“Costretti a scegliere tra la fame dei nostri figli e la morte dei pazienti”: il racconto di un medico di Gaza

È arrivato ieri notte l’ennesimo ordine di evacuazione: i residenti di Khan Younis, nel Sud della striscia di Gaza, sono di nuovo costretti a fuggire. "Le Idf continuano a operare con forza per distruggere le organizzazioni terroristiche nell'area", ha annunciato in arabo il portavoce delle Israel Defense Forces, Avuchay Adraee, "per la vostra sicurezza, vi è richiesto di evacuare immediatamente a nord nei rifugi riconosciuti a Deir al-Balah ed evitare di tornare nei luoghi pericolosi".
Ma rifugi a Gaza non ne esistono e non ne sono mai esistiti, non ci sono luoghi sicuri o zone umanitarie. A Gaza sono sempre stati target le scuole, i bar, le tende e gli ospedali. "L'esercito israeliano è molto vicino all'European Hospital e i feriti hanno paura di venire qui per timore di essere uccisi”, aveva raccontato a Fanpage.it il dottor Mohammed Abu Sabla, perfusionista dell’ospedale European di Gaza, lo scorso 14 aprile. Quell’ospedale, oggi, non esiste più.
“Ora lavoro al Nasser Medical Complex, a Khan Younis, dopo che il Gaza European Hospital ha chiuso i battenti”, ci spiega il medico, rintracciato telefonicamente oggi, dopo mesi di silenzio. Il rischio è che dopo l'ultimo ordine di evacuazione su Khan Younis anche l’ospedale Nasser possa essere presto, di nuovo, sotto attacco.
“Siamo costretti a scegliere tra lasciare i nostri figli affamati o lasciare che i pazienti muoiano – continua il medico esausto -. Molti operatori sanitari sono sopraffatti dall'incredibile numero di pazienti e feriti che ci arrivano ogni giorno in sala operatoria a causa dei bombardamenti, della malnutrizione e della carestia provocate da Israele. Noi, operatori sanitari a Gaza, abbiamo un disperato bisogno di qualcuno che garantisca la consegna di cibo ai nostri bambini”.
Secondo l’ultimo report di Unicef (risalente al 15 marzo), almeno 23 bambini nel nord di Gaza sono morti di malnutrizione e disidratazione nelle settimane precedenti alla pubblicazione. Gli screening nutrizionali condotti dall’agenzia delle Nazioni Unite a febbraio scorso hanno rilevato che il 4,5% dei bambini negli ospedali e nei centri sanitari soffre di deperimento grave, la forma di malnutrizione più pericolosa per la vita, esponendo i bambini a un rischio maggiore di complicazioni mediche e morte a meno che non ricevano urgentemente un trattamento nutrizionale terapeutico, che a Gaza però non è disponibile.
“Chiediamo – continua il dottor Abu Sabla – la chiusura di quelli che Israele definisce punti di assistenza umanitaria, dove vengono uccise le persone affamate che vanno a cercare cibo per i propri figli. Un membro dell'esercito israeliano ha dichiarato che ne uccidono dalle 30 alle 50 ogni giorno, ferendone un numero molto elevato. Noi operatori sanitari che poi ci prendiamo cura dei feriti che provengono dai centri di distribuzione possiamo confermarlo. Chiediamo all'Organizzazione Mondiale della Sanità di fornire aiuti umanitari agli operatori sanitari, affinché possiamo fornire a nostra volta servizi sanitari ai pazienti, perché noi siamo esausti. La maggior parte di noi non ha una tenda e nemmeno i soldi per comprare il cibo, alla luce degli aumenti deliberati ed esorbitanti dei prezzi. O ci prendiamo cura dei malati e i nostri figli muoiono di fame, oppure ci preoccupiamo di fornire cibo ai nostri figli e trascuriamo i malati. Sono due scelte dolorose. Medici e infermieri a Gaza lavorano per prendersi cura dei propri figli e dei pazienti. Quanto resisteranno ancora?”