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25 anni fa Rudolf Nureyev muore per Aids: “La danza è il mio destino”

Il 6 gennaio del 1993 ci lascia il più grande ballerino di tutti i tempi all’età di 55 anni a causa delle complicazioni dovute all’Aids in un ospedale nei pressi di Parigi. Breve storia di Rudolf Nureyev, il ballerino che lasciò l’Urss e cambiò la danza.
A cura di Redazione Cultura
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Il 6 gennaio del 1993, 25 anni fa, il più grande ballerino di tutti i tempi muore all'età di 55 anni a causa delle complicazioni dovute al virus dell'Hiv, sviluppatosi in Aids, in un ospedale nei pressi di Parigi. Da trent'anni ormai Rudolf Nureyev viveva in Occidente, girando il mondo in lungo e in largo, mietendo successi, scandali e relazioni da quando aveva abbandonato l'Unione Sovietica. Era nato su un treno a Irkutsk, durante il viaggio che sua madre aveva intrapreso verso Vladivostok, dove si trovava suo padre, un commissario politico dell’Armata Rossa. Era il 17 marzo 1938. Successivamente Rudolf trascorse l’infanzia in Unione Sovietica, più precisamente in Baschiria, mentre infuriavano le purghe volute da Stalin. Entrò per la prima volta in una scuola di danza solo nel 1955, a 17 anni, e subito fu riconosciuto come un ballerino di grande talento. Da allora, una carriera inarrestabile. Divenne primo ballerino del Kirov di Leningrado, un mito.

La fuga dall'Urss

Nel 1961, dopo un tour con il Kirov in Francia, decise di abbandonare la compagnia. All’aeroporto di Parigi, messo sotto pressione degli agenti del Kgb, decise che lui a Londra non ci sarebbe andato. E nemmeno sarebbe tornato in Urss. È stato il primo danzatore dell’epoca sovietica a scegliere l’Occidente. Divenne un un simbolo che l'Occidente usò nella sua campagna contro il comunismo, in realtà la sua fu più una scelta artistica e personale che politica. Rimase lontano dalla Russia per 27 anni, fino al 1987, quando tornò per trovare sua madre, gravemente malata, grazie a un permesso speciale.

Il più grande ballerino di tutti i tempi?

La maggior parte dei critici ha sostenuto che tecnicamente non è stato bravo quanto Baryshnikov, ma Nureyev riuscì ad affascinare le folle con il suo carisma incredibile e le sue performance emozionanti. L'esibizione di Nureyev e Fonteyn in "Romeo e Giulietta", rimane a tutt'oggi uno delle più importanti ed emozionanti esibizioni classiche nella storia del balletto.

Il film e il balletto

L’attore e regista Ralph Fiennes ha realizzato il film "Il corvo bianco" in uscita nei prossimi mesi dedicato alla defezione in Occidente. A Mosca, invece, il Bolshoi è passato attraverso complicate vicende a causa del balletto "Nureyev" al quale sono stati chiamati a lavorare il coreografo Jurij Possochov, il musicista Ilija Demutskij e il regista Kirill Serebrennikov. Annunciato per metà luglio, il balletto era stato bloccato dopo la generale, ma le ragioni degli sponsor internazionali del Bolshoi hanno permesso a Nureyev di andare in scena il 9 e 10 dicembre con il danzatore Vladislav Lantratov nei panni del ballerino, che ha ottenuto un clamoroso successo.

Nureyev e l'Italia

Particolare il rapporto tra Nureyev e l'Italia. Uno dei suoi sogni rimasti nel cassetto fu quello di voler fare dell'isolotto di Li Galli, di fronte Positano, di sua proprietà, un paradiso della danza. Ma il 3 settembre 1992, Rudolf Nureyev salutò per l’ultima volta la sua isola,  sapendo che non vi avrebbe più fatto ritorno Racconta chi lo vide che prima di salire sulla lancia che lo riportava sulla terraferma baciò più volte quegli scogli selvaggi divenuti suo rifugio. La malattia che pochi mesi dopo, nel gennaio del 1993, avrebbe posto termine alla sua esistenza, lo aveva condotto sull’isola a Ferragosto così minato nel fisico che – ricorda il signor Pietro, oggi amorevole custode di Li Galli, allora fidato traghettatore di Nureyev – era costretto ad indossare un pesante cappotto. Una delle sue frasi più famose resterà:

La danza è tutta la mia vita. Esiste in me una predestinazione, uno spirito che non tutti hanno. Devo portare fino in fondo questo destino: intrapresa questa via non si può più tornare indietro. È la mia condanna, forse, ma anche la mia felicità. Se mi chiedessero quando smetterò di danzare, risponderei "quando finirò di vivere".

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