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Dopo l’aborto, Trump vuole vietare anche i contraccettivi

Negli Stati Uniti il governo ha distrutto milioni di dollari di contraccettivi destinati alle aree di crisi, sostenendo erroneamente che tra le scorte ci fossero anche pillole abortive. La decisione si inserisce nella più ampia offensiva repubblicana contro la contraccezione, che potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema.
A cura di Jennifer Guerra
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A Geel, cittadina di 35mila abitanti nel nord del Belgio, c’è un magazzino come tanti della Kuehne+Nagel, una delle aziende di logistica più grandi al mondo. Al suo interno fino a poche ore fa erano custodite pillole anticoncezionali, spirali intrauterine e altri contraccettivi per un valore di 9,7 milioni di dollari. Li hanno comprati, con i soldi delle tasse dei cittadini, gli Stati Uniti d’America per spedirli in zone di guerra, campi profughi e zone attraversate da conflitti e catastrofi umanitarie in Africa. Questi dispositivi però non arriveranno mai a destinazione, perché per decisione del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America, che si occupa delle relazioni con i Paesi stranieri, sono stati distrutti. L’ordine è arrivato dopo che Donald Trump ha ordinato la chiusura di USAID (l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale), che ha terminato la sua esistenza ufficialmente il 1° luglio scorso.

Nonostante alcune organizzazioni, come la non-profit MSI Reproductive Choices e il Fondo per la popolazione delle Nazioni Unite, si fossero offerte per acquistare le scorte, il Dipartimento di Stato ha deciso comunque di procedere con la distruzione, che è costata circa 160mila dollari. Secondo il governo, le scorte comprendevano pillole abortive, anche se come confermato dall’azienda di logistica, tali farmaci non sono mai stati presenti nel magazzino, né potevano essere acquistati da USAID.

Non è la prima volta che il governo degli Stati Uniti mette sullo stesso piano la pillola del giorno dopo, che è un farmaco contraccettivo, e la pillola abortiva a base di mifepristone. Jessica Valenti, giornalista e autrice della newsletter Abortion, Every Day ha fatto notare come i repubblicani da anni utilizzino in maniera molto ambigua il termine “abortifacients” (abortifacente) per riferirsi a ogni tipo di contraccezione ormonale. Sebbene le linee guida internazionali sulla contraccezione sono molto chiare, i conservatori ritengono che la gravidanza inizi al momento della fecondazione, e non quando l’ovulo fecondato si impianta nell’utero, per cui pensano che i contraccettivi sopprimano la vita nascente.

L’uso dei contraccettivi è protetto da una sentenza della Corte Suprema del 1965, la “Griswold v. Connecticut”, che si basa sullo stesso principio del diritto alla privacy su cui si basava la “Roe v. Wade”. L’idea è che uno Stato non debba interferire con le scelte personali dell’individuo o, in questo caso, della coppia. La Roe v. Wade è stata ribaltata nel 2022, dopo anni di lenti ma inesorabili attacchi sul piano legale, e qualcosa di simile sta accadendo con la contraccezione: ad esempio, alcune assicurazioni sanitarie si rifiutano di coprire i costi dei contraccettivi ormonali con obiezioni di stampo religioso, oppure qualcuno si lamenta che le infermerie dei college negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale forniscono la pillola del giorno dopo, considerata abortiva. Proprio come è accaduto con l’aborto, se uno o più stati arriveranno a vietare gli anticoncezionali, è molto probabile che la causa arriverà alla Corte Suprema. All’indomani del ribaltamento della Roe, il giudice ultra-conservatore Clarence Thomas aveva dichiarato che, dopo l’aborto, la Corte presto avrebbe dovuto rivedere anche il matrimonio fra persone dello stesso sesso e la contraccezione.

Il 1° ottobre la Carolina del Sud discuterà una legge, l’Unborn Child Protection Act, che di fatto propone un divieto totale di aborto (che include l’accusa di omicidio per chi interrompe la gravidanza) e riscrive la definizione di “contraccettivo” escludendo tutto ciò che previene l’ovulazione o l’impianto dell’ovulo fertilizzato, ovvero la pillola ormonale e quella del giorno dopo. Oltre che sul piano legislativo, la guerra alla pillola viene fatta anche sul piano culturale: molte influencer di destra demonizzano gli effetti della contraccezione ormonale, tanto che in soli due anni le statunitensi che la assumono sono passate dal 33 al 29%. Al momento, in nessun Paese al mondo esiste un divieto di assumere anticoncezionali.

Non è ancora chiaro come si comporterà la Corte Suprema se dovesse trovarsi a discutere un divieto del genere. Lo scorso giugno, ha rigettato all’unanimità una richiesta avanzata da un gruppo di medici antiabortisti che chiedevano di bandire l’aborto farmacologico, ma ora che la Food and Drugs Administration, l’agenzia che regola l’uso dei farmaci negli USA, come altre agenzie federali è passata sotto un più stretto controllo del governo e non è escluso che rivedrà l’uso della pillola abortiva. La giudice conservatrice nominata da Trump, Amy Coney Barrett ha fatto intendere che, come per l’aborto, anche sulla contraccezione dovrebbero essere i singoli stati a decidere. Il che significa che le donne sono ancora una volta le ultime della lista.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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