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Torino, prof licenziata perché ha la sclerosi multipla: vince ricorso e torna a insegnare

Dopo aver scoperto la malattia l’insegnante si era ritrovata anche senza lavoro perché dichiarata “totalmente inabile”. La donna però non si è arresa e ha ottenuto il reintegro.
A cura di A. P.
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Poco più di un anno fa dopo aver scoperto di essere stata colpita da una brutta malattia, la sclerosi multipla, è arrivata anche la beffa: licenziata in tronco dal suo lavoro di professoressa che aveva svolto per oltre venti anni perché dichiarata “totalmente inabile” da una commissione medica incaricata. Come rivela il quotidiano Repubblica, è la storia di una insegnante di lingue di un istituto alberghiero di Torino che in pochi giorni si era ritrovata malata, disoccupata e sostanzialmente più povera. La donna infatti dopo aver dovuto affrontare la terribile notizia di una malattia grave come la sclerosi multipla che inesorabilmente le stava portando via la salute, all'improvviso si era ritrovata a dover vivere con un piccola pensione da 600 euro, con cui avrebbe dovuto mantenere anche la figlia dodicenne.

La donna però non si è arresa e, dopo aver attraversato un primo momento di sconforto, ha deciso di reagire per riottenere il suo lavoro. L'insegnante, sottoponendosi a varie visite specialistiche, è riuscita a dimostrare di avere soltanto problemi a camminare ma di essere ancora lucidissima per poter insegnare ai ragazzi. Quindi ha fatto ricorso e ottenuto una nuova visita dalla Commissione medica di verifica del ministero dell’Economia che alla fine ha accettato la documentazione reintegrandola.

Alla base della sua disavventura c’è una norma creata nel 2011 che "prevede la risoluzione del rapporto di lavoro per chi è destinatario di un provvedimento permanente di inidoneità psicofisica" ha spiegato l'avvocato della prof, aggiungendo: "In pratica un individuo colpito da una malattia invalidante durante il servizio sarà costretto alla disoccupazione e all’indigenza". Con il reintegro però il legale sottolinea che si è dimostrato che "il lavoro rappresenta per tutti una priorità assoluta, specie per chi è malato, perché è un motivo per continuare a sperare e a vivere serenamente la propria vita".

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