“Se lasci tuo figlio a Gaza puoi venire in Italia”: la ricercatrice vince la battaglia e atterra con il bimbo

M. A., la madre palestinese alla quale era stato chiesto di lasciare suo figlio nella Striscia di Gaza per poter venire a studiare in Italia, è atterrata oggi nel nostro Paese con il terzo e ultimo gruppo di studenti e ricercatori palestinesi. Con lei però c’è anche suo figlio di 7 anni.
M. A. aveva raccontato a Fanpage.it la scelta impossibile davanti alla quale era stata chiamata dal Consolato italiano a Gerusalemme: lasciare Gaza e venire in Italia per beneficiare della borsa di studio vinta lasciando indietro il suo bambino di soli 7 anni; oppure rinunciare alla borsa e perdere per sempre ogni speranza di venire nel nostro Paese.
Dopo lunghe settimane trascorse tra telefonate e mail all’ambasciata italiana a Gerusalemme e al Ministero degli Esteri, M.A. è riuscita a ottenere di portare suo figlio con sé, lontano da Gaza.
A tutti gli studenti e i ricercatori venuti in Italia da Gaza sino ad oggi è stata fatta la stessa richiesta impossibile: lasciare le famiglie nella Striscia con la promessa di un futuro ricongiungimento. M.A. è riuscita a portare suo figlio con sé ma molti, moltissimi altri, non hanno avuto la stessa possibilità.
Il ricercatore arrivato in Italia senza la famiglia: “Avrà un impatto sul nostro benessere psicologico”
M. A. è riuscita a portare suo figlio con sé, ma molti altri sono stati costretti a compiere una scelta diversa. Fanpage.it ha parlato con A. M., ricercatore che lo scorso 23 ottobre è arrivato in Italia con il secondo corridoio universitario della Farnesina, ma senza la famiglia: "Si tratta di una decisione disumana che non tiene conto del benessere psicologico ed emotivo delle persone che la compiono e di chi è rimasto".
Tutto questo ha delle ripercussioni non solo su di lui, ma su tutte le persone nella sua stessa situazione: “Se i ricercatori partono senza le loro famiglie, ciò influirà sul loro rendimento accademico e avrà un impatto significativo sulla loro salute mentale, soprattutto sapendo che le loro famiglie vivono da sole in condizioni molto difficili a Gaza”.
La Farnesina, in una nota inviata alla redazione, tra le altre cose ha voluto sottolineare “Lo sforzo italiano per gli studenti palestinesi” considerandolo “un pilastro dell’impegno umanitario per Gaza, nella consapevolezza di investire sul futuro e sulla classe dirigente palestinese, per contribuire alla pace e alla stabilità del Medio Oriente”.
Parole che A. M. spera si traducano in realtà e chiede che venga applicata davvero la stessa sensibilità per portare al sicuro i figli di tutti i ricercatori: “Dopo la distruzione del settore educativo durante la guerra, abbiamo sentito che il popolo italiano era tra coloro che ci hanno sostenuto, ci hanno aiutato e non ci hanno mai abbandonato, nemmeno per un momento. Siamo certi che continueranno sempre a stare al nostro fianco”.
In Italia anche un gruppo di familiari di studenti
M. A. è arrivata in Italia nell’ambito dei “corridoi universitari” da Gaza con un nuovo gruppo di 26 studenti palestinesi che beneficiano di borse di studio in atenei del nostro Paese attraverso il progetto Iupals. In questo nuovo volo organizzato dalla Farnesina non è stata l'unica a poter portare un familiare: "Insieme agli studenti, arriveranno in Italia anche altre persone – 16 nel gruppo di oggi – che viaggiano per ricongiungersi con i propri familiari in Italia. Giungono, così, a circa 1.350 i palestinesi finora accolti nel nostro Paese", si legge in una nota.
Il primo gruppo è arrivato in Giordania nella tarda serata di mercoledì scorso, assistito dal Consolato Generale a Gerusalemme e dall’Ambasciata ad Amman, dopo l’uscita dal territorio israeliano. Nella capitale giordana, gli studenti hanno trovato ospitalità all'interno delle strutture dell’Ospedale italiano, per poi poter ripartire questa mattina verso Roma con un volo commerciale.
Un altro gruppo di studenti lascerà la Striscia alla volta dell’Italia all’inizio della prossima settimana.