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Salari fermi mentre le imprese aumentano i profitti: uno studio mostra gli effetti dell’inflazione

Nel 2022, con l’inflazione più alta dagli anni Ottanta, i salari in Italia sono aumentati del 2% mentre il fatturato delle medie e grandi aziende è salito del 30% circa. In molti settori i margini di profitto per le imprese sono cresciuti. Invece, tenendo conto dell’aumento dei prezzi, il potere d’acquisto dei lavoratori è crollato. Lo riporta uno studio di Mediobanca.
A cura di Luca Pons
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Le aziende italiane hanno retto alla forte inflazione del 2022, e nella maggior parte dei casi sono riuscite ad aumentare i profitti. Al contrario, i lavoratori hanno perso parecchio potere d'acquisto, perché mentre i prezzi salivano gli stipendi restavano quasi fermi. Questo è quanto dice in sintesi il rapporto Dati cumulativi dell'area studi di Mediobanca, un report che analizza l'andamento di 2150 aziende italiane (tutte quelle con più di 500 dipendenti, e il 20% di quelle di medie dimensioni). Le piccole aziende, perciò, sono escluse da queste stime. Risultati che sottolineano ancora il basso livello dei salari in Italia, oltre a confermare che l'inflazione ha avuto le conseguenze più pesanti proprio sui lavoratori.

Come sono andate le aziende italiane e chi ha guadagnato di più nel 2022

Nel 2022, l'anno in cui l'inflazione è stata al livello più alto dagli anni Ottanta (+8,1%), il fatturato delle imprese è salito del 30% circa. Tenendo conto del fatto che i prezzi erano saliti anche per le forniture, l'energia e le altre spese che ogni azienda deve affrontare, l'aumento delle vendite è molto più ridotto, ma è comunque in positivo: +0,6%.

Ci sono molte differenze tra un settore e l'altro: ovviamente le aziende che hanno visto il fatturato crescere di più sono quelle che vendono energia e petrolio. D'altra parte, l'aumento dei prezzi dell'energia (luce, gas, benzina) ha segnato tutto il 2022. Al contrario, tutte quelle aziende che consumano molta energia, come nel settore metallurgico, chimico o dei prodotti dell'edilizia, hanno faticato di più e hanno registrato delle perdite.

Il terziario è andato mediamente bene, ma ad esempio i negozi di vendita al dettaglio prevalentemente alimentari hanno avuto una perdita di fatturato dell'1% (sempre tenendo conto dell'inflazione). Chi è riuscito ad attraversare la crisi è stata la media e grande manifattura: le industrie hanno avuto "la maggiore capacità di gestire i costi dell'inflazione" secondo Mediobanca. Cioè, sono riuscite ad aumentare i propri prezzi di vendita o a ridurre le proprie spese, per mantenere un alto margine di profitto.

Proprio il profitto è uno degli aspetti più importanti. Per molte aziende è cresciuto non tanto il fatturato in sé, quanto il margine di profitto: in media gli utili netti sono saliti del 26,2%, il margine operativo netto (i guadagni senza tenere conto delle tasse e degli altri oneri fiscali) del 21,9%. C'è stato un calo da questo punto di vista, rispetto al periodo prima della pandemia, ma a salvarsi è stata la manifattura, ancora una volta. L'industria infatti ha aumentato i suoi margini di profitto anche confrontandoli con gli anni pre-Covid.

Lavoratori colpiti dall'inflazione: stipendi su di appena il 2% e crollo del potere d'acquisto

Questo aumento dei profitti, nel settore della manifattura, ha portato a un aumento degli stipendi per i lavoratori? Sì, risponde Mediobanca, i salari sono cresciuti in quel settore (+3,7%) molto più che nella media (+2%), ma comunque decisamente meno dei margini di profitto delle aziende (il 6%).

Nel 2022, in generale, le medie e grandi aziende hanno aumentato la loro forza lavoro dell'1,7%, quindi ci sono state diverse nuove assunzioni. Una forza lavoro che oggi con i suoi stipendi pesa solo per l'8,4% sul giro d'affari complessivo, mentre nel 1980 pesava più del doppio, il 18,4%. Tra progressi tecnologici, automazione e altre dinamiche ancora, oggi per una grande azienda il peso degli stipendi è decisamente più basso che in passato.

Eppure, proprio gli stipendi sono rimasti quasi fermi. Mediobanca dice chiaramente che i lavoratori sono stati il soggetto "maggiormente penalizzato in termini di potere d'acquisto". Facendo finta che i dipendenti di queste 2150 aziende prese in considerazione acquistino solo i prodotti delle aziende in questione, si calcola che il potere d'acquisto sia sceso del 22% in un anno. Anche facendo gli aggiustamenti necessari per avere un dato più vicino alla realtà, resterebbe comunque un calo importante.

Quanto sarebbe costato alle aziende garantire ai loro dipendenti lo stesso potere d'acquisto? La risposta c'è. Avrebbero dovuto sacrificare circa un terzo del loro margine di redditività, portandolo dal 4,7% al 3,2%. Ridurre i profitti, insomma, mantenendoli comunque in positivo. Con questo calo, si calcola che i lavoratori avrebbero avuto uno stipendio sufficiente a comprare le stesse cose che acquistavano un anno prima con lo stipendio. Invece, così non è stato.

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