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Opinioni

Doppio mandato e leader: come il popolo del M5S può cambiare il MoVimento

È il momento migliore per il Movimento 5 Stelle, dicono i sondaggi. È il momento di fare il salto di qualità, spiegano gli analisti. È il momento di non avere fretta e restare coerenti, anticipano gli integralisti. È il momento di completare il passaggio di consegne da Grillo e Casaleggio ai “giovani”, consigliano gli amici degli amici…
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L’obiettivo principale di Italia 5 Stelle, la 2 giorni grillina di Imola, era il riposizionamento definitivo del Movimento come forza pronta, adeguata e legittimata a guidare il Paese. Lasciando da parte polemiche e divisioni interne, cavalcando l’onda lunga dei sondaggi elettorali, sfruttando le debolezze della maggioranza alle prese con la legge di stabilità e l’eterno ritorno della polemica sui diritti civili, il popolo grillino ha ritrovato un orizzonte di speranza, una tensione ideale che era mancata nei mesi successivi all’approdo in Parlamento (quando erano volate botte da orbi su scontrini e incarichi) e che era stata spazzata via dal trionfo di Renzi alle Europee.

Non è un caso che, durante il suo primo discorso, Grillo abbia lungamente insistito sul tema dell’utopia, o meglio, su ciò che si può determinare inseguendo l’utopia. E non è stato un caso che tutte le questioni sull’organizzazione, sulla struttura, sulle gerarchie siano state derubricate e affrontate con la sufficienza di chi ha altro a cui pensare. Il punto è capire se, effettivamente, si tratta di questioni minori: se cioè la leadership, il controverso meccanismo di scelta delle candidature, la rigidità sui mandati e la disciplina militare non siano alla lunga scelte controproducenti. La questione è aperta (qui, qui e qui qualche idea in merito).

Italia 5 Stelle, un successo annunciato

Per attivisti e militanti integralisti Italia 5 Stelle è stata un successo: la linea intransigente Grillo – Casaleggio ha pagato, il M5S non è mai stato così in alto nei sondaggi e per la prima volta si aprono spiragli concreti di conquistare una grande città (più Roma che Napoli, ma occhio anche a Bologna) e c'è sempre un discreto numero di nemici con cui prendersela (ai "partiti" si sono aggiunti i transfughi, gli espulsi, i figli ingrati).

Per "critici" e dissidenti a vario titolo, Italia 5 Stelle è stata l'occasione per ricordare a tutti che nel M5S può (anche) esserci lo spazio per il dissenso (ovviamente con tanti se e molti ma). Oltre che una possibilità di tornare a quelle discussioni di merito di cui spesso ci si riempie la bacheca facebook. [Quanto poi sia solo "tollerata" la presenza, ad esempio, di gente come Pizzarotti lo capiremo a breve…]

Per i parlamentari, Italia 5 Stelle è stata una vetrina fantastica, un bagno di folla difficilmente ripetibile, ma soprattutto un momento per "confermare" la sensazione di una classe dirigente in crescita e per rivendicare l'azione di duri e puri in Parlamento.

Per Grillo e Casaleggio, Italia 5 Stelle è stata la conferma della bontà della linea scelta due anni e mezzo fa, quando si trattò di scegliere se aprire le porte o chiudersi a riccio, se concretizzare il risultato raggiunto o se rischiare la disgregazione del consenso. [Ma il passo indietro dei due fondatori scordatevelo, eh]

Sì ok, ma quindi?

Il bilancio trionfalistico si scontra però con la persistenza di questioni irrisolte, di nodi complessi e difficili da dipanare. E, del resto, non avrebbe potuto essere altrimenti considerando la struttura stessa della manifestazione, che è stata modificata in corsa proprio per allontanare lo spettro del "simil – congresso".

Della questione della leadership ci siamo occupati in passato e, sostanzialmente, Italia 5 Stelle non ha chiarito nulla.

Il problema risiede però nel fatto che il sistema politico, per come si è andato configurando negli ultimi anni, esige una leadership forte, riconoscibile, spendibile e legittimata dal supporto del gruppo dirigente. Una figura in grado di sovrapporsi al movimento politico, di sussumerlo, di rappresentarlo anche iconicamente. A maggior ragione ora che l'Italicum sembra aprire scenari considerati utopici, con il ballottaggio che rappresenta un'occasione incredibile, ma che al tempo stesso polarizza al massimo la scelta degli elettori e la vincola intorno ad un nome, più che un simbolo

Ora, in molti descrivono la situazione come cristallizzata (da una parte il gruppo Di Maio, dall’altra Casaleggio e con Grillo tra due fuochi), ma la nostra sensazione è che non si tenga conto di un fattore cruciale: il tempo. Salvo sorprese clamorose non si voterà nel 2016 (e nemmeno nel 2017) e l’idea di un candidato in pectore ma “congelato” per oltre due anni non è la migliore possibile. Peraltro si troverebbe a dover mettere becco sulle candidature delle amministrative: non la migliore idea, diciamo.

È innegabile invece che il vero problema sia quello delle candidature. Sul punto Grillo e Casaleggio sono sembrati irremovibili: scelgono gli iscritti, nessun salto da un incarico all’altro e nessuna deroga per andare oltre il doppio mandato. Una linea sposata in pieno dai parlamentari più in vista, da Fico a Di Battista, e che si basa, oltre che sul discorso della “coerenza con lo spirito del Movimento”, anche sulla rivendicazione dei risultati ottenuti. Ma anche una linea rischiosa, potenzialmente controproducente, o almeno limitante (qui il pezzo di Scanzi che coglie bene il punto).

“Dove saremmo ora se avessimo scelto di derogare sul tema delle alleanze?”, ci ripetono a mo’ di esempio gli integralisti. E non hanno tutti i torti, ovviamente. Ma se una struttura politica si basa su democrazia dal basso, responsabilità diffusa delle scelte e degli indirizzi, inclusione degli attivisti nei processi decisionali, allora tanto vale far decidere gli iscritti, no? In poche parole, visto che si chiede agli attivisti di decidere su tutto, perché non lasciare loro la possibilità di intervenire sulla struttura stessa del Movimento? Perché uno vale uno ma solo fino a un certo punto?

Insomma, se "uno vale uno" allora Grillo e Casaleggio diano agli iscritti le chiavi per ripensare il Movimento. Anche per riflettere sullo "spirito del Movimento", che rischia di diventare un feticcio.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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