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Torino, il rifugio Massi di Oulx unico riparo per i migranti: “Molti sono morti di freddo”

Il Rifugio Massi a Oulx, in provincia di Torino, è nato nel 2018 per far fronte all’emergenza delle decine di migranti che ogni giorno tentano di varcare il confine italiano passando dalle montagne del nord ovest, verso la Francia e l’Europa del Nord. Scarpe, vestiti, un pasto caldo e un letto dove riposare prima di tentare una traversata pericolosa in un periodo dell’anno in cui le temperature scendono di molto sotto lo zero.
A cura di Gianluca Orrù
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Quando c'è il sole li vedi stendersi per riposare nei pressi della stazione dei treni. Siamo a pochi chilometri dal confine con la Francia, vicino al Moncenisio, vicino a Clavière da dove partono i sentieri che portano sulle piste da fondo o in alta montagna, dove solo alcuni di loro si avventurano per tentare l'impresa di varcare il confine in pieno inverno passando dove solo pochi alpinisti esperti si spingono. "Sono gli afgani – mi spiega Don Luigi Chiampo – siccome sono abituati alle altitudini provano i percorsi di alta montagna ma è rischiosissimo".

Don Chiampo, parroco di Bussoleno in provincia di Torino e referente del rifugio Massi di Ulzio, racconta che il rifugio è nato per rispondere a tutta quella gente che segue la rotta balcanica o quella mediterranea e sceglie di provare a passare il confine da qui. "Arrivano col Flixbus o con l'ultimo treno, poi la polizia li blocca a Bardonecchia o vengono presi dalla Gendarmerie – mi dice Don Chiampo – così abbiamo creato un rifugio per non farli dormire in mezzo alla strada".

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"D'inverno a Oulx fa molto freddo – mi spiega Gaia Pasini della Diaconia Valdese, che fornisce assistenza legale e informativa ai migranti che vogliono provare un percorso legale, una richiesta di asilo in Italia – spesso non vogliono neanche andare in Francia, ma in Germania o ancora più a Nord. La maggior parte di loro prova a passare più di una volta e questa mattina la giornata è cominciata presto con 15 respingimenti".

Il rifugio Massi è un'ampia struttura, pulita e pronta ad accogliere anche solo per una notte chi vuole provare a passare dall'altra parte. "Prepariamo un piatto di pasta, un letto caldo – mi racconta Giorgio Guglielminotti, uno degli operatori del rifugio Massi – e se vogliono parliamo anche con loro. Abbiamo delle scarpe per chi arriva con i piedi rotti, medicinali contro l'ipotermia. Ne abbiamo visti molti morire in montagna per provare a passare in questi anni. Sia prima che dopo l'apertura del Rifugio"

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I migranti hanno poca voglia di parlare, per lo meno quelli che incontro nel rifugio e quelli che bivaccano nella zona della stazione. Stanno per tentare la loro traversata, non vogliono foto e video che possano tenere traccia dei loro movimenti.

"Nelle ultime settimane – continua Don Chiampo – abbiamo riscontrato una grande presenza di famiglie che arrivano in zona. L'altro giorno abbiamo avuto anche una bambina di 15 giorni, arrivata qui con madre e padre e nata letteralmente per la strada. Sono famiglie che hanno venduto tutto e sono in viaggio da anni alla ricerca di un paese migliore in cui vivere"

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