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Conflitto Israelo-Palestinese

Eva, italiana in Israele: “Tutti abbiamo un bunker in casa, ma non ci aspettavamo un attacco da terra”

Eva è un’anestesista italiana sposata con un chirurgo israeliano. Da cinque anni e mezzo vive con la famiglia in Israele, dove oggi affronta una situazione ad altissima tensione.
A cura di Chiara Daffini
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Eva Bettinzoli
Eva Bettinzoli
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Afula, nord di Israele. Dal 2018 Eva Bettinzoli, originaria di Brescia, vive qui con la sua famiglia. Eva è anestesista, il marito, israeliano, chirurgo. Hanno due figli adolescenti di 13 e 16 anni.

Le avvisaglie

"Si era capito già qualche giorno prima dell'attacco che l'aria si stava scaldando in questa zona – racconta Eva a Fanpage.it -. Il residence dove vivo è stato colpito tre volte da piccoli missili e razzi"

"Sabato 7 ottobre (2023, ndr) la mattina prestissimo, mio marito mi ha svegliata dicendomi ‘Eva, sta succedendo un disastro‘. All'inizio le notizie non erano molto chiare, abbiamo chiuso tutte le porte, tutte le finestre, abbiamo controllato il bunker, perché qui ogni casa ne ha uno, lo chiamano mamad”.

La vita in Israele oggi

"Qui la vita è cambiata tantissimo – racconta Eva – le persone sono tristi, i ragazzi non escono di casa e non vanno a scuola. È tutto chiuso, tutto sigillato e la gente inizia ad accumulare provviste di cibo per eventuali giorni di fuoco".

"Noi medici – spiega Eva, che lavora negli ospedali di Haifa e Afula – abbiamo dato la disponibilità a essere in servizio 24 ore su 24. Ad Haifa hanno aperto l'ospedale di emergenza, che è costituito dai due piani di parcheggio sotterranei, è quindi un ospedale bunker, non accessibile ai missili. Hanno già iniziato ad accogliere i feriti".

"Non ci aspettavamo questo"

"Non mi aspettavo questo – riflette la donna -, non me lo aspettavo adesso, ma l'eventualità che una cosa del genere potesse accadere mi è sempre stata chiara. Tutti abbiamo il bunker in casa, non è una cosa molto normale, ma anche se eravamo preparati mi hanno stupita la potenza e l'organizzazione di questo attacco. Mi aspettavo più una cosa dal cielo, non da terra. Quasi tutti i bunker non sono molto organizzati per attacchi di questo genere, alcuni non si chiudono nemmeno bene, perché non si pensa che vengano a casa i guerriglieri a sterminare le famiglie".

"Sono molto tesa, molto più di prima – ammette Eva -. Peso ogni parola, scatto subito. Il mio telefono deve essere sempre con me. Cerco di non fare scelte stupide: ieri, per esempio, dovevo tornare ad Afula da Haifa e i treni erano sospesi per rischio di attentati terroristici. Se il treno è pericoloso, mi sono detta, l'autobus forse lo è di più, così ho preso un taxi per arrivare in tempo. Ho paura di sbagliare, di sbagliare per i ragazzi, questa è la mia preoccupazione. Se la situazione dovesse aggravarsi sto prendendo in considerazione l'ipotesi di trasferire i miei figli in Italia".".

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