuale di vittime infantili è impressionante: quasi la metà dei morti complessivi. L’ultimo attacco, diretto a una struttura essenziale come la rete idrica, colpisce non solo la popolazione ma anche il diritto stesso alla sopravvivenza. Secondo l’ONU, il 75% della rete idrica della Striscia è stata distrutta. Colpire una fonte d’acqua significa intensificare la catastrofe umanitaria, forzando la popolazione a scegliere tra morire sotto le bombe o morire di sete.

La devastazione: numeri di una guerra senza tregua

Le stime parlano chiaro: oltre 57mila palestinesi uccisi, per la maggior parte civili. Le donne morte sono almeno 28mila, e più di 1.400 gli operatori sanitari che hanno perso la vita nel tentativo di salvare altri; gli attacchi hanno raso al suolo ospedali, scuole, infrastrutture: più dell’80% del territorio è ormai ridotto in macerie. Secondo Medici Senza Frontiere, il 75% dei decessi è causato da ferite da guerra, un dato che smentisce ogni narrativa di precisione chirurgica nelle operazioni israeliane. Il conflitto ha assunto contorni apertamente distruttivi, con una popolazione civile che diventa sistematicamente obiettivo.

Le condizioni sul tavolo

Mentre la carneficina continua, sono in corso trattative internazionali per raggiungere un cessate il fuoco tra Israele e Hamas. La distanza tra le parti resta però ancora abissale: Hamas ha posto come condizioni il ritiro completo delle truppe israeliane, l’ingresso di aiuti umanitari e garanzie per una tregua duratura. Dall’altra parte, Israele insiste sul disarmo totale del gruppo e sulla sua esclusione dal futuro politico e territoriale di Gaza. Non solo: preme per la costruzione di una “città umanitaria” dove concentrare la popolazione sotto stretto controllo militare. In questo quadro, la proposta israeliana appare come una riorganizzazione dell’occupazione, più che un reale passo verso la pace.

Aiuti umanitari sotto il fuoco di Israele

Anche la distribuzione di aiuti continua a essere teatro di sangue: l'organizzazione privata Gaza Humanitarian Foundation (GHF), sostenuta da Usa e Israele ma duramente criticata dall’ONU, è stata protagonista di episodi tragici. Secondo Al Jazeera, almeno 800 civili sono stati uccisi mentre attendevano cibo nei pressi dei centri gestiti dalla GHF; solo nella giornata di ieri, 34 persone hanno perso la vita in fila per gli aiuti. Le immagini che giungono da Gaza raccontano una popolazione affamata, sotto assedio, esposta ai bombardamenti anche quando tenta semplicemente di sopravvivere.

Una guerra che incendia il Medio Oriente

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Nel frattempo, emergono notizie che gettano ulteriore benzina sul fuoco del conflitto regionale: il presidente iraniano Masoud Pezeshkian sarebbe stato ferito in un raid israeliano lo scorso giugno, durante una riunione del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale. L’attacco, avvenuto in Iran occidentale, evidenzia come lo scontro vada ormai ben oltre i confini della Striscia di Gaza. Anche in Israele si registrano movimenti significativi: il primo ministro Netanyahu ha convocato i ministri ultranazionalisti Ben Gvir e Smotrich, da sempre contrari a qualsiasi forma di tregua che non implichi l’eliminazione totale di Hamas. Il rischio è che ogni spiraglio negoziale venga nuovamente soffocato da chi, nel governo israeliano, spinge per una guerra a oltranza.

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