Vigilessa uccisa, Gualandi chiede perdono ai parenti di Sofia Stefani: “Ero l’unico a difenderla”

Continua a ribadire la sua innocenza ma per la prima volta ha chiesto scusa Giampiero Gualandi l‘ex comandante della polizia locale di Anzola dell'Emilia, in provincia di Bologna, accusato dell'omicidio volontario della collega Sofia Stefani, la 33enne con la quale aveva avuto una relazione extraconiugale.
"Devo premettere che desidero chiedere perdono ai genitori di Sofia e alle persone che volevano bene a Sofia" ha dichiarato infatti il 63enne in aula oggi, giovedì 17 luglio, durante la deposizione nell'udienza del processo a suo carico al Tribunale di Bologna dove è arrivato dal carcere della Dozza, in cui è rinchiuso dopo la revoca dei domiciliari.
"Fino ad ora non l'ho fatto perché speravo che, fin dalle prime udienze, venisse fuori la natura non intenzionale. Non l'ho fatto per non arrecare ulteriore dolore e perché le mie parole non fossero ritenute vuote" ha spiegato Gualandi, aggiungendo:"Purtroppo così non è stato, perciò chiedo perdono ora, anche se non so immaginare il dolore che ho provocato. Non posso aspettarmi il perdono ma mi sento di chiederlo adesso".
Nel corso della sua testimonianza davanti alla Corte d'Assise di Bologna, l'ex comandante dei vigili ha ribadito però la sua versione dei fatti e cioè che si è trattato di un omicidio non volontario e che tutto sarebbe avvenuto durante una colluttazione, quando sarebbe partito un colpo per sbaglio dalla sua pistola d'ordinanza nell'ufficio in cui si trovava al comando di Anzola.
Gualandi: "Sofia si fidava di me, mi chiedeva consiglio su qualsiasi cosa"
Gualandi ha ripercorso il rapporto con la vittima Sofia Stefani ammettendo la relazione extraconiugale. "Tra noi c'è stato sentimento, le ho voluto bene e le volevo bene" ha detto l'ex comandante della Polizia Locale di Anzola davanti alla procuratrice aggiunta, Lucia Russo, che lo accusa invece di un gesto volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo.
"Quando ho conosciuto Sofia la prima cosa che mi è balzata all'attenzione è stata la sua difficoltà ad avere rapporti interpersonali sereni con i colleghi. Ha dimostrato subito un up and down di stati d'animo, positivo e negativo. “Lei si fidava di me, mi chiedeva consiglio su qualsiasi cosa accadeva al lavoro. Non aveva rapporti sereni con i colleghi, ma io le dicevo di stare calma e di ascoltare” ha dichiarato Gualandi, aggiungendo: "Lei mi disse che soffriva di una sindrome e prendeva dei farmaci, il Citalopram, che avevo usato anche io. Ma ero cosciente del fatto che prendesse altri farmaci, ero cosciente che assumesse farmaci psicoattivi" ha dichiarato Gualandi, aggiungendo:"La cosa più terribile per lei, e anche per me, è che io ero l'unico che la sosteneva sul lavoro ma anche all'esterno, con gli avvocati, tutti gli atti del suo procedimento disciplinare li ho redatti io".
Il racconto dell'omicidio: "Ho lottato con lei, poi lo scoppio"
"Con entrambe le mani era sulla pistola, era in piedi, io continuavo a tenerla a distanza, questo movimento ha determinato una torsione della sedia e per qualche secondo c'è stato un tira e molla. Io guardavo lei, tiravo indietro, e ho sentito lo scoppio. Non potevo pensare che avesse potuto sparare, ho confusione sulla presenza del caricatore, che però era inserito, su questo non discuto. Ma la cosa è durata una piccola frazione di secondo. Ho immaginato che fosse stata colpita e immediatamente ho chiamato il 118″. così l'ex comandante ha riscostruito in Tribunale il momento dell'omicidio della collega Sofia Stefani. Secondo Gualandi, Sofia era arrivata al comando di Anzola molto arrabbiata e aveva cominciato a colpirlo con un ombrello. Poi gli avrebbe dato dei calci, mentre lui si difendeva. "Ho chiamato Zampino (un collega vigile, ndr) e gli ho detto di chiamare il 112. A Sofia usciva il sangue dalla bocca e dal naso. Quelli del 118 mi dicevano di tamponare dove era stata colpita e fare il massaggio cardiaco. Però continuava a uscire sangue dal naso e dalla bocca. Quando sono arrivati i carabinieri ero ancora chino su Sofia ma non c'era niente da fare" ha concluso l'imputato.
Madre di Sofia Stefani: "Il perdono di Gualandi non lo calcolo"
"Io mi sposterei dalla questione del perdono alla questione della responsabilità. Mi sembra questa una persona che ha una responsabilità veramente enorme. Oggi l'ho sentito deporre in un modo abbastanza sconvolgente, nel senso che avendo letto gli atti e le carte, ho trovato che lui non facesse altro che ripetere e ricalcare ancora una volta le sue bugie, le sue menzogne, le sue dichiarazioni". Lo ha detto Angela Querzè, madre di Sofia Stefani, parlando con i giornalisti a margine del processo
Rispondendo alle domande dei cronisti, la madre di Sofia ha sottolineato che "sinceramente io la questione del perdono non la calcolo neanche, penso che lui prima debba fare per se stesso un esame di coscienza, dato che mi sembra una persona da un punto di vista anche culturale idonea a poterlo fare. Ho notato, sempre leggendo le carte, che lui ha usato molti termini di quelli che in queste carte ci sono. Come se dovesse ripetere, diciamo, una lezione, come se dovesse in qualche modo avere studiato una lezione", ha detto Angela Querzè.
"Quindi non l'ho trovato sincero e quando la procuratrice gli ha fatto delle domande molto specifiche, lui ha trovato sempre una strategia molto molto particolare o per eludere la domanda o quantomeno per non rispondere chiaramente. Io non lo conosco questo signore, lo vedo adesso per la prima volta in questo modo. Sono rimasta sconvolta da queste sue dichiarazioni, fatte in maniera strumentale" ha concluso.