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Conflitto Israelo-Palestinese

Attacco Palestina, Amnesty: “La pace con Israele si allontana perché manca un arbitro imparziale”

Riccardo Noury, portavoce Amnesty International Italia, a Fanpage.it sull’escalation di violenza tra Israele e Palestina che si sta verificando negli ultimi giorni: “Tutto tragicamente già visto: la miccia accesa da Israele, Hamas che colpisce obiettivi civili nel Sud e nel Centro di Israele, e ancora la rappresaglia israeliana che per potenza di fuoco e per una diversa modalità di allarmi fa sì che ci sia una sproporzione di morti da un lato rispetto che dall’altro. I responsabili dei crimini di guerra non restino impuniti”.
A cura di Ida Artiaco
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Prosegue senza sosta l'escalation di violenza tra Israele e Palestina. Circa un migliaio di civili, da una parte e dall'altra, sono rimasti feriti e un'altra cinquantina sono rimasti uccisi, in seguito al lancio di razzi sia da parte delle autorità israeliane verso la striscia di Gaza sia da parte di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi verso il centro e il sud di Israele, mentre la comunità internazionale chiede di cessare immediatamente il fuoco per evitare un ulteriore spargimento di sangue. Un copione, questo, che è già stato visto in passato e che rischia di ripetersi anche in futuro, come ha spiegato a Fanpage.it Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che ha fatto il punto della situazione su ciò che sta accadendo in Medio Oriente.

Partiamo dai dati. Quale è il bilancio degli attacchi di questi giorni?

"I dati che abbiamo al momento a disposizione, e che sono aggiornati a ieri sera, parlano di almeno 53 morti a Gaza, compresi 14 bambini, e di altri 7  decessi in Israele, diretta conseguenza di attacchi contro obiettivi civili da una parte e dell'altra, dal momento che Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno esploso oltre 1500 razzi contro aree abitate del centro e del sud di Israele e le forze israeliane si sono rese protagoniste di attacchi mirati nei confronti di obiettivi nella Striscia. Tutto tragicamente già visto".

In che senso?

"La nostra sensazione è che si stia ripetendo esattamente quello che è già accaduto nel 2008, nel 2012 e nel 2014. Con quel meccanismo solito che conosciamo: la miccia accesa da Israele, Hamas che colpisce obiettivi civili nel sud e nel centro di Israele, e ancora la rappresaglia israeliana che per potenza di fuoco e per una diversa modalità di allarmi fa sì che ci sia una sproporzione di morti da un lato rispetto che dall'altro. Però i morti civili valgono sempre uno, che siano israeliani o palestinesi. Quello che fa sì che tutto questo vada avanti apparentemente come nelle altri occasioni è l'impunità. Ogni volta che sono terminate le precedenti operazioni, i responsabili dei crimini di guerra da ambo i lati sono rimasti al loro posto, che sono posti di comando politico-militare o parlamentare".

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C'è qualche elemento nuovo rispetto al passato?

"Sì, la novità è che questa volta c'è un'indagine in corso presso il tribunale penale internazionale, quindi la speranza è che quelli che sono stati ai posti di comando nelle operazioni precedenti non pensino di poter restare impuniti anche questa volta".

Oltre ad una serie di appelli, la comunità internazionale non è intervenuta nel conflitto in M.O. In particolare, pesa il silenzio degli Stati Uniti… 

"Gli Stati Uniti devono uscire dalla fase di stallo, che finora ha impedito al Consiglio di Sicurezza dell'Onu di prendere una posizione chiara e di condanna. La prima richiesta che Amnesty fa è proprio a loro. La seconda è per il Consiglio di Sicurezza, a cui chiediamo, come già ha fatto in passato, di imporre l'embargo totale sulla fornitura di armi diretta ad Israele, Hamas e altri gruppi armati palestinesi. Questo sul piano di quello che sta accadendo in queste ore, perché poi c'è anche il tema delle cause di fondo. Abbiamo parlato dell'impunità per i crimini di guerra, ma c'è anche la questione relativa all'espansione continua degli insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania, il blocco di Gaza che va avanti dal 2007, e a ciò si aggiunge questo nuovo elemento dello sgombero forzato di palestinesi dal quartiere Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est occupata. Se da un punto di vista politico non si affrontano queste cause di fondo, al 2008, al 2012 e al 2014, seguirà non soltanto il 2021 ma anche gli anni che verranno".

Secondo lei è possibile raggiungere la pace in questi territori?

"La pace sembra allontanarsi sempre di più. Intanto perché in questa escalation di violenza manca un arbitro imparziale. Da questo punto di vista, la presidenza Usa di Trump ha imbaldanzito molto Israele, con segnali da semaforo verde, dagli accordi di Abramo ai continui insediamenti in Cisgiordania, quindi è che chiaro che Israele ha una licenza che arriva dalla comunità internazionale di andare avanti. Ma attenzione anche ad Hamas: se si guarda all'armamentario che ha disposizione, ci sono segnali chiari che arrivano dall'Iran e da altri Paesi. Il problema è che i civili israeliani e palestinesi pagano il prezzo più alto di convenienze politiche che sono degli attori locali e di quelli internazionali".

Cosa dobbiamo aspettarci nelle prossime ore? Netanyahu ha promesso invasione da terra.

"Israele già in passato è arrivata fino in fondo, il format purtroppo è sempre lo stesso. Gli attacchi aerei e l'intensificazione del lancio di razzi dalla Striscia verso Israele sono seguiti dalle minacce di una operazione di terra. Speriamo che questa volta ci sia una interruzione, ma sembra sempre di più che la comunità internazionale si dia una moratoria di tempo, che sia una settimana o due, per poi affidare all'Egitto piuttosto che ad altri soggetti della zona il compito di mediare. Nel frattempo, però, il numero dei morti civili si fa sempre più alto e questo è inaccettabile".

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