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Un eroe dimenticato: Pietro Antonio Colazzo, lo 007 che morì salvando 4 italiani

Il 26 febbraio 2010, Pietro Antonio Colazzo in un albergo a pochi passi dall’ambasciata italiana a Kabul, quando un gruppo di terroristi attaccò con bombe e pistole. Morì con la pistola in pugno per salvare altri quattro agenti.
A cura di Angela Marino
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Dal sole del Salento al caldo bruciante delle bombe di Kabul. È la storia di Pietro Antonio Colazzo, classe 1962, originario di Galatina, nell'entroterra pugliese morto crivellato di colpi nella hall di un hotel afghano, durante un attacco suicida. Salvando quattro uomini.

Pietro Colazzo è uno dei tanti eroi dimenticati. Come Antonio Calipari, 007 ucciso mentre portava in salvo la giornalista de Il manifesto, Giuliana Sgrena, il pugliese è morto ‘con la pistola in mano' mentre fronteggiava i terroristi nel periodo nero della guerriglia talebana. È successo il 26 febbraio 2010, al potere, in Afghanistan c'è Hamid Karzai. Dopo l'intervento americano per estirpare i focolaio del terrorismo di Al-Qaida e il rovesciamento del regime, nel Paese sono ancora presenti, a mantenere l'ordire e proteggere i civili, alcuni contingenti NATO, tra cui un presidio militare italiano.

A Kabul, come agente dell'Intelligence italiana, trapiantato da Roma, dove ha lasciato un ex moglie, c'è anche Pietro Colazzo, 48 anni. La sua conoscenza della lingua dari, una delle lingue che si parlano in Afghanistan, è le sue abilità ne avevano fatto uno degli agenti migliori dell'Aise, l'agenzia per le informazioni e la sicurezza esterna. Il 26 febbraio Colazzo si trova al "Park Residence Guesthouse",  a pochi passi dall'ambasciata italiana, insieme ad altri 4 funzionari dell'Aise, quando lo scoppio delle bombe scatena un inferno di vetri rotti e fiamme.

Pietro, che aveva rapporti con i vertici della polizia e dei servizi segreti locali, allerta i soccorsi. L'attacco, come sa bene, non è finito e infatti uno sciame di kamikaze si infiltra nell'albergo. Lo scopo è quello di ferire il più alto numero di vittime a colpi di fucile e pistola e poi, farsi saltare con la cintura esplosiva. Colazzo resta dov'è con la pistola in pugno a proteggere la fuga degli altri quattro agenti, che riescono a mettersi in salvo grazie alla polizia afghana. Sotto la raffica di proiettili resta l'agente Colazzo.

Quando la sua morte viene comunicata insieme a quella di altre 18 vittime, le informazioni sono confuse. Alcuni dicono fosse un medico, altri, un diplomatico. È la vita segreta degli 007, nell'anonimato fino a che la morte non arriva a rendere loro quell'onore di cui in vita, non si sono potuti fregiare. La sua salma torna in Italia per i funerali di Stato mentre, contrito, il generale afghano Abdul Rahman parla di lui come ‘un uomo coraggioso. Ci ha fornito informazioni precise grazie alle quali la polizia è stata in grado di portare al sicuro, sani e salvi, altri quattro italiani'.

Dalla sua morte sono passati 18 anni. Gli amati nipoti che aveva lasciato a Galatina sono cresciuti, alcuni colleghi sono andati in pensione, ma la città che voleva proteggere e per cui ha dato la vita, non è affatto cambiata.

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