Stefano Argentino suicida, Garante dei detenuti: “Sconvolgono i commenti feroci, la morte è sempre una tragedia”

Ieri Stefano Argentino, reo confesso per il femminicidio di Sara Campanella, si è tolto la vita in carcere a poco più di un mese all'inizio del processo. Fin da subito aveva espresso la sua intenzione di suicidarsi, motivo per cui appena dopo l'arresto è rientrato nell'alta sorveglianza, che gli è stata tolta solo pochi giorni fa. Stando alle prime informazioni di quanto accaduto, ieri 6 agosto verso le 17 si è allontanato dagli altri detenuti e si è impiccato nel bagno della propria cella. Quando gli agenti lo hanno trovato per lui non c'è stato più nulla da fare.
Si tratta dell'ennesimo suicidio in carcere. Oggi 7 agosto un altro detenuto si è tolto la vita: un 23enne di origine marocchina si è impiccato nel carcere di Ascoli Piceno. Sono 52 i suicidi dall'inizio dell'anno e, dunque, 2 nelle ultime 24 ore. Ma perché non si è potuto evitare? A Fanpage.it parla Lucia Risicato, garante dei detenuti di Messina.
Perché è stata tolta la sorveglianza in carcere a Stefano Argentino?
Era in alta sorveglianza fino a 15 giorni fa. Ora c'è un'indagine in corso per cui sarà la magistratura a chiarire cosa sia successo: bisogna capire soprattutto perché non è stato ritenuto più a rischio suicidio. Si tratta chiaramente di una tragedia. Lui si è sottratto a un processo che avrebbe chiarito le ragioni, ammesso che ce ne siano, di questa vicenda terribile. Si tratta di una sconfitta per tutti, una morte di questo tipo alla vigilia della prima udienza del processo.
E la cosa che mi sconvolge sono i commenti feroci che ho letto sui social: sono espressione di una mentalità giustizialista profondamente intrisa di populismo anche a livello penale. Si sta dimenticando la dimensione costituzionale della pena, ma soprattutto ci si dimentica del fatto che la morte di un essere umano è una tragedia.
Si è trattato di un ragazzo reo confesso di un delitto gravissimo di cui sicuramente era consapevole: era stato un detenuto molto particolare, chiuso in se stesso, molto disperato sin dal momento in cui è arrivato in carcere.
Secondo lei, come sostiene l'avvocato difensore di Stefano Argentino, lo Stato è responsabile di quello che è accaduto?
Tocca ora alla magistratura chiarire se se ci sono state delle mancanze.
Perché si toglie la sorveglianza a un ragazzo che aveva già manifestato intenzioni suicide?
Sicuramente il detenuto non è stato più ritenuto a rischio suicidio, questo è un dato di fatto. E sicuramente c'erano degli elementi che possono avere motivato questa decisione, ma io non li conosco. Posso esprimere solo sorpresa perché siamo passati da una vigilanza costante all'assimilazione ai detenuti comuni che ha portato a questo epilogo. Ora ci sono due famiglie distrutte.
Quindi io non posso che esprimere profonda tristezza perché questo suicidio peraltro è il 52esimo dall'inizio dell'anno. Ed è un dramma a cui il Parlamento e il governo sono indifferenti.
Si tratta di una epidemia di suicidi, se mi consente questo termine. Come se fosse un virus a cui purtroppo non ci stupiamo più: c'è un suicidio ogni 48 ore.
Probabilmente Stefano Argentino non rientra nella tipologia del suicida per disperazione legata alle condizioni in carcere, ma comunque si è tolto la vita in cella.
Secondo lei cosa è necessario fare per evitare questa "epidemia"?
Assumere provvedimenti straordinari e ridurre il sovraffollamento che è al 134 per cento. Ci sono più di 10mila detenuti che hanno un residuo di pena inferiore ai 18 mesi da scontare.
Ma poi bisogna migliorare in generale le condizioni del carcere, potenziandolo a livello strutturale. Non solo con gli agenti di Polizia Penitenziaria, ma con psicologi, educatori e tutto il personale che si occupa del trattamento dei detenuti.