Consulente finanziario scappa con 20 milioni: perché i risparmiatori rischiano di non riavere i loro soldi

Un patrimonio svanito nel nulla, dieci famiglie sull’orlo della rovina e una maxi-truffa che rischia di trasformarsi in una beffa giudiziaria. È lo scenario che emerge dall’inchiesta sulla sparizione di oltre 20 milioni di euro, denaro sottratto nel corso di almeno quindici anni da un consulente finanziario in pensione dal dicembre 2024, molto stimato e conosciuto in Alto Adige.
Il professionista, specializzato in private banking, aveva in gestione portafogli milionari di una cinquantina di clienti facoltosi. Per anni ha mostrato loro resoconti fasulli che dipingevano investimenti brillanti e rendimenti a due cifre. In realtà, i conti erano stati progressivamente prosciugati, fino al crollo rivelato solo all’inizio del 2025, quando, subentrato un nuovo consulente, la verità è venuta a galla.
Un cliente che credeva di possedere 6,7 milioni di euro si è ritrovato con appena 412 mila; un altro pensava di avere poco meno di 3 milioni, ma i saldi reali ammontavano a soli 160 mila euro. Non mancava chi, convinto di aver acquistato grazie ai guadagni immobili di pregio, ha scoperto che quegli appartamenti erano formalmente intestati allo stesso consulente.
I meccanismi della truffa da 20 milioni di euro
Secondo la Guardia di Finanza, che indaga su incarico del pm Igor Secco, il sistema era costruito come un castello di scatole cinesi: spostamenti di denaro da un conto all’altro, creazione di conti “schermo” e prodotti finanziari inesistenti. I risparmiatori venivano rassicurati da documenti falsificati e da assegni circolari emessi dalla stessa banca, che sembravano confermare la solidità delle operazioni.
La truffa, secondo gli inquirenti, non è durata pochi mesi, ma almeno 10-15 anni. Già dal 2010 si sarebbero verificate le prime anomalie, eppure nessun controllo interno della banca avrebbe segnalato irregolarità. Qui nasce la prima grande incognita: il consulente ha davvero agito da solo? O ha potuto contare su complicità e coperture?
Il ruolo della banca e i dubbi degli avvocati
A sollevare il nodo delle responsabilità è l’avvocato Federico Fava, che assiste alcune delle famiglie coinvolte.
Da febbraio abbiamo avuto una serie di incontri con l'ufficio legale della banca, per trovare un'intesa sul recupero dei soldi persi dal mio cliente. Si tratta di una somma molto importante, sparita se non del tutto quasi, visto che nel conto sono rimasti solo poche migliaia di euro. Ma ogni tentativo di raggiungere un accordo è naufragato. A quel punto sono partite le denunce e stiamo valutando di agire contro l'istituto di credito per responsabilità civile. La banca, per ora, non riesce a dare una spiegazione a quanto successo. Quello che sembra certo però è che sono venuti meno tutti i presidi di controllo interni nel corso, non di pochi mesi, ma di 10-15 anni", ha dichiarato Fava al Corriere dell’Alto Adige.
Parole che fotografano uno scenario inquietante: i clienti, spesso anziani o troppo presi dal lavoro, si fidavano ciecamente del loro consulente. Ma come è possibile che in oltre un decennio non sia emersa alcuna anomalia? Gli avvocati ritengono difficile credere che una simile architettura truffaldina sia stata costruita senza aiuti interni o senza che nessuno in banca si accorgesse di flussi milionari tanto sospetti.
Perché i soldi potrebbero non tornare indietro
Il nodo centrale riguarda il recupero delle somme. I milioni sottratti sono stati spostati in una miriade di operazioni difficili da ricostruire. In parte potrebbero essere stati bruciati per coprire perdite dello stesso consulente, in parte trasferiti all’estero in attesa che l’eco dello scandalo si spenga. Gli esperti parlano di “flussi opachi” quasi impossibili da seguire fino in fondo.
Sul fronte bancario, le famiglie non trovano spiragli: gli istituti di credito, al momento, negano la propria responsabilità diretta. Senza un riconoscimento di colpa o un accordo transattivo, i risparmiatori dovranno attendere i tempi lunghi dei processi civili, con esiti tutt’altro che garantiti. Nel frattempo, molti rischiano di perdere per sempre patrimoni costruiti in decenni di lavoro.
Un sistema di controlli che fa acqua…
Il caso mette in luce una falla sistemica: se un consulente può sottrarre decine di milioni per oltre dieci anni senza essere scoperto, significa che i presidi di controllo interni non funzionano o non sono stati applicati.
Per gli avvocati, questa è la chiave che potrebbe aprire a un risarcimento: dimostrare che la banca non ha vigilato come avrebbe dovuto. Ma anche qui le difficoltà sono enormi: le prove vanno ricostruite a ritroso, partendo da operazioni vecchie di oltre un decennio.
Il rischio per i risparmiatori
Il quadro che si delinea è dunque chiaro: i risparmiatori rischiano di non riavere i loro soldi perché il denaro è stato disperso in operazioni complesse e, forse, già spostato all’estero; perché la banca non intende al momento assumersi responsabilità e perché i procedimenti giudiziari saranno lunghi e incerti. Senza contare che, anche se fosse accertata la colpa dell’istituto, le cifre in ballo potrebbero rendere difficile un risarcimento pieno.
In altre parole, chi ha affidato milioni al consulente “di fiducia” oggi si trova non solo senza patrimonio, ma anche senza garanzie di recupero. Una vicenda che lascia aperte domande pesanti sulla solidità del sistema di controlli bancari e sulla tutela effettiva dei risparmiatori, chiamati a pagare un prezzo altissimo per un tradimento maturato in anni di cieca fiducia.