Rocco Hunt: “Oggi appartengo a tutti, ma intorno a me ho ancora le persone che mi avrebbero amato come pescivendolo”

Rocco Hunt è il ragazzo di giù che ce l'ha fatta, che ha cominciato a Salerno e oggi parla spagnolo e vede la sua musica viaggiare nel mondo, così come ha viaggiato lui, tanto, per concerti prima e per Cultura poi. Ne ha fatta di strada il rapper campano, che rapper non è più, o non è solo, ma nel tempo si è costruito una solida carriera da hitmaker. Nell'ultimo album mescola le carte e le strade, ci mette il rap e la melodia, ma sempre raccontando gli sforzi fatti per arrivare dov'è adesso, ovvero là dove si è conquistato la libertà di poter fare quello che vuole, anche andare a Sanremo con una canzone che arriva meno immediatamente del solito. nell'intervista a cuore aperto a Fanpage ha raccontato di questi viaggi, delle fatiche iniziali, della famiglia sempre vicina e della moglie Ada, colonna portante della sua vita anche artistica.
È un album in cui racconti come è cambiata la tua vita a causa degli spostamenti continui: quali sono stati questi spostamenti?
Io ricordo sempre che la mia vita e la mia carriera sono state contraddistinte dagli spostamenti, all'inizio, seppur brevi, ci sono stati quelli che mi hanno portato da Salerno a Napoli per cercare le prime connessioni, le prime sperimentazioni, collaborando con gli artisti che poi ho più amato, poi da Napoli, salendo sempre più su, i primi concerti al nord, nelle altre città d'Italia. Il viaggio ha sempre contraddistinto il mio percorso fino a quando l'ho utilizzato anche per iniziare a crescere culturalmente, con la mia famiglia, per esempio, e anche oggi il viaggio è una parte fondamentale della mia vita perché c'è quello che mi riporta a casa, quello che mi riporta in tour, insomma, ci sono molto legato.
L'album comincia con queste parole molto precise: "Vengo d'addò nun esiste nu futuro luminoso". Come mai hai scelto queste parole?
Quella frase di Aria nova, l'intro, è riferita anche un po' alla prospettiva che ha un ragazzo che cresce in un contesto periferico. È chiaro che ti abituano a confrontarti con la frase: "Studia oppure impara un mestiere", perché le alternative buone sono relativamente poche se paragonate a quelle "malamenti" (cattive, ndr), se le vogliamo definire così. Quindi cresciamo con questo dogma per cui nelle nostre zone, purtroppo, non si può mai raggiungere nulla, non esiste un futuro luminoso, c'è questa rassegnazione che io, però, non ho mai provato. A chi mi ascolta dico sempre: mai rassegnarsi a un destino che progettano gli altri per noi, e che bisogna costruirci il nostro futuro in base anche ai sogni che abbiamo.
La svolta che ha cambiato il tuo futuro, qual è stata?
Sicuramente l'arrivo della musica nella mia vita e l'arrivo dei primi consensi: quando ho cominciato a pubblicare le prime canzoni sono stato testardo, ho iniziato a crederci contro tutti e tutto, ma quando sono arrivati i primi consensi ho capito che quella cosa poteva diventare qualcosa di importante, e a quel punto ho avuto la mia luce e la mia ambizione veniva nutrita quotidianamente da questa passione.
"Tutto questo era davvero quello che volevi? Una folla che ti acclama, il mondo ai tuoi piedi" invece è l’inizio di Ragazzo di giù, canzone che dà il titolo all’album. Era quello che volevi?
In questo disco si parla sia delle croce che delle delizie del nostro territorio e del mio percorso. Affronto la vita e la scrittura con la consapevolezza arrivata dopo i 30 anni, un traguardo importante soprattutto per me che sono stato considerato per anni un eterno giovane, un eterno diciottenne. Da piccolo volevo a tutti i costi farcela nella vita, la mia ambizione era così grande da scrivere che "è la croce che porta sul collo ogni ragazzo di giù".
E quando l'ambizione si compie?
Una volta che raggiungi determinati traguardi, cominci a chiederti: "Era davvero tutto questo che volevi dalla musica?", è un pezzo che mi pone delle domande, un pezzo molto introspettivo. Dopo dico anche: "Non ho più provato un brivido sincero" da quando ho perso quella voglia di voler brillare solo nei suoi occhi, perché quando diventi di tutti perdi anche quell'unicità di quando lo facevi realmente per sorprendere la persona che amavi o quelle a cui volevi bene. È un discorso molto personale e a tratti anche nostalgico.
Un tema che mi incuriosisce molto, perché torna, è quello del "Ho fottuto io l'industria, no, non mi ha fottuto lei". Sei entrato in un meccanismo, quello discografico, com'è non farsi fagocitare?
Già essere qui dopo più di 10 anni di mainstream per me è una grandissima soddisfazione perché purtroppo ho visto molti colleghi, molti amici essere un po' risucchiati dai tempi usa e getta che detta la musica: esci, fai il talent, poi fai Sanremo e poi dopo devi di nuovo avere un boost, hai poca indipendenza nelle scelte musicali, di questi tempi. Il fatto di essere stato qui e di aver usato io le correnti e non esserne stato usato per me è un'enorme soddisfazione. È anche un orgoglio poter dire "Io oggi faccio un album come piace a me", "Vado a Sanremo con una canzone che piace a me".
Anche se non è quella che ci si aspettava?
Ma sì, magari non mi dà il successo che mi potrebbe dare una canzone più immediata, più facile, però allo stesso tempo mi dà una certa credibilità. La scelta di questo percorso, che non è dritto, ma può avere qualche curva, fa sì che quando arriva il panorama finale è tutto ancora più bello.
Fai fatica a capire chi sta con te perché sei Rocco e chi perché sei Rocco Hunt?
Per un artista c'è sempre questo questo bivio tra le persone che ti amano per ciò che sei e chi ti ama per ciò che rappresenti. Io nella fortuna o nella sfortuna di aver fatto successo fin da subito, bene o male ho iniziato a conviverci veramente presto, perché venivo riconosciuto per strada già quando avevo 16-17 anni, con le prime canzoni rap. Ho avuto la fortuna di avere tutto e subito, ma soprattutto quella di poter contare su una famiglia che mi ha sempre sostenuto e su un amore che già esisteva prima di tutto. Chiaramente mi metto nei panni di chi arriva a quel punto e davvero non sa che scelta fare. Io quando sono arrivato al grande successo di Sanremo, subito mi sono andato a rifugiare sia nella famiglia che negli amori e negli amici che avevo prima. Per me loro sono il mio porto sicuro, da quel punto di vista sono fortunato perché attorno a me ho ancora le persone che mi avrebbero voluto bene anche se avessi continuato a fare il pescivendolo.
Anche la solitudine è un tema, qualcosa di incomprensibile per chi è al di fuori. Come si gestisce la differenza tra i momenti in cui sei acclamato e quelli in cui sei lontano da concerti e dalla gente?
Torno un po' alla risposta di prima, il fatto di aver avuto una famiglia e delle basi solide mi ha sempre aiutato in questi anni di alti e bassi perché, come dico sempre, in una carriera e in una vita, vuoi o non vuoi, ci sono sempre momenti di down, e sono proprio quei momenti di down quelli che ci forgiano per poi vivere le belle esperienze. Ho vissuto sia il momento in cui fai le hit e tutti ti cercano, ti vogliono, sia quello in cui fai un processo un po' più lungo, non immediato, che per tanti può essere considerato anche come un fallimento e la gente giustamente inizia anche a essere un po' più distaccata.
Fai esperienza, però, no?
Certo, impari anche a utilizzarli meglio, perché quando fai il secondo giro della giostra sai quante cose sono successe, non fai più gli errori di prima. Inizi a fare queste questo tipo di esperienza che nell'industria sono sempre più evidenti: quando stai in hype tutti quanti sono intorno a te, mentre quando hai un momento di flessione tutti si allontanano, è ciclica come cosa. E arriva quella solitudine che solo se hai realmente un background umano forte puoi superare.
Tu sei un caso raro di rapper di strada che poi è riuscito a fare le hit, senza perdere credibilità, mantenendo il rispetto della scena.
È curioso perché capita che tu sia proprio il primo che fa certe cose, poi quando inizi a vedere che negli anni successivi le tue strategie, le cose che hai fatto, la tua musica, tutto viene emulato e magari vedi anche altri artisti che cercano di fare quello che hai fatto anche tu, allo stesso tempo ti lusinga ma ti fa pensare: "Com'è possibile? Quando l'ho fatta io questa cosa sono stato criticato", poi quella roba diventa figa e la fanno tutti.
A cosa pensi?
Per esempio alle hit internazionali, il voler fare un determinato tipo di musica legata alla stagionalità, o l'utilizzo del napoletano, quando lo facevo anni fa venivo guardato un po' male, adesso vedo che per fortuna è diventato un genere che se non lo fai la gente si chiede perché. Per me è una soddisfazione immensa.
A proposito di napoletano, Gigi D'Alessio che ti dice?
Eh, Gigi è un gran maestro di napoletano. Io sono nato a Salerno dove si parla una desinenza del napoletano, cerco di cantare in napoletano perché è stata sempre la musica che ho ascoltato da quando mio padre faceva lo speaker radiofonico nelle radio napoletane, quindi Gigi per me è un maestro di napoletano. A volte mi corregge: "Chella parola nun se dice accussì" e quindi anche nel pezzo che abbiamo cantato insieme ci siamo divertiti a correggere alcune paroline.
Ti ha detto qualcosa anche di Mille vote ancora?
Sì, quel pezzo gliel'ho fatto ascoltare in anteprima, ho detto "Zio Gigi, va buono?". "Sì, sì, è perfetto. Tu se vuoi chiedere una cosa sul napoletano devi parlare con me, perché io sono l'unico che conosce il napoletano ‘o vero". Noi giovani parliamo un napoletano evoluto, che è poco letterale e molto parlato, quindi quando andiamo a metterlo nero su bianco, possiamo fare qualche errore.

"Mamma pulisce la Palma di Sanremo ogni mattina". Che sensazione ti ha dato regalare ai tuoi genitori una soddisfazione come quella?
Quella è una delle poche soddisfazioni che, ogni anno in cui vedo Sanremo, penso che sia stato un miracolo incredibile.
In che senso?
Si sono allineati tutti i pianeti, facendomi vincere il Festival con una canzone rap in napoletano. È stata un'enorme soddisfazione anche perché la mia era una famiglia che veniva dagli stenti e vedere un figlio portarli in platea a Sanremo, a prescindere da quello che è successo, è già stata una bellissima emozione. Mia madre e mio padre hanno sempre voluto questa la palma a casa loro, nonostante abbia sempre cercato di mettere i premi tra lo studio e casa mia. La Palma di Sanremo, ovviamente, l'avrei voluta mettere lì, ma mio padre me l'ha sempre vietato: "La Palma l'hai vinta quando stavi in questa casa? E allora resta qua. Se vincerai di nuovo Sanremo, come mi auguro, te la porti dove vuoi tu, ma ‘sta Palma resta qua".
Che ruolo ha avuto tua moglie Ada in tutto questo?
Ha un ruolo sicuramente fondamentale nella mia vita personale, perché è la colonna portante della mia famiglia, vista la mia assenza per ragioni lavorative è stata la figura principale per la crescita di nostro figlio e anche fautrice del mio stare con i piedi a terra. Io ho avuto successo quando ero molto giovane e lei già c'era, è stata una figura di riferimento. Ci conosciamo da quando eravamo ragazzini, e questa cosa mi ha tenuto con i piedi a terra e mi ha regalato la fortuna di poter mettere su una famiglia molto presto, una cosa che dipende molto anche dalla persona che hai accanto, se hai la fortuna di avere una persona valida o meno e devo dire che io sono stato molto fortunato.
Altro che musica!
Molti mi dicono che la mia fortuna non è stata solo il successo nella musica, appunto, ma anche avere una famiglia solida alle spalle che poi mi ha potuto permettere di fare questo. E comunque Ada è una figura fondamentale anche nella musica, sebbene non racconti solo la nostra storia, ma a volte mi immergo anche in situazioni di dolore non mie o proprio immaginarie, mentre le canzoni più d'amore sono legate al mio vissuto, a quello che vivo quotidianamente con la mia famiglia. Ovviamente è come una scrittura di un libro, non è che tutto viene dalla vita reale.
Ho visto che avevi commentato l'incontro con Papa Francesco come uno degli eventi più belli della tua vita, mo con questo nuovo Papa come dobbiamo fare?
Devo aggiornare sicuramente il selfie papale, perché ho quello con Papa Francesco.
Come successe?
Ho questo ricordo bellissimo perché facemmo questa udienza per una partita della Nazionale Cantanti e ci diedero l'opportunità di incontrare il Papa. Eravamo in fila uno per uno, praticamente come un firmacopie, arrivammo lì e c'era il fotografo ufficiale del Vaticano e ci dissero che le foto poi ci sarebbero state inviate, ma quelle foto non ci sono mai arrivate. Però fui lungimirante: cacciai il telefono perché lo consideravamo un Papa giovane e così gli dissi: "Papa Francesco posso fare un selfie?", "Certo, come no!", quindi cacciai il telefono e feci il selfie. Ci fu enorme incredulità, però dopo di me tutti hanno fatto il selfie col Papa.
Per quanto riguarda i prossimi live, invece, che dobbiamo aspettarci?
Sto in una fase di preparazione perché quest'estate partiremo col tour, esordiremo con la data zero il 20 giugno a Campobasso, poi saremo in Puglia, Calabria, Sicilia, perché il ragazzo di giù comincia a suonare proprio "da giù". E concluderemo in bellezza con due show che stiamo preparando in maniera differente dal tour estivo, che sono quelli dell'11 settembre alla Reggia di Caserta e del 6 ottobre a Milano. Sarà epico perché dopo sei album è davvero dura fare la scaletta, tra successi, pezzi nuovi eccetera, però con la mia band stiamo facendo il possibile per far emozionare e far divertire tutti. Sarà un concerto dove si vedranno tutte le anime di Rocco.
Le tappe del tour di Rocco Hunt
- Venerdì 20 giugno 2025 | Campobasso (CB), Festival dei Misteri – Arena Nuova Eventi Romagnoli
- Venerdì 25 luglio 2025 | Peschici (FG), Note di Mare – Arenile del Porto
- Domenica 27 luglio 2025 | Polignano a Mare (BA), Lungomare Cristoforo Colombo
- Venerdì 8 agosto 2025 | Sabaudia (RM), Arena del Mare BCC Roma
- Martedì 19 agosto 2025 | Cirò Marina (KR), Krimisound
- Venerdì 22 agosto 2025 | Catania, Sotto il Vulcano Fest – Villa Bellini
- Sabato 23 agosto 2025 | Palermo, Dream Pop Festival – Teatro di Verdura
- Giovedì 11 settembre 2025 | Reggia di Caserta
- Lunedì 6 ottobre 2025 | Unipol Forum – Milano