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Mogol: “Io e Battisti non eravamo fascisti. Non litigammo, tra noi finì per questioni economiche”

A un anno dai 90 anni Mogol si racconta in un libro e in un’intervista parla del so rapporto con Lucio Battisti, della loro amicizia ma anche della rottura e delle accuse di fascismo.
A cura di Francesco Raiola
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Lucio Battisti e Mogol
Lucio Battisti e Mogol

Mogol, nome d'arte di Giulio Repetti, compirà 90 anni il 17 agosto 2026 e poco meno di un anno da quel traguardo ha deciso di raccontarsi in un libro che si chiama "Senza Paura. La mia vita", che uscirà il 14 ottobre per Salani editore. Figlio di musicista, pezzo grosso della Ricordi, Mogol non era bravo a cantare, ma le sue parole hanno segnato la Storia della musica italiana, diventando materiale per alcuni dei più grandi e delle più grandi cantanti della musica italiana, benché il suo nome sia legato indissolubilmente quasi solo a quello di Lucio Battisti, la coppia d'oro della musica leggera italiana. Prima cominciò scrivendo e traducendo e adattando in italiano le canzoni che provenivano dagli Stati Uniti (comprese quelle di Bob Dylan che incontrò a Londra), poi il successo.

Mogol ne parla in un'intervista al Corriere della Sera dove ripercorre proprio quelli che sono stati i suoi inizi di carriera, l'assunzione alla Radio Record Ricordi, la sezione "pop" della casa discografica che si occupava principalmente di musica classica. In pochi anni, però, questo lato diventò primario e Mogol finì per assumere un ruolo sempre più importante, passando dal fare il ragioniere all'autore e talent scout, scoprendo artisti come Giorgio Gaber e Adriano Celentano, ma fu quando si presentò a Lucio Battisti che la sua vita cambio, nonostante siano tantissime le canzoni famose che aveva scritto e avrebbe scritto al di là del suo lavoro col cantante romano.

Mogol racconta questa lunga amicizia cercando anche di sfatare alcuni miti, come quello che voleva Battisti come tirchio. Per smentire questo luogo comune, per esempio, racconta di come rifiutò sia Paul McCartney e il suo staff che volevano produrgli un tour, perché voleva una piena libertà artistica che non gli fu garantita, ma soprattutto di quando Gianni Agnelli gli chiese di tenere un concerto al Regio di Torino: "Offriva due miliardi, eventualmente anche su conto estero. Lucio li rifiutò e rifiutò anche di parlare personalmente con Agnelli, che voleva convincerlo" dice Mogol difendendo l'amico.

Nel 1980 i due si separano, Una giornata uggiosa resta l'ultimo album assieme, poi Battisti avrebbe pubblicato E già e successivamente quelli che sono comunemente definiti gli "album bianchi". Tra di loro non ci sono stati litigi, spiega l'autore ma fu tutto una questione di principio che aveva a che fare con i soldi e in particolare con la ripartizione di quote azionarie per la creazione di una nuova società. Dovevano essere a metà, e Battisti inizialmente accettò prima di fare retromarcia qualche giorno dopo: "Non so se avesse parlato con qualcuno che l’aveva consigliato diversamente" dice, ma spiega di non voler pensare che fosse stata l'influenza della moglie, Grazia Letizia Veronese (con cui ha avuto una causa legata alla gestione della società di edizioni musicali Acqua Azzurra).

Tra le cose di cui ha parlato Mogol c'è anche l'accusa a entrambi di essere fascisti. Per anni Battisti è stato considerato un uomo di destra, ma l'autore spiega: "Chi non era schierato era ritenuto fascista. Il silenzio era considerato assenso" e ricorda che tra coloro che erano stati contestati c'erano anche artisti specchiati sulla questione politica come Francesco De Gregori e Fabrizio de Andrè: "Insinuarono che Lucio finanziasse Ordine Nuovo, e che le braccia alzate nella copertina di La collina dei ciliegi fossero saluti romani, mentre per noi quelle braccia tese al cielo avevano un senso mistico". Per Mogol a Battisti interessava solo la musica mentre lui apparteneva a una cultura socialista e pacifista.

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