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Ultime notizie su Sara Pedri, ginecologa scomparsa a Trento

Sara Pedri, collega a Chi l’ha visto: “Pregavo Dio di fare un incidente per non andare più al lavoro”

Sono diverse le colleghe di reparto di Sara Pedri a denunciare i maltrattamenti e le vessazioni subiti in ospedale a Trento. Intervistate da “Chi l’ha visto?” hanno raccontato i momenti di sconforto in cui speravano di non andare più al lavoro: “Ogni volta che andavo a lavorare pregavo Dio di fare un incidente, rimanere paralizzata e non andarci più”, racconta una collega di Sara, la ginecologa di Forlì scomparsa lo scorso 4 marzo da Cles. Indagati per maltrattamenti l’ex primario dell’Unità operativa di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento, dove la ragazza lavorava, e la sua vice.
A cura di Chiara Ammendola
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Non solo Sara Pedri ma anche diverse altre colleghe della ginecologa di Forlì scomparsa lo scorso 4 marzo hanno raccontato le vessazioni e le umiliazioni subite al lavoro all'interno del reparto di Ginecologia dell'ospedale Santa Chiara di Trento. Intervistate da "Chi l'ha visto?" hanno raccontato i momenti di sconforto che le portavano anche a sperare in un incidente pur di non andare al lavoro: "Ogni volta che andavo a lavorare pregavo Dio di fare un incidente, rimanere paralizzata e non andarci più – racconta una collega di Sara – poi finisce che se ti ammali, perché ti fanno ammalare, avviano procedimenti disciplinari perché ti sei permessa di ammalarti".

"In sala operatoria volavano i ferri chirurgici – racconta un'altra collega – ti fanno sentire una nullità, ti fanno mettere in dubbio ciò che tu fai decenni, cercano l'errore per metterti in crisi. Si respira la paura di parlare". Lo stesso clima che la ginecologa di Forlì ha raccontato alle amiche e alla famiglia per mesi prima di crollare, fisicamente e psicologicamente. Sottopeso e affaticata dai continui episodi di mobbing, Sara ha deciso di tornare a casa lo scorso febbraio: "È in quel momento, il 19 febbraio, quando l'abbiamo vista dopo averla convinta a venire a casa, che ci siamo resi conto di come stava davvero – ha raccontato la madre ospite nello studio di "Chi l'ha visto?" – aveva perso peso, si mangiava le unghie, si abbracciava lo stomaco, se ne stava in un angolino nella sua camera".

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Questa mattina la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati di Saverio Tateo, l'ex primario dell’Unità operativa di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento, dove la ragazza lavorava, e la vice Liliana Mereu: entrambi sono indagati dalla procura di Trento per maltrattamenti e abuso dei mezzi di correzione e disciplina. Si tratta di un fascicolo d'inchiesta aperto dopo la scomparsa di Sara Pedri. E al procuratore capo di Trento, Sandro Raimondi, i primi giorni di agosto il Nas aveva inviato un' informativa in cui si chiedeva che la coppia di dirigenti venisse iscritta nel registro degli indagati per maltrattamenti. Ed è proprio di maltrattamenti che parla l'avvocato della famiglia di Sara, Nicodemo Gentile, quando racconta dell'episodio avvenuto il 20 gennaio quando fu colpita su una mano prima di essere allontanata dalla sala operatorio. Abuso dei mezzi di correzione o disciplina è un'altra delle accuse, visto che Sara un giorno fu costretta a stare da sola in una stanza per ore.

"Ci sono stati momenti piuttosto bui. Quando arrivo che ho la guardia di 12 ore, non mi alzo dalla sedia se non per fare la visita – racconta Sara all'amica Giovanna prima di sparire – non faccio la pipì, non mangio". Sono sfoghi continui quella della ginecologa ormai stanca di quel clima e di quel lavoro che tanto aveva agognato. In una lettera mai inviata e indirizzata proprio al primario Tateo, Sara chiede di poter essere trasferita a Cles, lì dove era stata assunta inizialmente e dove non era potuta andare a causa del Covid: parla di quelle umiliazioni che per una donna alla prima esperienza di lavoro possono essere traumatizzanti: "Le numerose umiliazioni, senza nessuno aiuto, hanno provocato in me in una paura mai avuta prima  nell'affrontare il lavoro".

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