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Talebani a Kabul: le ultime news sull'Afghanistan

Afghanistan, il terrore delle donne dopo l’arrivo dei Talebani: “Non contiamo niente, moriremo qui”

Dopo la conquista di Kabul da parte dei talebani, le donne temono per la loro incolumità. Nelle zone già sotto il controllo degli integralisti islamici, i comandanti hanno chiesto agli imam un elenco delle donne dai 12 ai 45 anni non sposate, in modo da “concederle ai soldati in moglie come bottino di guerra”
A cura di Gabriella Mazzeo
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"Noi non contiamo perché siamo nati in Afghanistan. Scompariremo lentamente dalla storia. A nessuno importa di noi". Sono queste le parole pronunciate da una ragazza afghana in un video divenuto virale dopo il ritorno dei talebani a Kabul. A nessuno importa del popolo afghano, soprattutto se si parla di donne. Arrivati nella capitale, i talebani hanno assicurato che alla popolazione femminile sarà "permesso l'accesso all'istruzione". L'affermazione è già da sola un manifesto di quello che sta accadendo in verità in queste ore con il ritiro delle truppe occidentali: persone in fuga, aeroporti presi d'assalto, traffico in tilt e sportelli bancari distrutti. Chi resta copre persino i cartelloni pubblicitari raffiguranti modelle, per controllare quanto più possibile la furia dei talebani. 

La regista Karimi in fuga dai talebani

Fugge anche la regista afghana Sahraa Karimi, prigioniera delle vie di Kabul. Documenta il tutto con il cellulare alla mano mentre prova a mettersi in salvo dalla furia dei combattenti. Nelle sue testimonianze, racconta che il personale degli uffici è stato lentamente evacuato fino a rendere qualunque attività commerciale deserta. "Provo a scappare e per farlo mi serve denaro – ha scritto la prima presidente donna dell'Afghan Film Organization – ma avevano chiuso ed evacuato il personale della banca". La storia del conflitto armato in Afghanistan sottolinea il fallimento delle forze internazionali sul territorio. Nel suo ultimo articolo prima di morire, Gino Strada lo definiva una vera e propria aggressione. "Dicevamo 20 anni fa che sarebbe stato un disastro per tutti. Oggi l'esito è sotto i nostri occhi. Oltre alle 241mila vittime e ai 51 milioni di sfollati tra interni e richiedenti asilo, l'Afghanistan è oggi un Paese che sta per precipitare di nuovo in una guerra civile". Il medico di guerra scriveva che i talebani, nonostante gli anni di occupazione, appaiono più forti che mai. Sono molti i soldi spesi dal 2001 in questo conflitto, eppure nessuno di quei milioni è stato impiegato per la ripresa del Paese. "Si tratta di un Paese distrutto, da cui chi può cerca di scappare anche se sa che dovrà patire l'inferno per arrivare in Europa. E proprio in questi giorni, alcuni Paesi europei contestano la decisione della Commissione europea di mettere uno stop ai rimpatri dei profughi afghani in un Afghanistan in fiamme".

L'appello dello chef Hamed Hamadi

In queste ore sono molti gli uomini che chiedono aiuto sul web per permettere a madri, sorelle e fidanzate di lasciare il Paese in sicurezza. "Se sapete come aiutarmi a fare uscire mia sorella da Kabul, fatevi vivi" chiede in un video lo chef Hamed Hamadi, fratello dell'attivista per i diritti umani Zahra (Sahar Amadi). Lo chef è arrivato in Italia anni fa dall'Afghanistan e a Venezia ha costruito la sua seconda casa. Qui gestisce il ristorante Orient Experience. Arrivato da rifugiato in Italia, ora chiede aiuto per salvare la vita alla sorella rimasta nel Paese natale. Anche Zahra possiede un ristorante nella capitana afghana. L'attivista è diventata bersaglio delle minacce dei talebani dopo gli attacchi del 2016. "Mi sono mobilitata per la democrazia, ho alzato la mia voce durante le proteste. I talebani hanno attaccato il mio locale, ma ora che sono al potere ho paura. Vivo da sola e lavoro per il mio Paese ogni giorno, non voglio scappare, ma ho paura di essere rapita e data in matrimonio a un talebano. Per favore, aiutatemi. Potrei essere uccisa" scrive in un post disperato rilanciato dal fratello Hamed.

L'oppressione di donne e giornalisti

Nonostante le affermazioni sulla volontà del nuovo regime di "rispettare i diritti umani e delle donne", nelle aree sotto il controllo dei talebani è stata già presa di mira la loro libertà e quella dei giornalisti. Alcuni testimoni del The Guardian hanno raccontato che i comandanti hanno chiesto agli imam delle aree sotto il loro controllo di fornire l'elenco delle ragazze e delle bambine "non sposate di età compresa tra i 12 e i 45 anni". Il tutto affinché i soldati possano "sposarle in quanto bottino di guerra che spetta ai vincitori". E la Cina è stata la prima a riconoscere il nuovo regime, definendolo un "cambiamento che rispetta i desideri e le scelte del popolo afghano". Queste parole, però, sembrano descrivere un altro Paese. Sicuramente non quello che copre i cartelloni pubblicitari con la vernice.

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