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Revenge porn sulla maestra di Torino, il pm: “Condannate la direttrice che l’ha licenziata”

Il caso della maestra di Torino vittima di revenge porn: è stata richiesta una condanna per la direttrice dell’asilo che l’ha licenziata e per la mamma che ha ulteriormente condiviso il suo materiale intimo, minacciandola e intimidendola. “Fu una vera e propria gogna scolastica” ha spiegato la pm Chiara Canepa.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Fu una vera e propria "gogna scolastica" quella subita dalla maestra d'asilo che nel Torinese perse il lavoro dopo la diffusione non consensuale di foto e video intimi. Il magistrato ha chiesto due condanne per questo motivo: 14 mesi per la direttrice dell'Istituto che l'ha licenziata e 12 mesi per la mamma di una bambina che ha ulteriormente diffuso i video e le foto nella chat dei genitori. I reati oscillano tra violenza privata, diffamazione e diffusione indebita di immagini.

"Non volevo licenziarla, è stata lei a raccontarmi cosa era successo e che non poteva più lavorare nel nostro istituto perché non riusciva a guardare in faccia i genitori dei bambini perché tutti sapevano" ha dichiarato la direttrice del piccolo asilo nido torinese in aula. Si difende così dall'accusa di violenza privata nei confronti della maestra licenziata per aver mandato le sue foto intime all'ex fidanzato che a sua volta le aveva divulgate in una chat del calcetto.

La riunione dei docenti

Durante la riunione con le altre insegnanti in cui la ragazza sarebbe stata messa alla gogna, ci sarebbe stato un clima di conforto secondo la direttrice: "Lei è arrivata senza essere convocata perché io le avevo consigliato di tornare a casa visto che non era nelle condizioni di lavorare – avrebbe raccontato la dirigente secondo quanto riporta Repubblica -. Mi disse che io mi ero inventata tutto e che nessuno sapeva niente e a quel punto chiesi alle altre maestre cosa sapevano sull'argomento: tutte mi dissero che erano a conoscenza delle foto inoltrate".

La docente a quel punto ha chiesto di andarsene, firmando le dimissioni. Subito dopo, sempre secondo la tesi difensiva della dirigente, la donna l'avrebbe richiamata per ritrattare e dirle che aveva inventato tutto. "Ci vediamo in tribunale" avrebbe detto la maestra all'imputata prima di chiudere la telefonata. La donna ha spiegato che i genitori dei bambini, a quel punto, avrebbero manifestato la loro preoccupazione sul tema. "Il nido si prendeva cura di pochi bambini – ha spiegato – e sarebbero bastate due rette in meno da parte dei genitori per non poter più pagare le mie insegnanti. Il timore che portassero via i loro figli era forte".

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