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Cosa prevede la proposta di legge per la riduzione dei parlamentari

Lo scorso 7 febbraio il Senato ha approvato la proposta di legge che diminuirebbe il numero dei parlamentari da 945 a 600. Ora il provvedimento è in fase di prima lettura alla Camera, che potrebbe dare il via libera definitivo. Proviamo a capire di che si tratta e come cambierebbe il Parlamento nel caso di una approvazione.
A cura di Annalisa Girardi
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La proposta di legge, già ratificata dal Senato, che approverebbe la riduzione del numero di parlamentari, è in fase di prima lettura alla Camera, a cui spetta il compito di dare il via libera definitivo. Il disegno di legge, firmato dai senatori Gaetano Quagliariello (Forza Italia), Roberto Calderoli (Lega), Gianluca Perilli (Movimento 5 Stelle), Stefano Patuanelli (Movimento 5 Stelle) e Massimiliano Romeo (Lega), è già stato sottoposto ad un esame in Commissione nel corso dei mesi scorsi e dallo scorso 29 aprile si trova in fase di discussione in Assemblea. Il provvedimento, approvato dal Senato con 185 voti favorevoli, 54 contrati e 4 astenuti, modifica gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione. La riforma prevede una diminuzione del numero di parlamentari da 945 a 600, che in termini percentuali si traduce in un taglio del 36%. Il disegno di legge non prevede anche un abbassamento degli stipendi. Secondo la proposta, i deputati alla Camera sarebbero ridotti da 630 a 400. Quelli eletti nella circoscrizione estero passerebbero ad essere 8, invece di 12. I seggi nel resto delle circoscrizioni verrebbero ripartiti dividendo il numero totale di abitanti in Italia per 392, al posto di 618. A Palazzo Madama invece, il numero dei senatori diminuirebbe da 315 a 200, fra cui 4, contro gli attuali 6, eletti dai cittadini italiani all'estero. Le regioni e le province autonome, che al momento possono eleggere 7 senatori, potranno nominarne 3: il Molise ne manterrà 2 e la Valle d'Aosta 1. Cambierà anche il numero dei senatori a vita, che non potrà essere superiore a 5.

Nella proposta si legge che, in caso le disposizioni venissero approvate in via definitiva, queste verrebbero applicate "a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale e comunque non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore".

Le posizioni politiche sulla riduzione dei parlamentari

In seguito all'approvazione del disegno di legge in Senato lo scorso 7 febbraio, Luigi Di Maio aveva esultato scrivendo su Facebook: "EVVIVA! Approvato il Tagliapoltrone in Senato! Presto ci saranno 345 parlamentari in meno e un risparmio di mezzo miliardo di euro a legislatura. Dicevano: IMPOSSIBILE! E invece se lo diciamo lo facciamo! Collegatevi che festeggiamo insieme!".  Anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro (M5S) aveva commentato la ratifica del Senato, definendola una "giornata storica" in cui è stata posata "la prima pietra per un Parlamento più efficiente e meno costoso". Fraccaro ha poi continuando aggiungendo che con i tagli alla burocrazia in Parlamento si risparmierebbero mezzo miliardo a legislatura, il che significa circa 300mila euro al giorno in meno.

Il Partito Democratico si era invece opposto alla proposta. Secondo Maurizio Martina i Cinque Stelle non sarebbero davvero alla ricerca di una riforma del Parlamento, ma semplicemente starebbero usando il "tema come arma di distrazione di massa per nascondere il fallimento delle loro scelte economiche". Martina aveva poi chiarito: "Sì al taglio dei parlamentari, basta bicameralismo perfetto. Il Senato diventi Camera delle autonomie con funzioni diverse e votino anche i 18enni. No a spot, sì a riforme utili."

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