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Patuanelli non esclude un ritorno all’Iri, l’ente salva-imprese creato nel fascismo

“In un momento in cui dobbiamo proteggere le nostre imprese e la nostra produzione industriale sì, torniamo anche a un sistema come l’Iri”. Queste le parole del ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, rispondendo alle domande in commissione Industria del Senato. E ancora: “Da un lato ci si dice che dobbiamo difendere l’interesse nazionale, dall’altro quando si pensa all’entrata dello Stato in certe tipologie di produzioni, a nazionalizzazioni, ci si dice: ‘eh ma voi state tornando all’Iri’. Se serve sì”
A cura di Annalisa Girardi
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"Da un lato ci si dice che dobbiamo difendere l'interesse nazionale, dall'altro quando si pensa all'entrata dello Stato in certe tipologie di produzioni, a nazionalizzazioni, ci si dice: ‘eh ma voi state tornando all'Iri'. Se serve sì": queste le parole del ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, rispondendo alle domande in commissione Industria del Senato. "In un momento in cui dobbiamo proteggere le nostre imprese e la nostra produzione industriale sì, torniamo anche a un sistema di questo tipo".

Che cos'è l'Iri

L'Iri, Istituto per la Ricostruzione Industriale, è stato un ente pubblico italiano nato durante il periodo fascista. Aveva funzioni di politica industriale e il suo scopo era prettamente connesso al salvataggio delle banche e delle aziende a loro connesse. L'Iri nacque come ente temporaneo nel 1933, ma nel dopoguerra estese i suoi settori d'intervento e divenne il punto di riferimento per l'intervento statale nell'economia italiana.

Alla fine della guerra ci si chiese se fosse opportuno mantenere in vita l'Iri, strettamente identificato con il regime fascista, appena crollato. Si ritenne però che per l'economia italiana, messa in ginocchio dal conflitto, potesse essere strategico mantenere a carico dello Stato il controllo dell'industria pesante, così come quello della realizzazione di una rete infrastrutturale. Si delineò quindi il sistema delle partecipazioni statali, per cui lo Stato esercitava il controllo su un ente pubblico, che a sua volta controllava la maggioranza azionaria di imprese private.

Negli anni Settanta l'Iri fu nuovamente chiamato a salvare imprese in crisi, ma perse redditività, per cui furono necessarie continue iniezioni statali per sostenerlo. A metà anni Ottanta, Romano Prodi diede inizio al risanamento, che risultò in un piano di vendite importante, conclusosi con la liquidazione dell'Istituto.

Le ipotesi di nazionalizzazione

Nell'ultimo mese si è parlato di nazionalizzazione in riferimento principalmente a due casi, quello di Alitalia e dell'ex Ilva di Taranto. Durante il suo intervento in commissione Industria del Senato, Patuanelli ha anche parlato della compagnia aerea di bandiera, affermando che "al momento una soluzione di mercato non c'è". Il ministro ha anche aggiunto: "La strada di una proroga al consorzio che si stava costituendo non c’è più. Alitalia di fatto non è mai stata privatizzata, non ci siamo mai riusciti". Un concetto sottolineato anche dal presidente del Coniglio, Giuseppe Conte, che ha però rimarcato come questa rimanga la soluzione preferita dal governo.

L'ipotesi di nazionalizzazione era stata in un primo momento avanzata anche in seguito all'abbandono di Arcelor-Mittal dall'ex Ilva di Taranto. Qualche settimana fa, il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, aveva affermato: "Il governo deve mettere in piedi tutti gli strumenti necessari di cui dispone per una prospettiva di sviluppo". Secondo il titolare del Mef continua ad essere necessario trovare una soluzione per il rilancio dell'acciaieria, ma aveva definito l'ipotesi di nazionalizzazione come una "soluzione magica" che rappresenta una mera illusione. Tuttavia, non aveva un possibile intervento della Cassa depositi e prestiti: "È uno strumento che non va escluso dalla cassetta degli attrezzi di cui disponiamo".

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