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Taranto: nei call center lavoratori pagati un euro l’ora. Stipendi tagliati a chi andava in bagno

La denuncia della CGIL: “Stiamo valutando con i nostri avvocati la possibilità di applicare la legge anti-caporalato anche a questo contesto, perché in termini di paga e trattamenti ci sono le stesse condizioni” .
A cura di Davide Falcioni
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Il comparto dei lavoratori della comunicazione della CGIL ha scoperto un nuovo caso di irregolarità in un call center di Taranto, dove tre lavoratrici hanno raccontato di salari ridotti a un euro all'ora e tagli di un'intera ora in busta paga per 5 minuti di pausa per andare in bagno, oltre a stipendi in nero e nessuna copia del contratto di lavoro ai dipendenti. "Le dichiarazioni delle lavoratrici finiranno all'ispettorato del lavoro e in procura", ha assicurato Andrea Lumino, segretario generale della Slc Cgil di Taranto.

Annalisa, Antonella e Anapia hanno raccontato a Repubblica: "Abbiamo cominciato a lavorare il 19 ottobre. Ci hanno detto che si lavorava 6 ore al giorno per 6,51 euro lordi, come previsto dal contratto nazionale ma subito ci è sembrato strano che il contratto a progetto che ci hanno fatto firmare era in unica copia. Lo abbiamo più volte richiesto ma non ci hanno mai dato una copia". E ancora: "Il primo stipendio è arrivato il 6 dicembre ma era la metà di quello che ci aspettavamo – precisa Antonella – mancavano 15-20 ore a testa in busta paga e ci hanno detto che ogni volta che andavamo in bagno, anche per 5 minuti, veniva defalcata un'ora intera". "In sei ore di lavoro si poteva fare una sola pausa di 15 minuti e non due come previsto dal regolamento – sostiene Annapia –  durante l'ultima settimana di ottobre ho lavorato 39 ore e ho ricevuto 92 euro in busta paga. Altre colleghe sono state pagate da 0,33 centesimi a un euro all'ora".

La condizione dei lavoratori dei call center è di centrale importanza a Taranto, dove nel comparto hanno trovato lavoro 7mila persone. Su 134 controlli effettuati dalla CGIL, in 100 casi sono scattati gli esposti per condizioni di lavoro inique. Decine i casi denunciati di call center da sottoscala che aprono e chiudono nel tempo di un contratto di committenza. "Stiamo valutando con i nostri avvocati la possibilità di applicare la legge anti-caporalato anche a questo contesto, perché in termini di paga e trattamenti ci sono le stesse condizioni" spiega Andrea Lumino.

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