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Noyz Narcos: “I politici attaccano il rap perché i loro figli lo ascoltano. Achille Lauro? È il Bowie italiano”

Il nuovo lavoro di Noyz Narcos parte da Funny Games, la pellicola austriaca del 1997: un’opera violenta “che non è legata alla vendetta o all’ossessione: semplicemente alla casualità”. Poi il controsenso della politica, com’è cambiato il rap e il rapporto con Achille Lauro, il “David Bowie italiano”.
A cura di Vincenzo Nasto
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Noyz Narcos, foto di Alessio Mariano
Noyz Narcos, foto di Alessio Mariano

Noyz Narcos chiude la trilogia iniziata nel 2018 con "Enemy" e continuata nel 2023 con "Virus". Ha pubblicato negli scorsi giorni Funny Games, prodotto interamente da Sine, nome d'arte di Alfonso Climenti. Si tratta di una citazione alla pellicola austriaca del 1997, diretta da Michael Haneke: "La violenza non è legata alla vendetta o all'ossessione: semplicemente alla casualità". Un'opera in cui è tangibile il distanziamento dall'evoluzione mainstream del rap, ma anche il racconto di una violenza inaudita e gratuita. Poi il primo incontro con il rap, ma anche com'è cambiato l'ambiente con "Ultimo banco" in cui canta: "Chi governa ha il culo a terra, i figli fan di questa merda". Il rapporto con la politica e l'amicizia con Achille Lauro, definito il "David Bowie italiano". Qui l'intervista a Noyz Narcos.

C'è davvero un motivo dietro la violenza e perché il titolo Funny Games?

È un film come gli altri, la violenza non è legata alla vendetta o all'ossessione: semplicemente alla casualità. Mi affascinava quest'aspetto in cui tutti potremmo essere vittime di una violenza del genere: un giorno ti bussano alla porta, entrano due ragazzi e vogliono ammazzarti solo per il gusto di farlo.

Una situazione che si riproduce anche quotidianamente, nella realtà.

È una cosa che accade spesso e ti terrorizza ancora di più: pur avendo fatto nulla di male, ti ritrovi vittima di una violenza inaudita magari solo perché in quel momento quella persona aveva immaginato di entrare in casa di qualcuno e ammazzarlo.

Perché diventa Funny?

Rende tutto più macabro. Del film, una rivisitazione di Arancia Meccanica, mi ha appassionato la casualità e la follia, il divertimento e la strage.

C'è un passaggio in "Sorrisi e Lacrime": "Dopo che t'inventi quando giri tutti i tornanti degli inferni? Quarantacinque inverni, quarantacinque estati". C'è stato un momento di blocco nella scrittura e perché?

È una costante negli artisti, credo che la cosa peggiore sia trovarsi con il foglio bianco davanti senza riuscire a riempirlo. In uno dei pezzi più fighi dell'album secondo me, ascolti un artista che ne ha fatte tante, ne ha dette tante che continua a chiedersi cosa scriverà la prossima volta. Spesso mi sono ritrovato a farmi questa domanda.

Sempre in "Sorrisi e Lacrime" dici: "Forse ritorneremo quelli che siamo già stati, generazione di pischelli traumatizzati". Qual era l'esigenza iniziale nel fare questa musica?

Credo di essermi innamorato dalla prima volta che ho visto fare rap, ma anche tutto il mondo che ne girava intorno: all'inizio c'erano i graffiti, la breakdance, la scrittura, anche se adesso c'è solo la musica. La prima volta che mi sono sentito immerso in quel mondo è stato un flash, tanto che non ho mai perso di vista questa musica, ascoltando anche altri generi.

È stata anche uno strumento in cui canalizzare determinate energie?

È stata la mia prima passione ed è diventata il mio destino. L'esigenza era anche dover esplorare un genere nuovo in Italia in quel momento, e per scoprire alcune sfumature dovevi avere fortuna o conoscenze. Dovevi stare in strada a trovare libri o dei video: non era sotto gli occhi di tutti.

Come ti spingeva nella tua città?

Per saperne di più dovevi scavalcare davvero la rete, cercare graffiti in giro, capire come si facevano: non c'era alcuna reference, nessuno spiegava nulla.

Uno strumento di aggregazione.

Se le generazioni passate hanno avuto il punk o altri generi, per la nostra c'è stato l'hip hop in ogni sua forma.

In "Ultimo Banco" canti: "Chi governa ha il culo a terra, i figli fan di questa merda". Com'è cambiato secondo te il pubblico?

È stato strano vivere questo passaggio. Sono passato dall'essere quello verso cui puntare il dito a quello che vogliono intervistare per conoscere la sua visione delle cose. Per me "i figli fan di questa merda" è la verità e sono convinto che molte battaglie che portano aventi politici contro questo genere e chi lo fa è proprio perché il figlio a casa ascolta questa roba, la ascoltano tutti.

Un errore del sistema.

È un paradosso sapere che c'è un politico che combatte una guerra mentre suo figlio idolatra proprio quello contro cui lui combatte.

Che reazioni hai avuto in merito alla polemica sul passaggio in "Ultimo Banco": "In culo al governo che saltasse in aria"?

Ho visto qualcosa, un battibecco, ma non ho capito il punto della polemica. Ho scritto quella cosa sperando suscitasse casino, ma sinceramente pensavo molto di più: forse mi son perso qualche passaggio. Comunque è una delle frasi del disco di cui sono più contento.

Parlando del pubblico, pensi mai al fatto che alcuni dei tuoi colleghi lo sono diventati ascoltando la tua musica: come Kid Yugi che è presente in questo disco.

Mi fa piacere che esista ancora una roba underground, magari vicina alla mia e a quella di Kid Yugi, ma non è la maggioranza. Quella apprezza un altro stile di rap e di vita. Kid Yugi è un esempio di ciò che eravamo noi. È bello vedere qualcuno come lui che riesce a portare un suono da una piccola provincia del Sud, mettendola sulla mappa. Mi fa piacere esser stato parte di questo processo.

Ciò che eravate nel contesto Truceklan avrebbe più o meno mercato in questo momento discografico?

Credo avrebbe funzionato molto di più rispetto al passato: c'era una maggiore difficoltà a digerire questi contenuti, adesso sarebbe più facile.

"Enemy", "Virus" e "Funny Games" hanno un filo narrativo comune: il distanziamento da ciò che accade, musicalmente parlando, nella scena rap attuale. Come hai vissuto il cambiamento?

Ho sempre voluto fare la roba vecchia, quindi ho cercato il più possibile di rimanere in linea con la mia visione. Prima di fare quello che piace alla gente, faccio quello che piace a me. Sono rimasto fedele alla linea.

Cosa ti ha spinto a collaborare di nuovo con Achille Lauro?

Ci conosciamo da un po', siamo dello stesso quartiere e ci siamo frequentati parecchio anche al di fuori della musica. È un orgoglio di quartiere, come lo sono io e ha portato la sua musica a un livello gigante in un momento in cui era difficile portare cose nuove. Si è affacciato a tanti generi diversi per trovare la sua strada e nessuno se lo sarebbe aspettato.

Un altro artista che ha scommesso sulla sua musica.

Ma non solo, perché è uno che lavora tantissimo e non si fa produrre la musica a tavolino: fa tantissima ricerca. Allo stesso tempo ha scelto di uscire in un disco come il mio, perché mi diceva che da piccolo ascoltava la mia roba in quartiere. È la consacrazione di una bella amicizia, e nonostante lui sia il David Bowie italiano, continua a fottere con gente come me con cui è cresciuto.

In "Stesso Dio" chiudi il disco con: "Faccio tutto il cazzo che sognavo da regazzino". C'è ancora qualcosa da fare per accontentarlo?

Se guardo a quello che faccio quotidianamente, mi ritengo soddisfatto. Posso fare un disco, come non farlo. Posso decidere se lavorare o meno: questo è uno dei lussi più grandi che mi posso permettere.

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