Esplosione durante lo sgombero di un casolare a Castel D’Azzano, morti 3 carabinieri: fermati 3 fratelli

I militari erano intervenuti per sgomberare un casolare di due piani occupato a Castel d’Azzano, in provincia di Verona. L’esplosione che li ha uccisi ha causato il ferimento di alcuni colleghi. Secondo il vicesindaco gli occupanti “non volevano lasciare la casa” e “il sottotetto era saturo di gas” al momento dell’intervento.
A cura di Davide Falcioni
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Una violenta esplosione ha sconvolto la quiete di Castel d’Azzano, in provincia di Verona. Nella notte, un casolare in via San Martino è stato distrutto da una deflagrazione che ha causato la morte di tre carabinieri e il ferimento di una decina di persone, tra militari dell’Arma e agenti di polizia. Le vittime si chiamavano Marco Piffari, 56 anni, Valerio Daprà, 56 anni e Davide Bernardello, 36 anni. I feriti sono 11 carabinieri trasportati – in codice rosso ma non in pericolo di vita – presso quattro ospedali della zona, e altri quattro agenti di polizia.

Casolare saturo di gas, esplosione all'apertura della porta

Secondo le prime ricostruzioni, le forze dell’ordine erano intervenute per sgomberare l'edificio, occupato da tre fratelli – Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi, agricoltori e allevatori con problemi finanziari e ipotecari quando si è verificata la tragedia. In particolare, l'esplosione è stata innescata all'apertura della porta d'ingresso. Lo sgombero dell'abitazione era stato programmato da giorni dopo vari tentativi di far andarsene le persone che la abitavano, sulla sessantina d'anni: i tre avevano già minacciato di farsi saltare in aria.

Per questa ragione erano stati fatti arrivare sul posto carabinieri dei Reparti speciali e agenti dell'Uopi, specializzati in azione antiterrorismo considerato il pericolo dell'intervento. Il casolare di due piani è crollato completamente sotto la forza dell’esplosione travolgendo chi si trovava nelle vicinanze. Sul posto sono intervenuti immediatamente i Vigili del fuoco, impegnati nelle operazioni di soccorso tra le macerie. Ma per i tre carabinieri coinvolti non c’è stato nulla da fare.

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"Erano diversi i provvedimenti giudiziari che stavamo seguendo. Nell'accedere all'abitazione ci siamo trovati davanti a un gesto di assoluta follia, perché è stata innescata una bombola a gas e la deflagrazione ha colpito in pieno i nostri militari", ha dichiarato il comandante provinciale dei Carabinieri Claudio Papagno, sopraggiunto a Castel D'Azzano nel Veronese. Il militare ha aggiunto che "ci troviamo di fronte a un gesto folle. Era una palazzina in stato di abbandono, però erano ormai diversi mesi che gli occupanti si erano asserragliati all'interno".

Anche il procuratore capo di Verona, Raffaele Tito, arrivato sul luogo della tragedia, ha parlato di "comportamenti assurdi. Da parte mia c'è un dolore incredibile. Dovevamo eseguire un decreto di perquisizione, si cercavano anche delle bottiglie molotov. Carabinieri e Polizia hanno cercato di agire in massima sicurezza e con tutte le attrezzature necessarie. Ma l'esito è stato inaspettato e molto doloroso".

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Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi avevano già minacciato di far esplodere la casa

A causare l'incredibile tragedia tre fratelli già noti per due episodi con la stessa dinamica – la casa saturata di gas – avvenuti un anno. Si tratta di Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi, agricoltori e allevatori con problemi finanziari e ipotecari. Prima in ottobre, e poi il 24 novembre del 2024 si erano opposti all'arrivo dell'ufficiale giudiziario aprendo una bombola di gas. Franco e Maria Luisa erano anche saliti sul tetto. Sul posto erano arrivati i vigili del fuoco, Carabinieri e Polizia locale, che dopo una mediazione avevano evitato il peggio. I tre sono stati posti in stato di fermo.

Il vicesindaco: "Gli occupanti non erano soggetti fragili"

Il vicesindaco di Castel d’Azzano Antonello Panuccio ha spiegato a Rainews24 che gli occupanti "non volevano lasciare la casa" e che "il sottotetto era saturo di gas" al momento dell’intervento. "L'operazione era pianificata perché le forze speciali arrivavano da fuori provincia e quindi era già pianificato anche con le ambulanze, perché si sapeva che potevano esserci dei feriti, ma mai si immaginava che avessero pianificato un'esplosione del genere che è stata sentita nel raggio di 5 chilometri".

L'amministratore comunale ha aggiunto che gli occupanti "non volevano abbandonare la casa ma c'era un ordine del giudice di eseguire lo sgombero, quindi carabinieri e polizia di Stato vi hanno dato esecuzione". "In Comune si conosceva la situazione della famiglia ed eravamo pronti ad accoglierli in qualche sistemazione provvisoria in strutture qui nella zona". Il vicesindaco ha sottolineato che "in realtà non erano soggetti fragili", in quanto nel casolare "non c'erano minori e nemmeno anziani". Si trattava di "agricoltori che coltivavano i campi, che purtroppo sembra siano stati coinvolti in fatti criminosi e hanno dovuto subire l'esecuzione forzata del recupero del credito sulla casa, che era uno dei pochi beni che avevano". Si tratta di "persone in età lavorativa, quindi il Comune doveva dare un supporto più di tipo logistico che di servizi sociali".

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Il sindacato dei carabinieri: "Non è il momento delle polemiche ma del silenzio"

Il SIM Carabinieri (Sindacato Italiano Militari Carabinieri) ha espresso il più profondo cordoglio per la tragica scomparsa dei tre colleghi dell’Arma dei Carabinieri caduti in servizio a seguito dell’esplosione avvenuta oggi a Castel d’Azzano (Verona). "Siamo vicini, con commozione e rispetto, alle famiglie dei militari deceduti, ai colleghi feriti – ai quali auguriamo una pronta e completa guarigione – e a tutti coloro che in queste ore stanno operando tra le macerie con il consueto coraggio e spirito di servizio. È un giorno di lutto e dolore profondo per tutta l’Arma e per chi, come noi, ne rappresenta ogni singolo appartenente. Di fronte a una simile tragedia, non è il momento delle polemiche né delle strumentalizzazioni, ma del silenzio, del rispetto e della vicinanza concreta. Nel ricordo rimangono tre Carabinieri valorosi, solari e sempre disponibili: due in servizio a Padova e uno a Mestre. Colleghi stimati e amati dai colleghi dove prestavano servizio e  dalle comunità, hanno onorato l’uniforme con umiltà, dedizione e altruismo, fino all’estremo sacrificio".

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