Arabia Saudita, gli atei come terroristi. Carcere fino a 20 anni

Gli atei come i terroristi. Succede in Arabia Saudita, la culla del wahabismo (l'interpretazione più rigida dell'Islam sunnita). Secondo quanto denuncia Human Rights Watch, il re Abdullah ha infatti emanato una serie di decreti che puniscono qualunque concetto dissidente. "Affermare un pensiero ateo in qualunque forma, o mettere in discussione i fondamenti della religione islamica su cui è basato il Paese" si legge all’articolo 1 del provvedimento applicativo varato dal ministero degli interni, che cita, tra gli altri, gli atei.
L'equiparazione tra terrorismo e ateismo, che arriva dopo il divieto per le donne di guidare e la lista con cinquanta nomi proibiti nel regno e che prevede pene fino a 20 anni di reclusione, si giustifica col fatto che negare l'esistenza di Dio (o meglio, di Allah, e quindi il culto dell'Islam) rappresenti una forma di dissenso e protesta politica che può "danneggiare l'ordine pubblico", così come un attentato terroristico di al Qaeda.
L'articolo 1 definisce terrorismo "il tentativo di propagandare il pensiero ateo in qualsiasi forma o porre in dubbio le fondamenta della religione islamica su cui l'Arabia Saudita si basa". Joe Stork, direttore di Human Rights Watch per il Medio Oriente e Nord Africa, ha dichiarato: "Le autorità saudite non hanno mai tollerato le critiche alle loro politiche, ma queste leggi recenti trasformano quasi ogni espressione critica o associazione indipendente in crimini di terrorismo". Secondo il ministero dell'Interno il 5% della popolazione saudita è ateo; in realtà, sottolinea Human Rights Watch, un sondaggio Gallup del 2012 evidenzia che circa un quarto dei sauditi ha affermato di non avere una religione, su un totale di oltre 29 milioni di abitanti.