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Torino, famiglia marocchina perseguitata dal vicino: insulti razzisti e minacce per mesi, ora a processo

È iniziato il processo nei confronti di un 62enne accusato di stalking e lesioni aggravate dall’odio razziale. Avrebbe perseguitato per mesi una famiglia marocchina con insulti e minacce nella palazzina in cui vive tra Borgo Vittoria e Barriera di Milano. Tra le frasi riferite in aula: “Marocchini di m**a”, “Sei una scrofa”. “Non c’è un motivo, ha iniziato a darci fastidio e ha continuato anche di notte” hanno raccontato le vittime.
A cura di Biagio Chiariello
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immagine di repertorio
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Si è aperto a Torino, davanti alla giudice Roberta Cosentini, il processo a carico di un uomo di 62 anni, accusato di stalking e lesioni aggravate dall’odio razziale. Secondo la ricostruzione della Procura, l’imputato avrebbe preso di mira per mesi una famiglia di origini marocchine residente nello stesso stabile di via Orvieto, tra Borgo Vittoria e Barriera di Milano, con insulti, molestie e comportamenti persecutori prolungati anche nelle ore notturne.

La denuncia e l’inizio dell’incubo: "Marocchini di m**a”

La vicenda risale al 2022, quando la famiglia, stremata dalle continue provocazioni, decise di sporgere denuncia. Da allora, un lungo percorso giudiziario ha portato fino all’apertura del processo di primo grado. In aula, uno dei figli della donna – tra le presunte vittime – ha raccontato il clima di tensione vissuto per mesi: “Non so spiegare perché sia successo. Lui ha iniziato a darci fastidio senza un motivo preciso e, fino a quando non abbiamo denunciato, ha continuato, anche di notte”.

Secondo la testimonianza, l’uomo li avrebbe spiati dal balcone, osservando quando rientravano a casa per poi cominciare a urlare insulti e minacce. Tra le frasi riferite in aula: “Marocchini di m**a”*, “Sei una scrofa”, e altre offese pronunciate anche in dialetto, incomprensibili per la famiglia. “Ogni volta che lo incrociavamo – ha aggiunto il testimone – iniziava a urlare. Mia madre si è chiusa in sé stessa, non esce più da sola per paura. Io stesso torno a casa il prima possibile per non lasciarla sola.”

Offese e paura quotidiana: "Era un incubo"

Il quadro delineato in aula è quello di una convivenza resa impossibile da continue aggressioni verbali e presunte intimidazioni. La madre e i due figli avrebbero vissuto per mesi in uno stato di ansia e terrore, chiedendo talvolta aiuto ai vicini. “Era un incubo – ha spiegato uno dei figli –. Bastava un rumore nel pianerottolo per farci sobbalzare.”

L’accusa, sostenuta dalla Procura di Torino, ritiene che i comportamenti del vicino abbiano superato la soglia del semplice conflitto condominiale, configurandosi come una vera e propria condotta persecutoria aggravata dall’odio razziale. In particolare, l’uomo avrebbe anche aggredito fisicamente uno dei familiari, episodio che spinse la famiglia a rivolgersi ai carabinieri.

Il processo a Torino e le prossime udienze

All’ultima udienza l’imputato non era presente. È difeso dall’avvocata Ilaria Vocaturo, che dovrà ora predisporre la linea difensiva. Secondo la procedura, nella prossima sessione, fissata per novembre, l’uomo potrà scegliere se rendere dichiarazioni spontanee o affidarsi a memorie scritte.

La giudice Cosentini dovrà valutare le prove e le testimonianze per stabilire se l’imputato sia responsabile delle condotte contestate. La famiglia, assistita da un legale, ha chiesto che venga riconosciuta la gravità delle offese, non solo per la loro natura persecutoria, ma anche per la matrice discriminatoria.

Un clima di tensione e attesa

Nel quartiere, la vicenda ha suscitato attenzione e preoccupazione. Alcuni residenti raccontano di aver assistito a urla provenienti dallo stabile nelle ore serali, altri ammettono di non essersi mai resi conto della gravità della situazione fino all’arrivo delle forze dell’ordine.

Oggi, la famiglia marocchina vive ancora nello stesso condominio, ma con un senso costante di allerta. “Vorremmo solo tornare a vivere tranquilli – ha spiegato uno dei figli –. Non chiediamo vendetta, solo rispetto e sicurezza.”

Il processo, che proseguirà a novembre, dovrà chiarire se dietro quella serie di insulti, minacce e presunte aggressioni si nasconda davvero un caso di odio razziale, o se si tratti di una controversia degenerata oltre ogni misura.

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