Cosa prevede il piano di Netanyahu per invadere e occupare la Striscia di Gaza

Il piano approvato dal Consiglio di sicurezza di Israele si chiama "Carri di Gedeone". Prevede l'occupazione militare stabile di buona parte del territorio della Striscia di Gaza, se non tutto (i limiti non sono ancora chiari). Poi il trasferimento della popolazione palestinese, già in maggioranza cacciata dalle proprie abitazioni, nel sud della Striscia per proseguire le operazioni a nord.
L'iniziativa potrebbe avere il via a breve, dopo la visita di Donald Trump in Medio oriente (dal 13 al 16 maggio), se non arriverà un accordo per la riconsegna di tutti gli ostaggi. Gli obiettivi israeliani restano due: la distruzione di Hamas e il recupero dei 59 ostaggi. Ma il primo è decisamente prioritario per il governo di Benjamin Netanyahu. E l'annuncio ha sollevato l'indignazione di Onu, Ue, Francia e altri soggetti internazionali.
L'invasione militare della Striscia e l'occupazione di Gaza
Il ministro di estrema destra Bezalel Smotrich ha detto che Israele "finalmente occuperà la Striscia di Gaza". E ha aggiunto: "Una volta che l'operazione è iniziata, non ci saranno ritirate dai territori catturati, nemmeno in cambio degli ostaggi".
Finora, nel corso dell'offensiva a Gaza, l'esercito israeliano (Idf) ha occupato una zona ‘cuscinetto' di circa un chilometro lungo il perimetro della Striscia, e due corridoio a est e a ovest. Ma ora l'occupazione cambierebbe decisamente in dimensioni. E non ci sarebbero più singole operazioni militari ‘mirate', per quanto lo siano stati finora i bombardamenti su campi profughi e ospedali, ma una vera e propria presenza fissa sul territorio.
Vale la pena di ricordare che Israele occupò Gaza nel 1967 durante la Guerra dei sei giorni, togliendola all'Egitto. Ritirò le truppe solo nel 2005, pur mantenendo di fatto il controllo sui confini comuni, la costa e lo spazio aereo della Striscia, tra le altre cose.
Il piano di Netanyahu finora non ha incontrato nessuna opposizione da parte degli Stati Uniti. L'inviato speciale di Trump in Medio Oriente, Steve Witkoff, ieri all'ambasciata israeliana a Washington ha invitato Israele a "scegliere l'unità invece della divisione, la speranza invece della disperazione". Un messaggio che è sembrato insolito, visto che finora l'amministrazione Usa ha decisamente evitato di inserirsi nelle decisioni di Tel Aviv. Fatto sta che il governo israeliano aspetterà la visita di Donald Trump in Medio oriente, fissata dal 13 al 16 maggio, prima di dare l'eventuale via libera al piano militare.
Il controllo degli aiuti umanitari
Il Consiglio di sicurezza ha approvato anche un'altra iniziativa collegata alla Striscia, che riguarda gli aiuti umanitari. Dal 2 marzo, due settimane prima di riprendere l'iniziativa militare, Israele ha bloccato l'ingresso di qualunque forma di aiuti a Gaza. Ora l'intenzione sarebbe di riprendere la fornitura, ma solo sotto lo stretto controllo israeliano.
Ogni giorno potrebbero entrare solo sessanta camion di aiuti umanitari. La distribuzione poi potrebbe avvenire solamente nei campi, non gestita da Hamas o dalle autorità palestinesi ma dalle Nazioni unite o altre organizzazioni internazionali. Ma andrebbe solamente a chi accetta di farsi registrare, e solo entro limiti specifici stabiliti dall'Idf.
Il Humanitarian country team (Hct), che include anche agenzie dell'Onu per le emergenze umanitarie, ha commentato affermando che le autorità israeliane volevano "bloccare il sistema di distribuzione degli aiuti già esistente", e "farci concordare con un sistema di distribuzione tramite i centri israeliani, a condizioni dettate dall'esercito israeliano, una volta che il governo accetta di riaprire i confini".
Questo significherebbe che ampie parti di Gaza resterebbero senza aiuti. "Va contro i principi fondamentali del sostegno umanitario", e sembra mirato a "rafforzare il controllo su beni essenziali per la vita come parte di una strategia militare". Al momento, la popolazione resta senza aiuti.
Indignazione internazionale davanti al piano di Israele
Oggi Bassem Naim, membro dell'ufficio politico di Hamas, ha detto all'Afp che a questo punto i negoziati "non ha alcun senso impegnarsi in negoziati, né esaminare nuove proposte di cessate il fuoco mentre prosegue la guerra della fame e la guerra di sterminio nella Striscia di Gaza". Naim ha chiesto che la comunità internazionale di fare "pressione sul governo Netanyahu per mettere fine al crimine di affamare, assetare e uccidere".
Anche la Francia ha preso posizione, con il ministro degli Esteri Barrot che ha definito "inaccettabile" il piano israeliano, che sta "violando il diritto umanitario". La Cina ha espresso "contrarietà" al piano tramite il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian. "La Cina si oppone alle azioni militari in corso di Israele a Gaza e auspichiamo che tutte le parti continuino a impegnarsi e ad attuare efficacemente l'accordo di cessate il fuoco".
L'Unione europea ha detto di essere "preoccupata", e ha invitato Israele a "esercitare moderazione", ritornando al cessate il fuoco. Un portavoce del segretario generale dell'Onu, António Guterres, ha detto: "Il segretario è allarmato dalle notizie sul piano israeliano".
In Israele, l'associazione delle famiglie degli ostaggi ha detto che il piano di Netanyahu è l'ammissione che il governo sta "scegliendo i territori al posto degli ostaggi", e ha sottolineato che questa scelta va "contro la volontà di oltre il 70% della popolazione". Dei 59 ostaggi noti, si stima che 24 siano ancora vivi.