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La Bce alza ancora i tassi di interesse, le conseguenze dell’aumento al 4,5% sui mutui a tasso variabile

La Banca centrale europea ha deciso di alzare i tassi d’interesse dello 0,25%, anche se la presidente Christine Lagarde ha fatto sapere che alcuni dei membri del Consiglio generale non erano d’accordo. L’obiettivo è contenere l’inflazione, ma le conseguenze del rialzo ricadranno anche sulle rate dei mutui.
A cura di Luca Pons
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La decisione è stata annunciata oggi, come previsto, dal Consiglio generale della Banca centrale europea: i tassi d'interesse saranno alzati di altri 25 punti base, ovvero dello 0,25%, con il decimo rialzo consecutivo. Il tasso di rifinanziamento principale, che influenza le banche locali nelle offerte per i tassi dei mutui, passerà al 4,5%. Il tasso sui depositi salirà al 4% (il nuovo massimo storico) e quello sui prestiti marginali al 4,75%.

La decisione, a differenza di quanto avvenuto negli scorsi mesi, non era scontata. La Bce dall'anno scorso ha iniziato una politica di rialzi per combattere l'inflazione, e a fine luglio 2023 ha raggiunto il livello più alto di tassi di interesse quando esiste l'euro.

Nel frattempo le stime sull'inflazione si sono abbassate e hanno iniziato a sollevarsi alcune voci che sottolineavano i rischi di una stretta troppo dura sui tassi da parte della Banca centrale: tra queste anche quella di Fabio Panetta, membro del board della Bce e prossimo governatore della banca d'Italia, che già a giugno chiedeva di "essere risoluti ma giudiziosi, con l’obiettivo di abbassare l’inflazione senza danneggiare inutilmente l’attività economica".

"Alcuni governatori avrebbero preferito una pausa sui tassi", ha riconosciuto la presidente della Bce Christine Lagarde in conferenza stampa Anche a settembre, invece, la Banca centrale ha confermato l'aumento dei tassi d'interesse, e la decisione è comunque arrivata con una "solida maggioranza" all'interno del Consiglio generale.

Come cambiano le rate dei mutui: le conseguenze sui tassi fissi e variabili

Concretamente cosa significa questo aumento? Il tasso di rifinanziamento principale, come detto, è considerato alle banche un punto di riferimento per quel che riguarda i tassi d'interesse dei mutui. Un suo aumento, nella maggior parte dei casi, significa che nelle settimane successive si alzeranno anche i tassi per i mutui effettuati dalle banche locali che concedono prestiti a famiglie e imprese.

Per chi ha un mutuo a tasso fisso già avviato, non ci saranno conseguenze: le rate sono decise in anticipo e non c'è motivo per cui debbano cambiare, a prescindere dalle decisioni della Bce. Per chi invece ha un mutuo a tasso variabile, la situazione è diversa: è molto probabile che la banca aumenterà il d'interesse su quel prestito, e quindi le rate mensili aumenteranno. L'Unione nazionale dei consumatori ha stimato che si possa parlare di un aumento fino a venti euro al mese

Chi deve accendere un nuovo mutuo, invece, vedrà la situazione peggiorare in ogni caso. Infatti, sia per i mutui a tasso fisso che per quelli a tasso variabile è probabile che le condizioni offerte in partenza dalle banche saranno più costose di adesso. Lo scopo del rialzo d'altra parte è proprio questo: scoraggiare la circolazione del denaro, facendola ‘costare di più', e in questo modo abbassare l'inflazione e frenare l'aumento dei prezzi. Anche a causa di questi aumenti il governo Meloni ha varato la controversa tassa sugli extraprofitti delle banche.

Non si escludono nuovi aumenti dei tassi

"L'inflazione continua a calare, ma le previsioni dicono che resterà ancora troppo alta per troppo tempo", ha fatto sapere la Banca, che ha l'obiettivo di riportare il tasso di inflazione – che indica l'aumento dei prezzi in un anno – al 2%. La previsione al momento è che sarà in media del 5,6% nel 2023, per l'Eurozona, poi scenderà al 3,2% nel 2024 e al 2,1% nel 2025.

A spingere l'inflazione sono tanti fattori, tra cui il prezzo dell'energia (influenzato anche dall'andamento della guerra in Ucraina). Per tentare di controllarla, quindi, la Bce ha deciso di proseguire la sua politica. Anche se, come la stessa Banca centrale ha riconosciuto, "l'impatto di questa stretta sulla domanda interna" contribuisce al calo della crescita economica: la previsione è che l'Eurozona crescerà appena dello 0,7% nel 2023 e dell'1% nel 2024. "È probabile che l'economia dell'Eurozona resti debole nei prossimi mesi, dopo una sostanziale stagnazione nella prima metà dell'anno", ha detto Christine Lagarde.

Per quanto riguarda il futuro, la Bce non ha escluso nuovi aumenti ("non è detto che si sia raggiunto il picco", ha sottolineato Lagarde), ma ha evidenziato che al momento "il Consiglio generale ritiene che i tassi d'interesse abbiano raggiunto un livello che, se mantenuto per un tempo sufficiente, contribuirà in modo sostanziale al rapido ritorno dell'inflazione nelle soglie desiderate". Potremmo essere di fronte all'ultimo rialzo, anche se le decisioni dei prossimi mesi come sempre "seguiranno un approccio basato sui dati, in particolare le previsioni sull'inflazione e sugli effetti della politica monetaria".

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