Egitto, 22 dirigenti dei Fratelli Musulmani condannati a morte

Altri 22 dirigenti dei Fratelli Musulmani sono stati condannati a morte da un tribunale a sud del Cairo, la capitale egiziana: tra loro c'è anche Mohammed Badie, guida suprema del movimento, considerato dai giudici uno dei fondatori di una cellula terroristica il cui scopo era quello di portare attacchi alle forze di sicurezza e alle istituzioni statali. Il caso è stato rimandato dalla Corte di Giza al Gran mufti d’Egitto, che dovrà dare il via libera alla sentenza. Il ricorso all’autorità religiosa è un passo dovuto quando si chiede di applicare la pena capitale. La sua decisione non è, tuttavia, legalmente vincolante.
Non accenna a placarsi dunque la repressione nei confronti dei Fratelli Musulmani, che nel luglio 2013 diedero vita a durissime proteste dopo il golpe ai danni del presidente Morsi, il primo democraticamente eletto della storia egiziana. Pochi mesi dopo il movimento islamista moderato venne dichiarato illegale e i suoi membri arrestati e – in molti casi – condannati alla pena capitale. Finora una sola esecuzione è stata portata a termine, mentre centinaia di altre sono in attesa.
Lo scorso 2 febbraio la Corte d'Assise di Giza ha emesso 183 sentenze di condanne a morte nei confronti di attivisti dei Fratelli Musulmani, accusati di aver organizzato e messo in atto un assalto a un commissariato di polizia del Cairo in cui persero la vita 11 agenti. L'azione fu organizzata da manifestanti pro-Morsi nel quartiere di Kirdasah dopo la sanguinosa repressione da parte di esercito e forze di polizia dei sit-in dei Fratelli Musulmani, che protestavano contro il golpe che causò la deposizione forzata del presidente Mohamed Morsi.