Preso in Grecia per aver ucciso una prostituta sulle rive del Po nel ’99, è già libero: “Pena già scontata”

La pena definitiva è già stata scontata. Con questa decisione, la Corte d’Assise d’Appello di Bologna ha sancito l’impossibilità di trattenere ulteriormente in carcere Ylli Vangjelaj, 49enne albanese condannato per un delitto che ha sconvolto Piacenza alla fine degli anni ’90. Arrestato in Grecia e trasferito in Italia per scontare 22 anni e otto mesi di reclusione per l’omicidio brutale di Betty Yadira Ponce Ramirez, giovane prostituta violentata, seviziata e assassinata sulle rive del Po il giorno del suo ventesimo compleanno, nel dicembre 1999, Vangjelaj è stato recentemente liberato.
Il crimine, maturato nell’ambiente oscuro dello sfruttamento della prostituzione, vide coinvolti tre uomini, tra cui Vangjelaj, che subito dopo il fatto riuscirono a fuggire all’estero. Condannati in contumacia dalla Corte di Assise di Piacenza, le loro pene furono severe: ergastolo per Erjon Sejdiraj, considerato la mente del delitto, e oltre vent’anni per Vangjelaj e Robert Ziu. Nonostante la fuga, le forze dell’ordine non si sono mai arrese, rintracciando i responsabili uno dopo l’altro.
Quando Vangjelaj fu catturato in Albania nel 2018, sembrava imminente l’estradizione in Italia per scontare la pena. Tuttavia, il tribunale di Valona riconobbe che la condanna italiana era stata già eseguita nel suo Paese, riducendo la pena a 11 anni, di cui tre condonati. Questo ha bloccato il suo trasferimento, aprendo una complessa battaglia legale tra ordinamenti diversi.
Trasferitosi in Grecia, Vangjelaj venne nuovamente arrestato e consegnato all’Italia, dove però la sua difesa, guidata dagli avvocati Savino Lupo e Daniele Sussman Steinberg, ha ottenuto un’importante vittoria. Dopo un iter giudiziario complicato, la Corte di Cassazione ha annullato una precedente sentenza, costringendo la Corte di appello di Bologna a riconoscere che il principio del ne bis in idem impedisce una seconda esecuzione della pena.
La conseguenza è stata l’immediata liberazione di Vangjelaj e il suo ritorno in Albania, chiudendo una vicenda giudiziaria complessa e delicata, che ha sollevato questioni cruciali sulla cooperazione internazionale in materia di giustizia penale e sul rispetto delle garanzie processuali.