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“Il ragazzo dai pantaloni rosa non si è ucciso per omofobia”

Andrea si tolse la vita il 20 novembre 2012 a Roma. Secondo il Gay Center veniva deriso e additato come omosessuale. Ora le indagini hanno portato a escludere omofobia e bullismo.
A cura di Susanna Picone
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Il ragazzo “dai pantaloni rosa” non era omosessuale e non era mai stato vittima di scherno e persecuzione da parte dei suoi compagni. È quanto emerge dalle indagini sul suicidio di Andrea, il giovane che si tolse la vita il 20 novembre del 2012 a Roma. Un giovane che non si sarebbe suicidato perché vittima di omofobia o di bullismo. Ma avrebbe preso la terribile decisione di togliersi la vita per altri motivi, forse per una delusione d’amore, perché respinto da una sua compagna di scuola del liceo Cavour di Roma. Dunque non ci sarebbe stato alcun insulto. È questo quanto emerge dall'inchiesta della procura che ha chiesto l'archiviazione del procedimento. In questo modo le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani, dopo una lunga serie di audizioni hanno portato a sgombrare le ipotesi sul movente omofobico del suicidio. L’archiviazione è stata sollecitata anche per tre docenti e la preside dell'istituto frequentato dal giovane finiti sul registro degli indagati dopo una denuncia presentata dai parenti del ragazzo. Ai quattro si contestava il reato di omessa vigilanza, ma secondo i pm questo reato non si compie in quanto i docenti non erano a conoscenza di alcun elemento che potesse far pensare che Andrea fosse oggetto di bullismo omofobico.

Gay Center: “Ci sorprende la richiesta di archiviazione” – Un commento dopo la richiesta di archiviazione della procura è arrivato da parte di Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center: “Ci sorprende la richiesta di archiviazione della Procura sul suicidio di Andrea, tristemente noto come il ragazzo dai pantaloni rosa. Ci sorprende ancora di più la certezza che viene dalla Procura che Andrea non sia stato vittima di azioni di bullismo o di omofobia”. Secondo il Gay Center, la richiesta di archiviazione della Procura è la dimostrazione che di fronte a casi di discriminazioni omofobe “cala un muro di silenzio, che nessuno osa denunciarle e assumersene le responsabilità”. Per Marrazzo “c’è molta materia su cui riflettere da parte di tutti”.

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