Studenti e ricercatori palestinesi possono venire in Italia, ma i figli devono restare a Gaza: “Ricatto disumano”

Decine di ricercatori palestinesi si stanno preparando per lasciare la Striscia di Gaza e venire in Italia, dove sono attesi dalle nostre università attraverso i corridoi universitari predisposti dalla Farnesina. Tuttavia, il prezzo da pagare è molto alto, troppo: non possono portare i figli, neanche i minori, e tantomeno i compagni.
Lo confermano a Fanpage.it gli studenti in procinto di partire: anche loro non possono entrare in Italia con i genitori, devono farlo da soli anche se hanno appena 20 anni e non hanno mai conosciuto il mondo fuori dalla Striscia. Come appreso da fonti attendibili, la scorsa settimana studenti e ricercatori sono stati contattati dal Consolato, ed è stato chiesto loro se intendevano partire comunque alla volta dell'Italia, anche senza le famiglie.
Volontari e attivisti che stanno facendo da ponte tra Gaza e il nostro paese hanno consigliato loro di accettare, per evitare di venire cancellati dagli elenchi per l'evacuazione. La sensazione però è che dietro la speranza di una vita migliore si celi il gusto amaro del “ricatto”, come ammette senza mezzi termini Widad Tamimi, scrittrice italiana di origine palestinese che per prima ha sollevato la questione pubblicamente: "Studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori sono stati contattati dal Consolato Generale di Gerusalemme per le prossime evacuazioni e si sono trovati di fronte a un drammatico bivio: accettare la borsa di studio e partire per la prossima evacuazione, lasciando indietro i figli e il coniuge, oppure rifiutare la borsa e il visto di studio, rimanendo con loro".
Appello a Tajani e Meloni: "Voi cosa rispondereste se vi chiedessero di lasciare i vostri figli?"
Tamimi si rivolge direttamente al Governo italiano attraverso il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: "Iniziamo dall’empatia: cosa rispondereste a chi vi pone la stessa domanda che il consolato ha fatto agli studenti palestinesi? Partireste lasciando i vostri bambini, o rimarreste con loro, affrontando fame, epidemie e la minaccia dei bombardamenti? Questi sono interrogativi che dovete affrontare con chiarezza e coscienza".
La pace per i palestinesi, nonostante il cessate il fuoco, è ben lontana da venire, e dopo la telefonata del Consolato le madri hanno iniziato a contattare Tamimi: "Mi hanno inviato vari messaggi vocali, esprimendo un profondo stato emotivo, addirittura peggiore rispetto ai mesi precedenti, durante i quali erano già in una condizione disperata. Questo dilemma ha strappato via l'ultima speranza di ricevere attenzione e assistenza umana".
Tra gennaio 2024 e agosto 2025 più di 54mila bambini di Gaza hanno sofferto di malnutrizione acuta, oltre 100 sono già morti di fame, e molti altri hanno perso la vita nei bombardamenti andati avanti nonostante l'accordo con Israele. Ora i genitori che in questi mesi sono riusciti a proteggere i loro figli, e che con l'apertura dei corridoi universitari pensavano di avere trovato una speranza per sfuggire al conflitto, si sono trovati davanti a una scelta impossibile.
"Sfortunatamente, molti hanno ceduto a questo ricatto, e ciò è avvenuto per un motivo solo: il Consolato ha convinto non solo loro, ma anche la CRUI e molte delle nostre università, che valesse la pena partire e fare riferimento alla possibilità di un ricongiungimento familiare successivo – accusa Tamimi – Tuttavia, la legge è chiara: con i visti di lunga durata per lavoro o studio, le famiglie dovrebbero rimanere unite. Il ricongiungimento familiare può richiedere anni. A Gaza, le persone continuano a morire, ogni giorno porta con sé un rischio imminente, e ho già testimoniato casi di ricongiungimenti mai avvenuti perché chi è rimasto è venuto a mancare prima che potessimo ottenere il nulla osta".
La condanna della scrittrice è dura: "Le conseguenze psicologiche di queste vicende sono devastanti, e lo Stato italiano dovrà assumersi la responsabilità di questa situazione. Non sarebbe forse più saggio far arrivare persone che possano costruire un nuovo capitolo di serenità insieme ai propri cari, piuttosto che aggravare ulteriormente la situazione, caricando lo Stato e la società di individui ancora più disperati di prima?".
Le madri palestinesi si sentono sotto un "vero e proprio ricatto, perpetrato da pubblici ufficiali e diplomatici". A complicare ulteriormente le cose ci sarebbe il ruolo della Crui, la Conferenza dei rettori, proprio l'ente che in questi mesi ha fatto da ponte con i volontari tra le università e i ricercatori bloccati a Gaza: "Sono sinceramente scioccata all'idea che alcune università e la Crui non si siano ribellate in blocco, all'istante. Persino illustri professori di diritto sembrano scendere a compromessi con la politica, negoziando i diritti umani. In questo momento, sta emergendo una tendenza a credere che il diritto non esista più e che sia quindi saggio e lecito trovare compromessi illegali".
"Impedire ai genitori di evacuare con i figli è corrosione del diritto internazionale"
"Questa è la corrosione dello stato di diritto internazionale. Non tutti siamo però disposti a questa negoziazione, perché in tanti siamo ancora certi del fatto che non esisterà pace nel mondo senza giustizia. È fondamentale che coloro che agiscono contro la legge oggi riflettano sul futuro. Alla fine del fascismo, fu la storia a condannare; questa volta, saranno i tribunali".
"Credo che stia accadendo a causa di una profonda ignoranza, innanzitutto riguardo alla legge – è l'analisi di Tamimi – Non solo, spesso gli Stati e le istituzioni non si comprendono le conseguenze gravissime che emergono a livello sociale quando le persone si trovano a fronteggiare dolori personali estremi. C’è anche una certa faciloneria nel modo in cui si cerca di risolvere la situazione con soluzioni superficiali. Abbiamo dato borse di studio, senza considerare che queste sono persone vulnerabili, esposte a un massacro insieme alle loro famiglie".