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L’esordio letterario di Malika Ayane: “Non mi sento ancora scrittrice, ma neanche un’intrusa”

Malika Ayane ha esordito come scrittrice con la raccolta di racconti Ansia da felicità, pubblicato da Rizzoli.
A cura di Francesco Raiola
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Il primo libro di Malika Ayane prende il nome da una sua canzone del 2015, contenuta in "Naif": si chiama "Ansia da felicità" e a un certo punto faceva così: "Chissà se un giorno passerà
Quest'ansia da felicità, chissà che non torni la voglia di perdersi". L'ansia da felicità attraversa il libro della cantante, a volte con la stessa malinconia, a volte giocando con una bilancia di sensazioni, quelle che attraversano questi racconti che sono intrecciati tra loro e sono caratterizzati da questo stato. Malika Ayane esordisce con un libro che porta con sé, nella scrittura romanzesca, qualcosa di quella musicale, con le metafore a puntellare pensieri e azioni, e una sorta di regia che funziona molto per immagini, anche qua, come sottolinea lei stessa nell'intervista a Fanpage.it, c'entra un po' la musica.

Come si parlano la canzone, Ansia da felicità e il libro omonimo?

Ho scritto un racconto che si chiama Ansia da felicità in cui la protagonista è innamorata, vive una relazione nel momento felice, in cui si limona per strada, indipendentemente da quanti anni si abbia, ed è terrorizzata da questa cosa perché sa che il lieto fine è una cosa che nessuno sa gestire. A quel punto ho pensato che il modo per definire quello stato d'animo l'avessi già trovato e espresso un po' di anni fa in una canzone minore, per quanto le sia molto affezionata, e quindi potesse essere un buon modo per esportare il concetto.

C'è molta esplorazione delle relazioni, si sente che avevi voglia di raccontarle.

Più che raccontare le relazioni, mi interessa come le persone si muovono all'interno delle relazioni, che poi è anche l'ossessione che ho nella scrittura di canzoni: la fotografia della gestione di un momento preciso che a volte viene vissuto con grande panico e ha bisogno di qualcuno con una forte razionalità vicino. Questo dipende anche dal fatto che il mio è un lavoro che si basa molto sul rapporto con gli altri, anche se poi richiede un grande ritiro individuale per elaborare le cose. E anche la vita normale, se si hanno degli affetti, è fatta di aggiornamenti su come si sta all'interno delle proprie relazioni e dei propri stati d'animo e forse è l'unica cosa che conosco bene insieme alle scarpe, ma 190 pagine di scarpe forse erano troppe.

Come nasce questa tua scrittura che lavora molto per immagini?

Mi è stato fatto notare che anche quando lavoro in sala coi musicisti, mi piace tantissimo l'evocazione sia da un punto di vista meramente visivo che da quello sentimentale o sensoriale. In più sicuramente sarò stata molto influenzata da quello che leggo, credo che sia inevitabile, quindi è bello, la scrittura è un mondo straordinario, tutti dovrebbero girare con un taccuino e cercare di raccontare diversamente, con mezzi diversi e stili diversi, le tante cose che ci accadono.

L'idea del libro come nasce, invece?

L'idea del libro nasce in una maniera spontanea: da tempo alcune case editrici mi contattavano per raccontare qualcosa di me, la mia storia, ma ho sempre pensato che prima occorra invecchiare e poi si raccontano le proprie storie, perché è col tempo che diventano divertenti, quando scopriamo cose a cui non diamo peso che nel futuro remoto capiamo essere quelle più interessanti. Poi quando ho provato a scrivere qualcosa non mi pareva così interessante. Quando Rizzoli, invece, mi ha contattato lo scorso autunno, ho pensato che potesse essere l'ultima occasione per essere spinta a farlo, perché non sono una che parte con l'urgenza di fare le cose da sole, a parte i viaggi e così mentre mi esibivo con Cats, passavo molto tempo da sola, nei camerini o nei bar a guardare la gente e ho cominciato a scrivere. È stato facile trovare il tempo e il modo.

Ti senti scrittrice?

Nel momento in cui ho finito il libro e l'ho consegnato ho cominciato a detestare quello che avevo fatto, esattamente come accade con la musica, a ogni rilettura trovavo qualcosa che non andava. Ho imparato di nuovo a volere bene a questo lavoro quando durante le presentazioni, alcune persone che stimo hanno colto delle sfumature, delle sensibilità, che io non mi ero riconosciuta come un merito. Adesso, quindi, mi sento stagista, però ho messo un piede dentro a questo mondo: da totale intrusa mi sento una che può imparare a fare questa cosa con più consapevolezza.

Nascerà qualcosa a livello musicale da questo lavoro?

Probabilmente è già successo, qualcosa è cambiato in quello che si trova nelle canzoni e nei testi, forse meno nella musica, nella musica siamo in uno stato di minestrone, ci sono talmente tante cose diverse che non ho la minima idea di cosa verrà fuori in questo album.

E cosa stai preparando?

Sì, senza scadenza, a un certo punto qualcuno mi darà un calcio e mi dirà che è ora di pubblicare e li comincerà il panico, però c'è del materiale molto bello, è stato un periodo molto interessante. Sono stati due anni in cui sono cambiate talmente tante cose dentro, intorno, in prospettiva, anche nel mondo della musica, che sicuramente ci sarà una trasformazione, ma non so in quale direzione.

Ti muovi in vari campi artistici, com'è muoversi da artista poliedrica e se hai qualcosa che vorresti fare e non sei riuscita a fare.

Potrebbe sembrare molto presuntuoso, però ho iniziato molto presto a fare questo lavoro anche se non ero così giovane quando ho pubblicato il primo disco, ma ero già genitore, avevo una serie di aspetti della vita che potevano anche stridere tra loro. Ho sempre scisso tanto la persona dal personaggio ma man mano che passano gli anni sono più serena. Il fatto di poter portare in giro tutte le Malika possibili, compresa quella televisiva con Pintus, permette di ridurre la distanza tra l'individua e la professionista, anche grazie alla figlia che cresce e le distanze nel mondo che si riducono. Quindi, più porto in giro l'individuo che sono, più è facile stare bene in tutte le cose che faccio e soprattutto si abbatte il rischio di prendersi troppo sul serio. In questo momento mi sento una persona fortunatissima perché alla fine faccio tutto quello che voglio. È bellissimo.

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