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Uccise papà per difendere la madre, la Procura contro l’assoluzione di Alex: “Nelle foto la casa era in ordine”

La Procura generale ha depositato il ricorso in Cassazione contro l’assoluzione di Alex Cotoia, che aveva ucciso il padre per difendere la madre: per procuratore Lucia Musti e l’avvocato generale Giancarlo Avenati Bassi non ci fu legittima difesa.
A cura di Ida Artiaco
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Alex insieme alla madre Maria e al fratello Loris.
Alex insieme alla madre Maria e al fratello Loris.

Nell'aprile del 2020 Alex Pompa (che oggi ha preso il cognome della mamma e si chiama Alex Cotoia) uccise il padre Giuseppe per difendere la donna durante una lite nella loro casa di Collegno, in provincia di Torino. All'epoca dei fatti aveva 18 anni. Lo scorso gennaio è stato assolto nel processo di appello bis a suo carico perché "aveva agito per legittima difesa", come era avvenuto anche in primo grado, ma come non era avvenuto nel primo processo d’Appello, quando il ragazzo fu condannato a 6 anni e 2 mesi e 2 giorni.

Oggi un nuovo risvolto della vicenda: è arrivata la notizia, riportata dal Corriere della Sera, che la Procura generale ha depositato il ricorso in Cassazione mettendo in luce le "illogicità" e le "prove travisate" dei giudici. Insomma, per loro la legittima difesa, quando si verificò l'omicidio il 30 aprile 2020, non ci fu.

A supportare la richiesta, la stessa scena del crimine: dalle fotografie presenti nel fascicolo – secondo la Procura – in casa tutto appare al suo posto, nessun segno visibile di colluttazione tra i genitori di Alex e tra quest'ultimo e il padre. Il che ha sua volta sarebbe ribadito anche dall’autopsia sul corpo della vittima, che evidenzia 34 coltellate e nessuna ferita da difesa (tranne un piccolo taglietto di un centimetro su un braccio). Non solo, anche l'allora 18enne non aveva ferite.

Tra le immagini presenti nel fascicolo, quelle del soggiorno e della cucina. Le condizioni del primo ambiente, in particolare, secondo la Procura generale smentirebbero la lotta, perché tutto appare al proprio posto. Il procuratore Lucia Musti e l’avvocato generale Giancarlo Avenati Bassi hanno rivolto la loro attenzione anche ad un piccolo scaffale a pochi centimetri dai piedi del cadavere e sul quale sono perfettamente appoggiati oggetti in vetro e in ceramica, fiori e piatti. Secondo la procura, da considerare sarebbero anche le posizioni della mamma e del fratello di Alex, Loris, all'epoca 21enne, indicato come complice del delitto. Da qui la richiesta di annullare la sentenza e rinviare a una nuova Corte d'Appello.

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