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Covid 19

Dieci paesi al mondo sono a rischio seconda ondata di Coronavirus (ma non c’è l’Italia)

Secondo una ricerca condotta dal quotidiano inglese The Guardian e dall’Università di Oxford su 45 paesi maggiormente colpiti dall’epidemia di Coronavirus, in dieci di questi c’è il rischio reale che si verifichi una seconda ondata di contagi, come nel caso di Stati Uniti, Iran, Arabia Saudita, Germania e Svizzera. Ma nell’elenco non figurano Italia e Spagna: non possono sentirsi al sicuro, ma la situazione è sicuramente migliore.
A cura di Ida Artiaco
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Dieci paesi al mondo sono a rischio seconda ondata di Coronavirus. È quanto emerge da uno studio realizzato dal quotidiano inglese The Guardian e dall’Università di Oxford, prendendo in considerazione, tra i 45 Paesi maggiormente colpiti dall’epidemia, vale a dire con più di 25mila contagi, i 21 che hanno allentato le misure di distanziamento. Tra questi, dieci stanno registrando un ulteriore aumento dei casi. Gli esperti, d'altronde, sono stati chiari, avvertendo del rischio reale di una seconda ondata, con l'Organizzazione mondiale della Sanità che ha riportato un incremento record delle infezioni da Covid-19 a livello globale, domenica scorsa (+183mila in sole 24 ore). E dalla ricerca non mancano le sorprese. Mentre Stati Uniti, Iran, Arabia Saudita, Germania e Svizzera, dove l'indice di trasmissione del virus è salito sopra quota 1 nel corso dell'ultima settimana, potrebbero dover affrontare a breve una nuova emergenza, ciò potrebbe non essere vero per l'Italia, che invece non compare nell'elenco.

Italia e Spagna non al sicuro ma "la situazione è migliore"

La ricerca prende in considerazione il cosiddetto indice di rigore, vale a dire la rigida applicazione delle misure di distanziamento. Secondo gli studiosi, un Paese viene considerato come "rilassato" se il suo indice di rigore sul distanziamento è sotto quota 70, su una scala di 100 messa a punto dai ricercatori della Blavatnik School of Government dell’Università di Oxford tenendo conto di diversi fattori. Il tasso di riproduzione dei contagi in Germania, per esempio, è arrivato nei giorni scorsi a 2,88 dopo lo scoppio del focolaio nell'impianto di lavorazione della carne dell'azienda Toennies di Guterloh, nel Land del Nordreno-Vestfalia, mentre l’indice di rigore scendeva da 73, dell’inizio di maggio, a 50. Undici Paesi invece, fra cui Spagna e Italia, hanno allentato le misure di distanziamento, il loro indice di rigore è inferiore a 70, ma continuano a registrare un calo dei casi, ben oltre un quarto nonostante il blocco sia stato notevolmente ridotto. Non possono sentirsi al sicuro da una seconda ondata, ma la situazione è sicuramente migliore.

Preoccupano Usa, Iran e Brasile

Attenzione anche all'Iran, che ha visto un nuovo picco di casi dopo l'allentamento delle misure di contenimento, mentre gli Stati Uniti, primo paese al mondo per numero di contagi, hanno fatto registrare un punteggio basso dopo che alcuni governatori a livello locale hanno ridotto il lockdown per favorire la ripresa dell'economia. Thomas Hale, professore presso la Blavatnik School of Government dell'Universitò di Oxford ha spiegato che "come si vede, molti Paesi sono usciti dal blocco senza soddisfare i requisiti stabiliti dall'Oms, ed ora ne stanno pagando le conseguenze".  Infine, dei paesi più colpiti dalla pandemia, sette sono ancora sotto lockdown, con un indice di rigore compreso fra 70 e 80, ma continuano a riportare un aumento dei casi. Fra questi vi sono il Brasile, dove malgrado la retorica negazionista del Presidente Bolsonaro i diversi stati mantengono attive le norme sull’isolamento, e l’India. Ma la situazione più grave è quella dei nove paesi che si trovano ancora nella prima fase dell’epidemia, con misure stringenti e casi in drastico aumento, fra cui Bolivia, Agentina e Colombia. "Le politiche di chiusura e contenimento si sono dimostrate essenziali per spezzare la catena dell'infezione e rallentare la diffusione della malattia – ha concluso Hale -. Tuttavia, è chiaro se i governi ritirano queste misure troppo rapidamente, senza aver messo in atto politiche protettive e a lungo termine, è probabile che rischino una seconda ondata di casi".

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