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Con Play Ed Sheeran guarda all’India e cerca i colori dopo il periodo più buio della sua vita

Play è il nuovo album di Ed Sheeran, il primo dopo quelli matematici che lo hanno reso una popstar mondiale. Oggi il eriodo buio è alle spalle e l’India più vicina: come cambia lo sguardo del cantante senza perdere le coordinate che lo hanno reso una star.
A cura di Francesco Raiola
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Ed Sheeran
Ed Sheeran

Niente di buono verrà dal rimpianto, canta Ed Sheeran in Old Phone, uno dei singoli che hanno lanciato il suo nuovo album Play, uscito il 12 settembre, che dopo gli album matematici apre a una nuova serie. Nessun rimpianto, nessun rimorso, quindi, per il ritorno di uno degli artisti più importanti e segnanti del pop contemporaneo, colui che, da solo con una chitarra riesce a riempire un intero palco dei più grandi stadi e arene del mondo. Colui che è consapevole del proprio ruolo, di come sia un modello per tantissimi giovani artisti ma non li teme, crede che ci sia spazio per tutti. E i suoi primi singoli hanno confermato numeri enormi, seppur non stratosferici, ma che gli hanno permesso di aprire nuove porte.

Come hanno dimostrato Azizam e Sapphire nei mesi scorsi, il cantautore inglese ha lavorato molto con le sonorità indiane, come ha più volte spiegato, cercando di anticipare una nuova tendenza dopo quella latina e coreana, scegliendo il mood di un mercato enorme e collaborando con artisti locali. La ricerca di suoni diversi è una costante nel lavoro di Sheeran che ha costruito una carriera che gli permette anche di poter provare strade nuove senza il rischio di schiantarsi e riuscendo comunque a mantenere standard riconoscibili dal suo pubblico, come dimostrano le due canzoni citate.

Play, una risposta a un periodo buio

"Play è stato un album realizzato come risposta diretta al periodo più buio della mia vita. Uscito da tutto ciò, volevo solo creare gioia e technicolor ed esplorare le culture dei paesi in cui ero in tour" ha detto il cantante che ha fittato un resort sulla spiaggia di Goa, in India, trasformando quattro ville in altrettanti studi ognuna con un compito specifico e attorniandosi di strumenti locali, come ha spiegato lui stesso, raccontando della volontà di ritrovare le radici che legano la cultura folk irlandese a quella indiana e persiana e cercando di metterci tutto quello che ha imparato in questi anni.

Sia chiaro, Ed Sheeran non è impazzito, l'album è zeppo di versi e suoni riconoscibili, soprattutto nelle ballads, nella sua capacità di trovare soluzioni voce e chitarra in grado di parlare al cuore, così come non abbandona alcuni temi esplorati nel recente passato, come quello della perdita, dell'essere uno normale che ce l'ha fatta (senza risparmiare una frecciata alla stampa), dell'amore per sua moglie. E in Opening, la canzone che apre l'album ci mette un po' tutto se stesso, si comincia con una sorta di ballad in cui Sheeran racconta di aver "amato, perso, temuto e pregato, ma ora il giorno esplode selvaggio (…) Ho trascorso settimane dentro la gabbia più buia e aperto". E quando pensi che la canzone continui così, invece, cambia completamente rgistro e Sheeran fa una delle cose che più ama fare: rappare.

Le canzoni dedicate alla moglie Cherry

E la canzone cambia registro, Sheeran dice "Never been cool, but never been a has-been" ("Non sono mai stato figo, ma non sono mai stato un fallito") e fa anche un po' di egotrip quando rappa "Two of them tried but I won both cases" ("Due di loro ci hanno provato ma ho vinto entrambe le cause"), facendo riferimento alle cause di plagio vinte per "Shape Of You" e "Thinking Out Loud". Non mancano le canzoni d'amore, dedicate alla moglie Cherry (e forse fa da contraltare alla hit che fu Photograph): "You should see the way the stars Illuminate your stunning silhouette. You're glowing in the dark I had to count to ten and take a breath" canta Sheeran facendo il paio con The Vow, altra canzone d'amore dedicata alla moglie.

Una canzone che riprende il loro primo incontro, quando andavano a scuola insieme, prima di reincontrarsi dieci anni fa e sposarsi pochi anni dopo: "When we met, we were scared, we were lost, we were young On the edge, on the brink, on the run But the moment my eyes met your gaze It's like a door opened up on that day" ("Quando ci siamo incontrati, eravamo spaventati, eravamo persi, eravamo giovani, al limite, sull'orlo, in fuga ma nel momento in cui i miei occhi hanno incontrato il tuo sguardo è come se una porta si fosse aperta quel giorno"). Questo di Sheeran è un altro tassella aggiunto a una carriera enorme, che è riuscito a costruire partendo da un concerto di Damien Rice e arrivando a conquistare il mondo, anche se resta l'amaro in bocca.

I problemi con l'industria discografica

Nessun rimpianto, però qualche sassolino dalla scarpa il cantautore se lo leva. In un'intervista a Zane Lowe, infatti, racconta perché, secondo lui, alcuni dei suoi album più amati e venduti non siano stati degni di vincere un Grammy Awards: "Perché l'industria musicale è un enorme parco giochi scolastico, e ci sono i ragazzi fighi e i ragazzi non fighi e io sono sempre stato dall'altra parte. Sono sempre stato dalla parte non figa". Ma se pensa al futuro e all'impatto che potrà avere quest'album, il cantautore punta più che sulle ballads sul potere di canzoni come Azizam e Sapphire, ovvero sulla contaminazione che caratterizza questo suo nuovo lavoro, il primo di una serie che, come ha spiegato, terminerà con "Eject" l'album postumo che ha già messo nel testamento e che sarà composto dalla moglie che sceglierà una serie di canzoni già scritte. Sic. La versione di Sheeran del pensare oltre. Un po' troppo.

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