“Abbiamo le prove che a Gaza è un genocidio, ora usatele per fare pressione sui governi”

Il 1° settembre l'Associazione internazionale degli studiosi dei genocidi ha pubblicato una risoluzione in cui ha chiarito definitivamente che, stando alla definizione legale, a Gaza è in corso un genocidio perpetrato dal governo israeliano. Nessuna ambiguità o incertezza: centinaia di studiosi da diversi Paesi del mondo hanno analizzato e poi votato il documento, che raccoglie e riporta le moltissime prove disponibili.
Fanpage.it ha intervistato la dottoressa Emily Sample, che siede nel board esecutivo dell'associazione. Esperta di genocidio, diritti umani e risoluzione dei conflitti, Sample ha spiegato che la definizione legale di genocidio prevede cinque requisiti: ne basta uno per dichiarare un genocidio, e Israele li ha raggiunti tutti e cinque. L'obiettivo della risoluzione è "fornire informazioni basate su prove" per dare a politici e attivisti uno strumento di pressione sui propri governi, per fermare l'azione del governo israeliano.
Per molto tempo usare il termine "genocidio" per i fatti di Gaza è stato a controverso, politicamente. Ma esiste una definizione legale del termine, che va al di là di tutte le valutazioni soggettive. Ci può spiegare qual è?
Certo. La Convenzione sul genocidio delle Nazioni Unite, che fornisce la definizione di genocidio, è stata approvata nel 1948. Questa è la definizione legale di genocidio che viene seguita dalla Corte di giustizia internazionale e dalla Corte penale internazionale. Ovvero dagli unici due tribunali dove il crimine di genocidio si può processare.
Ci sono anche delle definizioni accademiche di genocidio, che sono al centro di un acceso dibattito nella comunità scientifica e hanno lievi differenze tra loro. Ma per la definizione legale, ci sono cinque modi in cui un genocidio può essere commesso. Ne basta uno per raggiungere la soglia del genocidio. Israele li ha effettuati tutti e cinque.
La vostra associazione ha dichiarato, con una risoluzione, che la situazione nella Striscia di Gaza rispetta senza dubbio i criteri fissati dalla Convenzione Onu. Come arrivate ad approvare una risoluzione? Che lavoro c'è dietro?
Il nostro statuto prevede che la risoluzione venga redatta da un membro o da un gruppo di membri dell'associazione, e venga sottoposta a un'apposita commissione. Quella commissione aiuta a fare in modo che la risoluzione sia sostenuta da fonti solide e riportate in modo corretto, e che il testo sia chiaro e conciso.
In effetti, l'intera risoluzione è lunga solo tre pagine ma molto densa e piena di rimandi alle fonti. Come continua la procedura?
La risoluzione passa attraverso il nostro comitato consultivo e il comitato esecutivo. Questi si assicurano che sia pronta per essere inviata ai membri. Infine, i membri ricevono la risoluzione e hanno 30 giorni per votarla. Servono un quorum del 20% e una maggioranza di due terzi per arrivare all'approvazione.
Non esattamente un documento che si può pubblicare in fretta, quindi.
No, è un processo estremamente approfondito, anche burocratico, per garantire che la risoluzione sia elaborata con attenzione.
Un passaggio della risoluzione riporta che "Israele ha ucciso o ferito oltre 50mila bambini", e che "colpire i bambini indica l'intenzione di distruggere un gruppo in quanto tale, almeno in parte". Quando si parla di genocidio l'uccisione di bambini è una prova particolarmente schiacciante?
Dei cinque modi per commettere un genocidio riconosciuti dal diritto internazionale, due riguardano specificamente i bambini e la possibilità di un gruppo di sopravvivere come gruppo. L'uccisione di bambini palestinesi, e la rimozione di bambini palestinesi da Gaza, sono prove dell'intenzione genocida.
Nella conclusione della risoluzione invitate gli Stati a "rispettare i loro obblighi relativi al diritto internazionale per quanto riguarda Israele e Palestina". Che impatto sperate di avere?
Il nostro obiettivo con questa risoluzione è fornire informazioni basate su prove, che possano essere usate da politici e attivisti per spingere i loro governi a continuare a mettere pressione su Israele per arrivare al cessate il fuoco. E anche fare in modo che la Corte internazionale di giustizia e la Corte penale internazionale possano dare giustizia agli abitanti di Gaza per questi attacchi.
Una situazione che oggi sembra difficile da raggiungere, vedendo come si è orientata la politica in Europa e negli Stati Uniti.
È vero. Una delle ragioni per cui abbiamo pubblicato questa risoluzione è che molte persone non possono parlare di questo argomento senza rischiare un danno alla reputazione e anche professionale. La nostra associazione può portare avanti questo tema e chiarire che gli studiosi di genocidio, collettivamente, sono in grandissima maggioranza convinti che quello in corso sia un genocidio. Pubblicandola come associazione, proteggiamo gli individui che ci hanno lavorato e l'hanno votata dalle ricadute.
A proposito di rischi professionali, il ministero degli Esteri israeliano ha commentato la risoluzione dicendo che è "vergognosa", "imbarazzante per la professione legale a per gli standard accademici", e soprattutto "interamente basata sulla campagna di menzogne di Hamas". Qual è la vostra risposta?
Come si può vedere leggendo la risoluzione, c'è un'enorme quantità di prove, da un gruppo ben diversificato di fonti solide e citate in modo chiaro. L'86% degli studiosi di genocidio, che hanno dedicato la loro vita non solo allo studio, ma all'analisi, alla prevenzione e alla comprensione delle sfumature del genocidio, credono che si tratti di genocidio. Penso che siamo nella posizione di saperne di più di qualcuno che non si occupa del tema.
Vi aspettavate questa reazione del governo israeliano? Avete paura che ci possano essere altre ripercussioni, ad esempio da parte dell'amministrazione degli Stati Uniti?
Eravamo pienamente consapevoli del potenziale rischio per l'associazione, questa è una delle ragioni per cui l'associazione ha scelto di pubblicare una risoluzione come gruppo. Alcuni dei nostri membri hanno perso il lavoro, o il visto, perché si sono espressi a sostegno degli abitanti di Gaza.
Ma è stato sorprendente che ci sia stata una reazione così forte. Se il governo di Israele si prende il tempo di smentire questa ricerca, quando si presume che siano impegnati nella propria campagna, forse vuol dire che sono preoccupati.