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Belsito spione: Non solo Maroni, dossier anche su Reguzzoni e Giorgetti

Secondo i magistrati, l’ex tesoriere della Lega Nord spiava anche altri esponenti del Carroccio, attraverso un’attività di dossieraggio mirata a screditare i suoi presunti nemici. E dai documenti sequestrati a Belsito emerge anche un conto segreto in Svizzera da 50 milioni di euro.
A cura di Biagio Chiariello
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Belsito spione Non solo Maroni dossier anche su Reguzzoni e Giorgetti

E' il filone calabrese a rivelare i nuovi dettagli sullo scandalo dei finanziamenti pubblici alla Lega Nord e sull'indagato numero uno dell'inchiesta sul quale lavorano in contemporanea anche le Procure di Milano e Napoli. Francesco Belsito voleva fare terra bruciata intorno a sé. L'ex tesoriere del Carroccio aveva fatto storcere parecchi nasi dalle parti di Via Bellerio, dopo che il caso degli investimenti in Tanzania era venuto a galla all'inizio di gennaio. Per evitare che qualcosa di più grosso venisse a galla (come poi è stato) pensava di preparare una serie di dossier segreti con lo scopo di screditare i suoi presunti nemici.  Non solo contro Roberto Maroni, ma anche su altri esponenti del partito come Marco Reguzzoni e Giancarlo Giorgetti. Il modus operandi di Belsito consisteva nello schedare tutte le informazioni ricavate dalle banche dati dell'Agenzia delle Entrate, del Catasto, della Camera di Commercio, ma anche nell'indagare su partecipazioni azionarie o su proprietà immobiliari. Una circostanza che emergerebbe, come scrivono anche il Corriere e La Stampa, dai documenti sequestrati dalla Dda di Reggio Calabria allo stesso tesoriere, comprendenti anche delle foto. Materiale ora al vaglio della polizia postale.

L'attività di spionaggio di Belsito sarebbe andata di pari passo col coro di scontenti leghisti che gli chiedevano di restituire il "maltolto" investito in Africa (ma anche a Cipro e in Norvegia). Soldi che però il tesoriere non poteva – o meglio, non riusciva- a far rientrare subito in cassa. Così decide di rivolgersi a Stefano Bonnet, uomo d'affari indagato  per riciclaggio insieme a lui, che gli suggerisce di rivolgersi alla banca Arner. Un istituto di credito tutt'altro che sconosciuto, come scrive il Corriere:

Si tratta della banca diventata famosa perché il suo conto numero uno è intestato a Silvio Berlusconi e tutti i "fedelissimi" del Cavaliere – da Cesare Previti a Salvatore Sciascia, il direttore dei servizi fiscali del gruppo Fininvest condannato in via definitiva dalla Cassazione a 2 anni e 6 mesi per la corruzione di alcuni ufficiali della Guardia di Finanza – hanno un deposito aperto presso l'istituto.

Uno dei nomi che è emerso più spesso nelle carte dei pm è quello di Romolo Girardelli. Meglio conosciuto come l'ammiraglio, era procacciatore d'affari di Belsito, scrivono gli investigatori, per il clan dei Di Stefano. Intreccio che spiegherebbe il collegamento tra Lega e ‘Ndrangheta. Sembra, inoltre, che Girardelli abbia iniziato a frequentare gli uffici della Lega quando il tesoriere era ancora Maurizio Balocchi, tesoriere del partito per ben diciasette anni fino al 2010, quando una malattia (che poi lo ha portato alla morte nel 2010) lo costrinse a restituire le chiavi delle casse del Carroccio, poi consegnate a Belsito. Ecco cosa scrive a tal proposito, La Stampa:

A via Bellerio il vecchio tesoriere (dal 1993 al 2000) Maurizio Balocchi si accompagnava con l’«ammiraglio» Romolo Girardelli. Bossi stesso ammette che fu Balocchi a indicare in Belsito il suo successore. E Girardelli era uomo dei De Stefano in Liguria, a Genova. È singolare che le versioni di Belsito e di Mafrici sui rapporti con Girardelli non coincidano. Belsito entra in rapporti con Girardelli, che si occupava di investimenti immobiliari, quando lavora allo studio dell’avvocato genovese ed ex Guardasigilli, Alfredo Biondi. In quello studio passavano tutti i fascicoli più importanti della città.

La cosca dei De Stefano avrebbe messo a disposizione di Belsito un conto cifrato in Svizzera attraverso il quale il tesoriere avrebbe fatto investimenti. I magistrati scrivono di un movimento finanziario equivalente a qualcosa come 50 milioni di euro, non tutti soldi della Lega Nord però. Qui, infatti, subentra Bruno Mafrici, «avvocato calabrese con studio in via Durini a Milano, accusato di aver riciclato attraverso commesse pubbliche e  transazioni private i soldi della ‘ndrangheta» scrive il Corriere. Ma tra il materiale sequestrato vi sarebbero anche dei riferimenti ad appalti esteri di Finmeccanica e Fincantieri, di cui Belsito era vicepresidente. La storia, dunque, sembra farsi sempre più intricata.

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