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Covid 19

Quali sono le regioni che hanno fatto più tamponi: primo il Veneto, ultima la Campania

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria il numero più alto di tamponi è stato fatto in Veneto con il 4,64% della popolazione testata, il più basso in Campania (0,84%). Nell’ultima settimana la “maglia nera” va alla Puglia, con un tasso di 2,64 tamponi per 1000 abitanti, mentre l’impegno maggiore è stato profuso nella Provincia Autonoma di Trento (14,14 per mille abitanti).
A cura di Davide Falcioni
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Quali sono le regioni italiane dove sono stati fatti più tamponi nella prima settimana della Fase 2? La "maglia nera" va alla Puglia, con un tasso di 2,64 tamponi per 1000 abitanti, mentre l'impegno maggiore è stato profuso nella Provincia Autonoma di Trento (14,14 per 1000 abitanti). Subito dopo c'è il Veneto con 12,78 per 1000 abitanti. Il Lazio si ferma a 4,87%, sotto la media nazionale (6,62 per 1000). Osservando il dato dall'inizio dell'epidemia da Coronavirus a livello nazionale il 2,59% della popolazione ha eseguito il tampone. Il valore più alto in Veneto con il 4,64%, il minimo in Campania (0,84%).

Test sierologici: solo sei regioni li hanno avviati

I dati sono stati resi noti nel corso della sesta puntata dell'Instant Report ALTEMS Covid-19, iniziativa dell'Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell'Università Cattolica di confronto sistematico dell'andamento della diffusione del Sars-COV-2 a livello nazionale, per la prima volta prendendo in considerazione 20 Regioni italiane. Un altro importante strumento per la Fase 2 sono i test sierologici, e in questo senso finora le Regioni si sono mosse in ordine sparso: solo sei infatti hanno avviato i test nell'ambito di programmi che vedono diverse strategie di campionatura e diverse tecnologie. La prima Regione in ordine di tempo ad avviarli è stata il Veneto, mentre l'ultima sarà il Lazio a partire da lunedì. Tutte le Regioni hanno individuato negli operatori sanitari il target primario in questa prima fase;
altri target sono forze dell'ordine, lavoratori in azienda o popolazione generale campionata.

USCA per evitare nuovo focolai nelle case di riposo

Altro tema cruciale  per la gestione dell'epidemia Covid-19 nella Fase 2 è il monitoraggio territoriale e il controllo delle residenze sanitarie. In questo senso lo "strumento" individuato a livello nazionale è l'Unità Speciale di Continuità Assistenziale-USCA, cioè uno strumento di continuità assistenziale basato su un team di medici che intervengono su pazienti di gravità "intermedia", gestiti a livello domiciliare che hanno un bisogno di monitoraggio che non può essere assolto solo con un contatto telefonico ma che ancora non necessitano di un trasporto in ospedale.

Al momento le USCA coprono il 31% della popolazione nazionale, con un picco di copertura che ora riguarda l'Emilia Romagna (91% della popolazione coperta), seguita dalle PA di Trento e Bolzano (84%) e l'Abruzzo con il 69%. La Regione Lombardia copre con le USCA il 20% della popolazione, il Veneto ha raggiunto una copertura del 49%. La Regione Lazio, tra le ultime a dare il via allo strumento, ha già raggiunto una copertura del 34% della popolazione in due settimane e la sua azione appare sinergica con quella avviata dai Medici di Medicina Generale supportati dall'app DoctorPlus Covid-19. Prosegue anche l'implementazione di soluzioni di telemedicina. In 9 settimane (dal 1 marzo 2020) siamo si è arrivati a 108 soluzioni digitali di cui 38 per gestire pazienti Covid: tra queste ben il 34% sono app per il monitoraggio e la visita a distanza.

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