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Frah Quintale: “Mi stavo perdendo, avevo paura di sbagliare. Oggi mi sento solido, senza sindrome dell’impostore”

Si chiama Amor proprio l’ultimo album di Frah Quintale che a Fanpage ha parlato della sua cassetta degli attrezzi, di come è cresciuto in questi anni e ha gestito il successo.
A cura di Francesco Raiola
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Frah Quintale a Fanpage – ph Francesco Galgano
Frah Quintale a Fanpage – ph Francesco Galgano

C'è un'enorme quadro con una cassetta degli attrezzi che fa da sfondo alla copertina del nuovo album di Frah Quintale. Ed era impossibile che quel quadro non diventasse una metafora del suo nuovo album, Amor proprio, che arriva a 3 anni dal precedente Banzai e a due da Lovebars, joint album assieme a Coez. Seduto a pochi passi dalla vista sul Golfo di Napoli, Francesco Servidei – vero nome del cantautore bresciano di Missili, Gli occhi e 7 miliardi di persone, tra le altre – ci racconta in che modo nasce questo enorme quadro e come si è ritrovato sulla copertina di questo nuovo lavoro che racconta un nuovo pezzo della vita di Frah, un periodo in cui la solitudine gli è servita per rimettersi in contatto con sé e con gli altri: "equilibrio" è forse la parola che cerca di fare da filo conduttore sia per quanto riguarda quest'album che la sua carriera, un equilibrio, talvolta precario, tra l'essere pop – e rispondere all'enorme successo ottenuto in questi anni – e mantenere un'attitudine indie, nella sua accezione di libertà di ricerca e sperimentazione. Lo spiega meglio nell'intervista che potete leggere su Fanpage.

Il quadro nella copertina di Amor proprio è una cassetta degli attrezzi, la prima cosa che mi viene in mente è il do it yourself? Come si è formato Frah Quintale?

Io ho questa attitudine a essere un po' artigianale, fin da quando ho costruito la testona di Regardez moi, il mio disco d'esordio, oltre ad aver curato le mie copertine, montato video,fatto gli script di altri video. Questa cosa del do it yourself, è sempre stata una mia componente, semplicemente in questo disco l'ho messo un po' più in primo piano perché mi sembrava il momento giusto di farla uscire.

Perché la cassetta degli attrezzi?

È una cosa partita in parallelo al disco, inizialmente non era stata pensata, poi ho cominciato a dipingere questo quadro per metterlo in casa e più andavo avanti con la scrittura più trovavo delle analogie con i temi trattati nel disco.

Tipo?

Quelli della crescita personale, del mettere a posto delle cose, a cui si è aggiunta la cassetta, così alla fine del ciclo ho chiuso questo cerchio: ho finito il disco e contemporaneamente ho finito il quadro che ho deciso di usare come copertina.

Come si è costruito Frah Quintale negli anni?

È stato un processo molto naturale, senza mai troppe forzature. Ho sempre cercato di fare quello che sentivo e mi veniva spontaneo, ho evitato di fare cose che non mi facessero star bene, sono sempre stato molto selezionatore, ho cercato di dire i no giusti e i sì che mi facevano stare bene.

Mai pentito?

No, assolutamente.

Neanche di Sanremo?

Anche lì, non ero straconvinto di andare, perché pensavo non fosse il mio territorio, però mi si è presentata l'occasione con Joan Thiele che sapevo avrebbe fatto bene oltre a essere un'artista a cui sono molto legato. Nel momento in cui mi è arrivata la proposta, mi mi sono sentito pronto per farla e me la sono vissuta molto bene, mi sono divertito, ovviamente andare in gara è diverso.

Il successo come cambia i rapporti?

Bisogna imparare a selezionare, a leggere meglio le persone e anche se stessi e chi si ha vicino. Io ho la fortuna di avere a fianco persone con cui ho sempre lavorato: il mio manager lo conosco da quando ho 16 anni, anche il mio gruppo di amici principali è rimasto sempre quello. Non dico no a nuove amicizie, però sento che le persone che ho vicino lo sono anche a livello umano.

Quali sono stati gli attrezzi materiali usati maggiormente per l'album?

La prima cosa che mi viene in mente sono gli strumenti musicali, perché a differenza degli album precedenti c'è molta meno musica elettronica. Le sessioni si sono sviluppate diversamente dai vecchi lavori in studio one to one con il produttore, ho cercato di lavorare più con la band, abbiamo fatto delle sessioni in giro, siamo stati in studio in più persone, c'è molta organicità anche in questo.

E quelli emotivi, invece?

Secondo me c'è tanto tanto silenzio, mi sono preso i miei spazi, i miei tempi per passare del tempo da solo, riflettere su di me e su alcune cose che sono successe attorno a me in questi anni. Questa cosa dell'amor proprio sembra una cosa egoistica, invece non è così, o meglio: sebbene l'egoismo sembrai una cosa a discapito degli altri, secondo me l'amor proprio è più un lavoro che fai su te stesso per poi riuscire a stare bene con gli altri.

Quando hai percepito che l'idea del disco cominciava a essere qualcosa di compiuto?

È stato nel 2024 durante un viaggio d'estate in Sicilia fatto in auto con un amico. In questi anni avevo messo da parte svariati pezzi, pensa che la mia strofa in 1 ora d'aria, 1 ora d'ansia con Tony Boy l'ho scritta nel 2021. Il disco ha una gestazione lunga, ci sono stati tanti episodi, tante sessioni, poi in mezzo c'è stato Lovebars con Coez, e prima ancora un momento in cui mi sentivo come se non sapessi dove stavo andando e non sapevo che tipo di disco volevo fare, che brani avevo in mano. Avevo una manciata di cose, però ero un po' stanco di confezionare i dischi lavorando traccia dopo traccia per poi mettere insieme tutto e farlo uscire sotto uno stesso titolo. Alla fine c'è stato un momento in cui mi sono sentito un po' perso, è arrivato Lovebars, mi sono distaccato da tutta quella che era la roba del mio disco e durante questo viaggio ho fatto sentire a questo amico un po' di tracce che non sentivo da un pezzo e ho cominciato a trovare delle congiunzioni tra un pezzo e l'altro, quindi arrivato a settembre ho rimesso tutto insieme e cercato un filo logico a tutto.

Quando dici che non sapevi dove stavi andando cosa intendevi?

Non sapevo bene a che punto della mia carriera fossi, venivo da un disco, il primo, che mi ha lanciato, e altri due in cui ho sperimentato, poi ho fatto un EP e a quel punto non sapevo bene dove stessi andando.

A livello musicale o personale?

Entrambe le cose, a livello personale mi ero lasciato con la mia ex, mentre a livello di carriera non sapevo in che campionato stessi giocando, se il mio progetto era una cosa che aveva ancora senso oppure se stava finendo, ero un po' confuso. Facendo un paragone con la pittura credo che fossi troppo vicino al foglio, se non ti ci allontani per vedere il quadro al completo fai un po' fatica. A volte è più importante staccare che lavorare, devi sapere quando è il momento giusto per prenderti una pausa, per non pensare a quello che stai producendo, così quando torni hai le idee più chiare.

È interessante quando dici che non sapevi che campionato giocavi, perché eri un indie abbastanza grande da essere un fenomeno nazionale, ma non così grande da fare gli stadi…

Potevo scegliere se aprire tutto e andare a fare il pop, oppure restare in qualcosa di più comfort che però non dava molta aria al progetto, anzi a volte rischiava addirittura di affossarlo. Stare appresso a cose troppo chiuse, di ricerca, talvolta ti toglie un po' di respiro. Io ho sempre cercato di trovare il giusto equilibrio, perché voglio fare una cosa per me che però sia accessibile anche agli altri, così da raccontargli quello che vedo io del mondo, e per farlo non puoi chiuderti nella tua stanzetta.

E come l'hai trovato l'equilibrio in Amor proprio?

Secondo me quello che arriva in questi primi giorni è il fatto che parlo di me in maniera semplice, senza entrare nella canzone complicata, nella complessità della struttura della canzone: strofe e ritornelli si alternano in maniera armoniosa.

Cosa sei riuscito a fare con l'età che prima non pensavi di poter fare? 

Un po' di selezione.

In che senso?

Prima pensavo che forse bisognasse accontentare un certo pubblico, avevo paura di fare una cosa sbagliata o che non piacesse agli altri, invece con l'età, facendo tanti concerti, avendo 10 anni di carriera solista alle spalle, ho sentito di potermi permettere di dire che si può anche sbagliare. Ormai mi sento uno di quelli che ha una carriera consolidata, ho il mio zoccolo duro di pubblico, sento di aver toccato un punto in cui mi sento sicuro, non ho troppo da perdere, ovviamente sempre cercando di mantenere quell'equilibrio e di non chiudersi nella propria bolla. Sono arrivato a un punto in cui il pubblico più giovane può vedere magari in me anche un po' una guida.

Ti piace ancora il mondo musicale? 

Sono uno che non bazzica troppo questo mondo, ho la mia cerchia di amici, non mi piacciono molto le mode, questo bisogno di inseguire i trend, io sono sempre stato un po' agli antipodi, per attitudine.

Parliamo un po' dei live?

Facciamo questi palazzetti nel 2026, sono sei date e sono contento perché l'anno prossimo sono 10 anni dall'inizio della mia carriera solista, perché il primo pezzo da Frah Quintale è stato pubblicato nel 2016 e sono contento anche di aver già avuto la possibilità di fare questa esperienza dei palazzetti con Lovebars, quindi so già più o meno cosa mi aspetta.

Come è stato il passaggio ai palazzetti?

Tranquillo, anche perché ero accompagnato da Silvano (Coez, ndr) che veniva già da quella cosa lì, ha fatto da fratello maggiore. Poi avevamo una crew fantastica, con musicisti bravissimi e sarà altrettanto quest'anno.

Come cambia la scaletta?

Devi cercare di trovare l'equilibrio giusto. A me piacerebbe fare una scaletta diversa a ogni show, riuscire anche portare ospiti diversi e trovare degli spazi dedicati a loro, fare canzoni non solo del mio repertorio, ma anche pezzi miei nei dischi di altri. Sono contento anche per le tempistiche, perché in un mondo in cui uno esce nel 2025 e l'anno dopo fa palazzetti e stadi, passando da perfetto sconosciuto a fenomeno del momento, io sono arrivato ai palazzetti dopo 10 anni, con un processo molto naturale.

Ti senti pronto.

Esatto, sarà molto naturale il mio stare sul palco, mi sento a mio agio. Sono contento di aver sempre vissuto la musica con gli step giusti e di non essere arrivato a sentire la sindrome dell'impostore, se sono lì a fare quella roba è perché me lo sono guadagnato.

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