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Giovanni Piranesi, l’oscuro artista del Settecento che con le sue vedute di Roma ispirò Escher

La sua fama è legata soprattutto alle vedute di Roma e alle sue inquietanti rappresentazioni della città eterna: Giovanni Piranesi fu il primo ad immaginare il moderno concetto di “carcere”, inteso come labirinto mentale dal quale sembra impossibile uscire, che tanto influenzò artisti del calibro di Huxley ed Escher. Ma chi era davvero questo oscuro e misterioso personaggio?
A cura di Federica D'Alfonso
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Una delle tavole delle Carceri di Giovanni Piranesi (1745-1750).
Una delle tavole delle Carceri di Giovanni Piranesi (1745-1750).

Opere a metà fra incubo e realtà, costruzioni labirintiche ed inquietanti, architetture grandiose ma costruttivamente impossibili da realizzare: non stiamo parlando di qualche artista surrealista o contemporaneo, bensì di un intellettuale che visse ed operò nel Settecento. Si tratta di Giovanni Piranesi, veneto d’origine ma romano d’adozione, che con le sue opere visionarie ha influenzato artisti del calibro di Huxley e Escher. E fu proprio a partire da Roma e dalle sue suggestioni archeologiche che Piranesi inventò letteralmente un mondo nuovo: un mondo angosciante e terribile, un vero e proprio carcere della ragione.

Il genio che ispirò Huxley, Yourcenar ed Escher

La Via Appia immaginata da Giovanni Piranesi nelle sue "Vedute di Roma", Veneranda Biblioteca Ambrosiana, Milano.
La Via Appia immaginata da Giovanni Piranesi nelle sue "Vedute di Roma", Veneranda Biblioteca Ambrosiana, Milano.

“Ha immaginato scene impensabili perfino nelle Indie. Costruisce palazzi sopra ponti, templi sui palazzi, scala il cielo con montagne di edifici”: in questo modo Horace Walpole, uno dei suoi più ferventi ammiratori, descrisse l’opera di Piranesi. Walpole rimase talmente colpito dalle vedute e dalle Carceri dell’incisore veneto che lo considerò una fonte primaria per immaginare il suo romanzo più famoso, “Il castello di Otranto”. Non è un caso che Piranesi diverrà famoso soprattutto durante il Romanticismo, collezionando una serie di ammiratori d’eccezione come Coleridge e Thomas de Quincey, e oltrepassando i confini di questa stagione culturale per giungere fino a Victor Hugo, Charles Baudelaire, Aldous Huxley e Marguerite Yourcenar, la quale rimase talmente affascinata dalle sue tavole da dedicargli una bellissima biografia. Nel Novecento Piranesi continuò ad essere presente, sia nel Surrealismo ma soprattutto nell'opera di Maurits Escher che, proprio dalle sue Carceri, trasse ispirazione per numerose delle sue vedute impossibili.

Ma chi era questo controverso ed inquietante artista? Giovanni Piranesi nasce a Mogliano Veneto nel 1720, e a soli vent'anni si trasferisce a Roma, affascinato dagli studi sull'antichità romana e da quella città che già allora era percepita come centro nevralgico di tutta la cultura occidentale. Dopo anni passati a studiare le “parlanti ruine” dei Fori Imperiali e i maggiori architetti e artisti del tempo, come Luigi Vanvitelli, Giovan Battista Tiepolo e il Canaletto, a metà del secolo Piranesi sceglie di stabilirsi definitivamente a Roma, dove apre la propria bottega a via del Corso, di fronte all'Accademia di Francia.

Le vedute di Roma, fra archeologia e fantasia

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Fu proprio in questo periodo, quando la sua fama come incisore aveva già iniziato ad oltrepassare i confini della Città Eterna, che papa Clemente XIII lo incaricò di alcuni importantissimi studi e restauri: fra questi, quelli del Pantheon e quelli della basilica di San Giovanni in Laterano. La sua impronta più importante Piranesi la lasciò però sulla chiesa di Santa Maria del Priorato: il risultato del suo intervento sul piccolo tempio fu una strana commistione di austerità e ricchezza, che ancora oggi è visibile sulle volte imbiancate della chiesa del rione Ripa.

Ma il rapporto più intenso e produttivo con Roma fu quello che diede origine alle sue bellissime Vedute di Roma: una grande raccolta di tavole raffiguranti le rovine classiche dell’Urbe raffigurate con uno stile del tutto nuovo e a tratti controverso. Piranesi era infatti un convinto sostenitore della superiorità dell’arte romana su quella greca: tale superiorità venne immortalata anche nelle sue tavole, caratterizzate da paesaggi al limite del fantastico, dove l’architettura e lo stile romano vengono potenziati e dotati di nuova forza e fascino.

Le carceri: il labirinto della ragione e il panoptismo

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La città di Roma, con le sue architetture senza tempo, fu la principale fonte d’ispirazione per un’altra delle sue opere più famose: le Carceri. Si tratta di una serie di sedici tavole, realizzate fra il 1745 e il 1750, in cui Piranesi esaspera il concetto di “architettura” fino ad immaginare luoghi e scenari razionalmente impossibili e decisamente inquietanti. Le vedute romane si trasformano in paesaggi onirici, dai tratti oscuri, che visti nel loro insieme non possono non far pensare ai labirintici disegni di Escher: la peculiarità di questa opera è che non si tratta di paesaggi comuni, bensì di vere e proprie “carceri”.

Sembra quasi di trovarsi di fronte ad una versione illustrata dei romanzi di Aldous Huxley: e in effetti lo scrittore inglese doveva ben conoscere queste tavole del Piranesi, in cui la razionalità architettonica si trasforma in incubo, dando origine a quei canoni rappresentativi che molto influenzeranno i teorici del panoptismo.

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