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Chi è Antonio Ligabue, l’irrequieto selvaggio della pittura interpretato da Elio Germano

Vagabondaggio, internamenti, ricoveri. Nato nel 1899 a Zurigo, Antonio Ligabue ha avuto un’esistenza che definire difficile è un eufemismo. Genio naif e selvaggio della pittura, resterà per sempre un unicum nella storia dell’arte italiana.
A cura di Redazione Cultura
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Nato nel 1899 a Zurigo, Antonio Ligabue ha avuto un'esistenza che definire difficile è un eufemismo. Genio naif e selvaggio della pittura, scultura e disegno italiano, resterà per sempre un unicum nella storia dell'arte italiana. Figlio naturale di un'italiana emigrata, non ha mai conosciuto suo padre, di cui per la verità ignorava anche il nome. All'età di un anno viene affidato ad una coppia di svizzeri tedeschi, con cui avrà un rapporto travagliato. Nel 1913, infatti, finirà in un collegio per ragazzi disabili, dove sin dall'inizio saranno evidenti da un lato i suoi comportamenti eccessivi, dall'altro le sue qualità di disegnatore subito per l'abilità nel disegno e la cattiva condotta.

Pochi anni dopo, nel pieno della Grande Guerra, sarà internato in una clinica psichiatrica, ne uscirà e vivrà in Svizzera fino all'espulsione, su denuncia della mamma adottiva. A questo punto, Antonio torna in Italia, dove vivrà come vagabondo, continuando però a disegnare e a creare piccole sculture con l'argilla.

Sul finire degli anni Venti, la sua arte sarà scoperta da Mazzacurati, pittore e scultore, ma è poco prima del conflitto bellico, nel 1937, che finirà internato in un manicomio in "stato depressivo", da cui ne uscirà per l'interessamento dello scultore Mozzali. Durante la guerra, dopo aver picchiato un soldato tedesco finirà di nuovo internato. Sarà dimesso solo nell'Italia Repubblicana, nel 1948. Sono questi gli anni della fama e del successo, il pittore naif diventa un artista vero e proprio. La vita gli sorride. Premi, amicizie, l'interesse della stampa, il prestigio sociale.

Fino al 1962, quando sarà colpito da paresi, che durerà fino al 1965, anno della morte. Le opere figurative di Ligabue, dense e paurose, svelano la violenza ancestrale che doveva abitargli dentro. La paura, la miseria, la vita vagabonda di un essere inquieto e inquietante. Il mezzo tedesco abbandonato da tutti, che conobbe la vetta e il fondo. Scoprendo che entrambi i luoghi non avevano nulla di veramente buono da dargli.

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