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Loredana Bertè: “A Gaza i bambini muoiono di fame e io mi sento una stron*a”

Loredana Bertè dimostra ancora una volta la sua solidarietà al popolo palestinese e lo fa condividendo anche una canzone di 30 anni fa in cui parla di medio oriente e genocidio.
A cura di Redazione Music
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Loredana Bertè in concerto, con la bandiera della Palestina
Loredana Bertè in concerto, con la bandiera della Palestina

Loredana Bertè è una delle artiste che più di tutti, in questi anni, ha tenuto alta l'attenzione su quello che sta succedendo a Gaza e in generale al popolo palestinese. Durante i suoi concerti più volte è stata ripresa avvolta dalla bandiera palestinese e anche il 22 settembre, giorno in cui è stato dichiarato lo sciopero generale per quello che succede ai gazawi, ha continuato a portare la sua solidarietà, non senza dimostrare l'enorme sconforto che ha provato e sta provando per non poter materialmente fare nulla di importante. Bertè, inoltre, aveva anche voluto dare l'in bocca al lupo alla partenza della Global Sumud Flotilla.

Su Instagram, intanto, la cantante ha voluto condividere un pensiero: "A Gaza i bambini muoiono di fame e mangiano la sabbia e io mi sento una vera stronza perché guardo e non posso fare niente, è insopportabile" scrive la cantante che ha voluto accompagnare questa storia con una canzone che non è casuale, ovvero "Rap di fine secolo" che è un brano contenuto nell'album del 1997 "Un pettirosso da combattimento". I versi con cui ha accompagnato la storia su Gaza dicono: "Così non si può proprio andare avanti, cerchiamo almeno di limitare i danni, non stare fermi sulla traiettoria di chi ci vuole cambiare la storia. Guerre e guerre di religione e genocidi di popolazioni, fame, peste e carestia e l'America per polizia".

Dimostrandosi ancora una volta avanti rispetto al panorama musicale italiano (come quando faceva il reggae prima che fosse di moda), Bertè ha ricominciato a cantare questa canzone che è fissa nella setlist dei concerti che ha tenuto in questi mesi. Una canzone scritta quasi 30 anni fa che sembra parlare ancora oggi, non solo perché ormai il rap è diventato il genere di punta per la musica italiana, almeno a livello di numeri, ma anche per quello che raccontava e ancora oggi racconta quella canzone. Il genocidio a cui faceva riferimento Bertè era quello di Srebenica, ma la cantante lo replica per ciò che avviene a Gaza (Bertè canta anche "La libertà è pericolosa, basta leggere la storia, perché non è cambiato proprio niente, dal Medioevo al Medio Oriente"), e testimonia come il mondo, in fondo, continui a vivere nei suoi stessi difetti (come raccontano le parole sull'America).

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