Davide Petrella: “Faccio Tropico come voglio, ho conquistato questa libertà scrivendo hit per altri”

Fino a qualche anno fa, nostro malgrado, scrivere di Davide Petrella, in arte Tropico, portava sempre al rischio di mettere davanti la sua importante carriera d'autore, quella che gli ha regalato un vagone di dischi di platino, Sanremi e premi vari. Che sia uno dei più importanti autori della musica italiana di sempre, non ci sono dubbi, eppure la vita artistica di Petrella era nata sul palco, come cantante di quelle Strisce amatissime dalla tv ma che non riuscirono a sfondare definitivamente. Petrella non aveva ancora trovato il centro, quello, insomma, che ha trovato negli ultimi anni con il progetto Tropico che lo ha definitivamente liberato dalle maglie strette dell'essere l'autore di, ma ampliando le strade, senza rinnegare nulla, ma togliendosi soddisfazioni anche da frontman, riuscendo, con la sua penna a regalare la popolarità anche a se stesso. Una popolarità che sa di impegno e fatica, ma proprio per questo – ci auguriamo – destinata a rimanere. Non esiste amore a Napoli prima e Chiamami quando la magia finisce sono i due album a cui si deve questo cambiamento, che è continuato con l'ultimo singolo Perché mi sono innamorato di te e sicuramente proseguirà con il prossimo singolo, Si nun me vuò bene cchiù, in uscita venerdì 6 luglio e che nel video ha come protagonista l'attore e scrittore Peppe Lanzetta, protagonista in film come L’uomo in più, Spectre e Parthenope di Paolo Sorrentino.
Partiamo da Marracash e da quel "Ti ricordo, bimbo, chi saresti con ‘sta sberla, senza Sanremo, senza l'estivo, senza Petrella". Ricordi quando l’hai sentito per la prima volta?
Non conoscevo la frase precisa, ma Fabio mi aveva anticipato qualcosa, è stato troppo generoso a riconoscermi questo status. Sai, c'è talmente tanta musica in Italia che sarebbe riduttivo ridurla a Sanremo, all'estate, a me o ad altre situazioni circoscritte.
Come nasce Perché mi sono innamorato di te, un pezzo molto cinematografico con quegli archi all'inizio e come mai hai voluto dare il la al progetto con questa canzone?
È una cosa che non avevo mai fatto, mi piaceva la sensazione di iniziare il percorso verso un nuovo disco in una maniera diversa, cinematografica, appunto. Ho lavorato a questa canzone con Rosario D-Ross e Sarah Startuffo, partendo proprio dagli archi. È insolito, per quanto mi riguarda, cominciare a scrivere una canzone da un motivo d'archi, quindi essendo nata diversa in partenza ha sempre avuto un occhio di riguardo da parte di tutto il team. È il motivo per cui quando è stato il momento di dover scegliere con cosa cominciare abbiamo scelto questa che era diversa e nonostante ciò le radio hanno risposto in una maniera gigante per me.
Negli ultimi anni, però, i tuoi singoli stanno andando costantemente in radio, no? Dici che è una sorpresa per come è costruito il pezzo?
Un po' per la natura del brano, per la sua struttura e il tipo di sound che porta. Poi è vero, non so cosa stia succedendo, ma le radio a un certo punto hanno cominciato a suonarci, però ci abbiamo messo tempo a farci aprire le porte. Oggi, invece, quando presentiamo le canzoni si aspettano che gli arrivi qualcosa di qualità, quindi è un ottimo passo in avanti.
Citiamo sempre il peso di Petrella nelle canzoni degli altri, ma qual è l'importanza di D-Ross e Startuffo nelle tue canzoni?
Loro sono proprio parte della famiglia. Poi ci sono tante altre persone, dietro al mio progetto, oltre a Rosario e Sara, mi piace citare Vittoria Piscitelli che fa le grafiche, Mirko Salcia che fa i video, i ragazzi di Suoni Visioni Management, ma ti potrei fare un elenco lunghissimo. Adesso è arrivata Island, l'etichetta con cui stiamo lavorando a questo nuovo disco, e con cui mi sto trovando benissimo. C'è un team gigantesco dietro a un progetto come il mio, anche perché sono veramente molto esigente.
Com'è stata l'uscita di questo singolo col cambio di etichetta?
È stato molto naturale perché con Federico Cirillo (presidente di Island, ndr) abbiamo fatto il primo disco, Non esiste amore a Napoli, quindi neanche mi sono accorto di questo cambio, anche perché, come detto, c'è un grande team dietro al progetto.
Perché mi sono innamorato di te cita Tenco, quanto contano i giganti e quali sono quelli che ti ispirano?
Tutti i grossi cantatori italiani sono un bel punto di riferimento e se vogliamo considerare la musica come una gara voglio farla con quelli: da Dalla a Tenco, Battisti, Pino Daniele, sono cresciuto con quella roba lì e credo che tutt'ora sia la migliore produzione musicale che è stata fatta in Italia, quindi l'obiettivo del Davide ragazzino è quello di provare a giocare quel campionato lì.
Cosa puoi dirci del prossimo album?
Sono entrato nella fase peggiore, cioè questi sono i mesi più croccanti della scrittura di questo disco, perché sono quelli in cui bisogna tagliare un po' di teste, un po' di canzoni purtroppo non ce la faranno, non entreranno nel disco e comunque cominci ad affezionarti un po' a tutte. È il periodo in cui bisogna fare delle scelte importanti, c'è ancora tempo per scrivere, per come sono fatto io fino all'ultimo giorno, quasi, ho sempre il dubbio, finché c'ho tempo scrivo però cominciamo a entrare nella fase in cui bisogna stringere.
Questo primo singolo cosa rappresenta?
Il primo singolo ha la sua personalità, ma il disco ha diverse sfaccettature. Sicuramente faremo uscire qualche altra canzone prima della pubblicazione, anzi sono molto curioso e terrorizzato come sempre quando faccio uscire una canzone. Anzi, credo che quando non avrò quel sano terrore prima dell'uscita vorrà dire che non me ne fregherà più niente, a quel punto piuttosto mi fermo.
Non esiste amore a Napoli è sicuramente una canzone cardine della tua discografia, però l'impressione è che Chiamami quando la magia finisce sia il turning point nella vita di Tropico.
Ci sono artisti che nascono già pronti per il mercato, si trovano in musica da subito, io non sono nato a fuoco, ho dovuto trovare il punto in cui facevo la differenza e l'ho trovato con Tropico, quindi saranno circa 4 anni.
E come l'hai capito?
Grazie alla gente che ha riempito i concerti, a quel punto ho detto: "Ok, qua posso fare bene, capiamo un attimo dove siamo" e abbiamo cominciato a lavorare in quella direzione. Chiamami quando la magia finisce, rispetto a Non esiste amore a Napoli, il disco, ha aperto un po' di porta in più e ci aspettiamo che il prossimo che arriverà ne aprirà qualcun'altra. Nel mio caso io sono abbastanza un unicum, perché non credo di ricordare tanti artisti con la doppia vita come la mia, che hanno sia la una carriera autorale per altri che un progetto che prova a scardinare delle porte. È una bella sfida, come scalare l'Everest.
Che sfida è?
Devo continuamente spiegare che faccio l'artista da quando ero bambino, poi l'autore è successo dopo, ma io sono un artista, scrivere le canzoni per altri è una delle cose più belle che ho nella vita, ma chiaramente le due cose vanno di pari passo. Mi importa scrivere canzoni, in generale, quindi tengo al mio progetto come la cosa più importante. Spesso gli addetti ai lavori non hanno né la pazienza, né la preparazione di sapere come si muove la musica, quindi rischiano di non ascoltarti, ma fortunatamente, nel mio caso, è partita la gente. Una volta che la gente ti riempie i posti non puoi più dirmi che sono solo l'autore. Dico grazie alle persone che ci stanno dando la possibilità di far capire a chi è poco attento che Tropico è un progetto che ha le spalle larghe.
Hai parlato di fuoco, prima: cosa ti ha fatto capire che Tropico era il progetto giusto, visto che non c'era ancora la gente che c'è adesso?
Assolutamente non lo sapevo, come tutte le volte che ho fatto musica è stato un salto nel vuoto: io scrivo per esigenza, non perché credo che quel progetto, quel disco, quella canzone vadano sicuramente a colpire bene. Poi, ripeto, grazie a chi c'è ha dato la possibilità di fare dischi e concerti belli e pieni, ho capito che il lavoro che era stato fatto precedentemente aveva portato a questo tipo di progetto, e lì ho detto: "Ok, ingraniamo la marcia e vediamo che dobbiamo fare". Non saprei fare altro, sono proprio nato per scrivere canzoni, lo faccio da quando sono bambino, è la mia storia, so dove voglio arrivare, spero di riuscire ad arrivare,
E se non ci riuscirai?
Se non ci riuscirò sarò stato felice di essermi goduto il viaggio.
Esiste un po' di pregiudizio verso le canzoni di successo e chi le scrive?
Non sono uno che scende molto nei dettagli delle opinioni degli addetti ai lavori, però non credo che ci sia una vera critica musicale in Italia, ed è una cosa che mi manca sia da musicista che da ascoltatore di musica, perché vorrei essere guidato. Nel mio caso, per esempio, si parla di autore di hit, quasi bollandole come una cosa negativa.
Invece?
Invece ci sono hit e hit, ci sono quelle che devono avere un linguaggio leggero o meno leggero, alcune devono essere più crude, altre meno. Capita spesso che quando faccio delle interviste mi facciano parlare di canzoni che hanno fatto, a livello cantautorale e autorale in Italia, la storia di questo periodo. Però da solo e insieme ad altri splendidi artisti e produttori ho scritto delle canzoni che sono perle, ma quando ti ritrovi a parlare con gli addetti ai lavori si riduce tutto alla canzone che è stato un grande successo commerciale: ci sono successi commerciali nobili, successi commerciali meno nobili, ma non vuol dire che queste ultime valgano di meno artisticamente, in generale, però la musica è della gente, decidono loro.
Quindi?
Quindi c'è bisogno di canzoni profonde, poetiche che ti fanno riflettere, di canzoni che ti fanno stare incazzato col mondo perché hai bisogno di quella roba lì. Non credo sia una questione solo di giusto e sbagliato, cerco di lasciar decidere alle persone. Io sono curioso, mi diverte molto lavorare con tutti i generi di musica. Anzi, più sono diversi da quello che sono io, più mi gasa trovare una chiave di lettura diversa per arrivare a nuova gente. La musica sta in giro per tutti, non credo che ci sia qualcuno che si possa arrogare il diritto di dire qual è la musica buona, qual è la musica cattiva, non rompete il cazzo, ascoltate quello che vi piace, va bene così.
Anche il concerto a Piazza del Plebiscito credo sia stato un momento di cambiamento importante, no? Tu sei uno di quelli che preferisce fare pochi progetti fatti per bene, piuttosto che tour lunghissimi.
Sì, al momento penso che il progetto Tropico abbia senso in questo tipo di dimensione, mi piace vedere ancora la musica per dischi e per tour, quindi voglio che quando esce il disco ci sia un tour dedicato che chiaramente non sarebbe lo stesso se ripetuto per 60 date. Su una decina di date riesco a mantenere il sogno di quello che voglio raccontare, sperando di riuscire a portarlo anche a chi viene a sentirci ai concerti.
Escludi che possa cambiare questa cosa?
No, magari verrà un momento in cui suoneremo di più, ma cercherò sempre di mantenere la mia visione pure quando si suonerà di più.
Niente never ending tour, quindi.
No, non sono un grande fan dei tour infiniti, penso che andarsi a vedere il concerto di un artista speciale debba essere un momento iconico.
Qual è il più grande sfizio che ti sei tolto grazie a queste canzoni?
Il più grande sfizio è poter fare Tropico in maniera libera. Se non avessi la mia carriera autorale che mi mi tutela e mi permette di fare delle cose al di sopra dei budget che il mio progetto si potrebbe permettere, probabilmente non farei le cose così. Noi siamo veramente belli matti quando usciamo con Tropico, dai release party, alle esperienze che facciamo per i fan, i video: ci piace fare le cose in un certo modo, ma questo richiede spese importanti. Il grande regalo che mi ha fatto la mia carriera autorale è stato quello di permettermi di fare Tropico come se fossi un artista già più solido, più grosso.
Coi tuoi fan hai proprio degli appuntamenti fissi, penso alla selezione che fai per il lancio del disco, per esempio.
Per me è proprio importante, sono molto riconoscente a chi mi ha trovato in una fase in cui è difficile trovare degli artisti al di fuori di certi canali. Io non sono uno che fa più di tanta televisione, non sono quasi mai sui social, cerchiamo di non fare cazzate, se ti se ti dicessi quante cose abbiamo rifiutato di fare mi picchieresti probabilmente, quindi è importante che chi mi ha trovato si senta parte del progetto, perché ne fa parte a tutti gli effetti. Per questo cerchiamo di coinvolgere un po' di persone – senza che spendano un euro – per ogni appuntamento, per ogni disco, per ogni tour.
Dicevi che ti sei rifiutato di fare cose importanti, tipo?
Te lo dico a telecamere spente (ride, ndr)
Scherzi a parte, una delle conquiste più grandi, quindi, è stata la possibilità di dire no senza sensi di colpa?
Sì, è importante, ma non dico no perché sono snob, anzi non lo sono per niente sulla musica, sono super aperto, ma credo che proprio perché ho trovato chi ero in musica solo dopo una trafila lunghissima so dove posso fare bene e dove magari non mi divertirei o farei male, quindi non mi ci metto. Voglio che Tropico sia fatto in un certo modo e che mantenga quella magia che stiamo riuscendo a mantenere fino a qui.