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Storie di italiani all'estero

“Vi racconto la mia vita da italiano a Hong Kong, qui alleno la nazionale di rugby”: la storia di Massimo

Massimo Pasqualetti ha 35 anni, è nato e cresciuto nelle Marche ma da marzo 2023 vive dall’altra parte del mondo, a Hong Kong. Qui ha trovato lavoro come preparatore atletico della squadra di rugby locale. “A Hong Kong si assiste a un’unione perfetta di popoli, qui nessuno è straniero”, ha raccontato a Fanpage.it.
A cura di Eleonora Panseri
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"Non è mai troppo tardi per uscire dalla propria zona di comfort e fare un'esperienza all'estero permette di abbattere alcune barriere che invece restano in piedi nel piccolo del proprio Paese o della propria città. Viaggiare è importantissimo e bisogna anche imparare a essere un po' egoisti, in molti casi bisogna prendere e partire senza ascoltare chi ti dice di restare". A dirlo è Massimo Pasqualetti, 35enne nato e cresciuto nelle Marche che da marzo 2023 vive dall'altra parte del mondo, a Hong Kong, dove allena la squadra di rugby nazionale, la Hong Kong China Rugby. Fanpage.it lo ha intervistato.

Come sei arrivato ad Hong Kong?

Hong Kong non è il primo paese dove ho vissuto. Ho lasciato l'Italia nel 2019, dopo essere stato più di 10 anni a Roma, dove ho fatto l'università e ho iniziato a lavorare. Fin da ragazzo ho sempre sognato di riuscire ad arrivare all'estero che all'epoca mi sembrava lontanissimo, visto che sono nato e cresciuto a Offida, un posticino isolato dove tante persone non hanno la possibilità o la voglia di viaggiare.

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Però già trasferendomi a Roma ho iniziato a conoscere persone da tutto il mondo che mi hanno trasmesso questa voglia di mettermi in gioco e di avere in modo indiretto un po' di quell'estero che immaginavo soltanto. Ho cominciato a inviare il curriculum fuori dall'Italia intorno ai 23/24 anni, ma non sono stato preso in considerazione. I primi anni sono stati un fallimento totale ma evidentemente mi serviva altro tempo per maturare.

Ho continuato a studiare, a specializzarmi e fare esperienze, quando finalmente nel 2018 ho trovato una candidatura pubblica per una posizione che non avrei mai considerato, quella di preparatore atletico per il Comitato olimpico cinese. A quel punto ho inviato il curriculum con speranze pari a zero e dopo tanti mesi, in modo del tutto in aspettato, mi hanno chiamato per un colloquio che andò molto bene.

Ad agosto 2019, dopo un lungo processo di selezione, sono riuscito ad arrivare in Cina. Devo dire che è stato uno shock per me che non avevo mai viaggiato tanto e che non ero mai stato in Asia. Mi guardavo intorno e capivo di essere io "lo straniero", vedevo scritte e sentivo una lingua che non capivo. Qui sono rimasto due anni, dove ho vissuto anche la parentesi Covid, ma sono stato fortunato perché la squadra che allenavo veniva spostata continuamente, non ho vissuto particolari restrizioni.

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Di cosa ti occupi nella vita?

Ho sempre sognato di lavorare nella preparazione atletica e faccio lo stesso lavoro da quando avevo 20 anni. Ho cominciato nelle squadre locali per arrivare ad allenare la nazionale femminile cinese di rugby a 7 che ha giocato l'Olimpiade di Tokyo.

Dopodiché sono rientrato in Italia, avevo bisogno di un periodo di riposo perché in Cina si lavora tantissimo. Qui ho lavorato con la nazionale italiana di rugby a 7, però, per come sono fatto io, mi sentivo insoddisfatto. Ho deciso di mollare tutto e di andare in Nuova Zelanda con un visto turistico cercando allo stesso tempo di prendere contatti per trovare lavoro. Ma dopo un po' di tempo ho iniziato ad avere problemi proprio con il visto, in più la Nuova Zelanda è anche un Paese molto costoso.

Ho iniziato a fare lavori non qualificanti che mi permettevano di continuare a rimanere ancora per un po' in un Paese, che io, che sono appassionato di rugby, consideravo l'El Dorado. Nel frattempo però ho mandato la candidatura per la squadra di rugby di Hong Kong e dopo un paio di mesi mi hanno chiamato. Ora sono otto mesi che vivo qui. È un Paese nuovo, completamente diverso. Qui ho sicuramente più indipendenza rispetto alla Cina, dove invece dovevo vivere con gli atleti 24 ore al giorno tutti i giorni.

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Quali sono le differenze principali tra Hong Kong e l'Italia? Cosa ti piace di più?

Essere a Hong Kong è come vivere in un formicaio, ci sono più di 7 milioni di persone in un territorio grande come due volte la città di Roma, è uno dei Paesi più densamente popolati del mondo. Ci sono una marea di grattacieli e senti di essere un numero, ti senti sommerso dalle persone. Però, la cosa bellissima è che si tratta di un posto dove avviene un'unione di popoli, dove le persone si amalgamano in maniera molto armoniosa, non ti rendi davvero conto di quante diversità ci sia. Nessuno è percepito come uno straniero qui, cosa che invece avviene in Cina.

Di qui mi piace anche il clima: io sono freddoloso e Hong Kong ha per la maggior parte dell'anno un clima tanto caldo, spesso torrido/umido, ma lo preferisco. Amo la multiculturalità, come ho già detto, e la frenesia della vita, le opportunità che uno ha. Ci sono attività di tutti i tipi, tutti i giorni e a tutte le ore. Anche se talvolta uno fatica a isolarsi e avere un po' di tranquillità. Devo dirti però che Hong Kong ha anche una grande presenza di aree verdi quindi, se uno vuole la calma, deve riuscire a trovare il tempo per godersela.

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I ritmi lavorativi sono più serrati rispetto a quelli che abbiamo noi, non si guarda tanto l'orologio. I responsabili si aspettano un certo tipo di comportamento e se tutti si comportano nello stesso modo è difficile fare diversamente. Qui questa cosa è normale, nessuno si scandalizza se alle 10 di sera ci sono persone che in quel momento stanno uscendo dal lavoro. È difficile riuscire a trovare il modo per dire di ‘no' e trovare tempo per te stesso.

Cosa ti manca dell'Italia?

Purtroppo, e dirò il classico ‘luogo comune', mi manca molto il cibo. Non che non se ne trovino ma molte cose sono davvero costose. Qui si mangia tipicamente cibo cinese, anche se ci sono ristoranti di cucine da tutto il mondo. Sono però prodotti importati e gli affitti qui sono davvero alti, quindi non si può uscire a cena tutte le sere. Diciamo che, se fai il bravo, ti puoi permettere una serata ogni tanto.

Il costo della vita qui è molto alto, anche se lo stipendio è paragonato. Ci sono tantissime spese e spesso sono eccessivamente elevate, come quello dell'affitto della casa. Hong Kong nasce come un posto che aveva inizialmente 30mila abitanti, diventati poi 7 milioni. Il territorio si è quindi sviluppato in verticale e successivamente si è andati a suddividere ancora gli appartamenti già esistenti. Ci sono famiglie locali per cui è normale vivere in quattro in 40/50 metri quadrati.

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A chi consiglieresti un posto come Hong Kong?

La consiglierei per chi ha un debole per l'Asia, così come a ragazzi che hanno voglia di mettersi alla prova e raggiungere posizioni che nei nostri Paesi è difficile raggiungere in poco tempo. Non la consiglierei invece a persone che hanno la nostalgia di casa.

I pochi italiani che conosco qui cercano di tornare poco, chi riesce a farlo una volta all'anno è fortunato. In posti così remoti servono diversi giorni per organizzarsi e tutto questo ha un costo. Hong Kong non è nemmeno adatta a chi vorrebbe una vita tranquilla, si tratta di un posto molto frenetico, dove spesso anche camminare per strada diventa un problema.

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