Perché il caso di Manuela Murgia è stato riaperto: quali sono i nuovi elementi sui quali si indaga

Il corpo di Manuela Murgia, 16 anni, fu trovato il 5 febbraio 1995 nel canyon di Tuvixeddu, a Cagliari. Le indagini sulla sua morte sono state archiviate più volte per suicidio, ma a marzo 2024 la Procura di Cagliari ha deciso di riaprire il caso. A distanza di 30 anni, l'ex fidanzato della 16enne, Enrico Astero, oggi 54enne, è indagato per omicidio.
La nuova ipotesi, sostenuta dai familiari che non hanno mai creduto al gesto volontario, è che la ragazza sia stata violentata e successivamente investita volontariamente. Tra gli elementi determinanti per la riapertura delle indagini c'è la relazione medico legale di cui si è occupato il professor Roberto Demontis.
I soldi nascosti e le telefonate ricevute nei giorni precedenti
Come raccontato a Fanpage.it dall'avvocata Giulia Lai, la legale che insieme ai colleghi Bachisio Mele e Maria F. Marras difende la famiglia Murgia, già nel 2012 Elisabetta, sorella di Manuela, aveva riferito informazioni e ricordi in Procura, presentando nuovi elementi che non erano stati esposti all'epoca dei fatti e facendo riaprire le indagini.
Per esempio, il fatto che Manuela fosse in possesso di soldi che aveva nascosto in casa. Ma che non potevano essere suoi perché la famiglia non era solita dare quantità ingenti di denaro ai figli. Inoltre, pochi giorni prima della sua morte, la 16enne aveva ricevuto strane telefonate a cui seguivano momenti di forte pianto.
Questi elementi, tuttavia, non portarono a nessun esito ulteriore rispetto al passato perché si trattava di elementi indiziari su cui non vennero fatti nuovi accertamenti.
Il sangue sugli slip e le ferite sul corpo di Manuela
Nel mese di luglio 2024 i legali della famiglia della ragazza hanno presentato una nuova richiesta di riapertura delle indagini, con una perizia tecnica che escludeva l'ipotesi della caduta. Ad agosto, però, l'istanza era stata respinta.
È a quel punto che i legali hanno presentato, tramite gli avvocati, la nuova relazione medico legale del professore Demontis, con cui è stata di fatto smontata e offerta una conclusione differente rispetto a quella della precedente autopsia.
Dalla consulenza erano emersi diversi elementi, come il sangue nelle mutande di Manuela (che non era stato analizzato), lesioni incompatibili con una caduta dal canyon e altre, trovate nella zona genitale, sulle grandi labbra, che sembrano suggerire un probabile tentativo di rapporto sessuale non consenziente, una violenza.
Il Dna maschile trovato sugli abiti della vittima
Gli inquirenti hanno quindi riaperto il caso e richiesto ulteriori accertamenti. A luglio nuove analisi sono state effettuate dai Ris di Cagliari: hanno rivelato la presenza di tracce di sangue e residui biologici sui vestiti di Manuela, compresi jeans, slip, calze, leggings, reggiseno, un fermacapelli, un pezzo di cintura, stivaletti, un maglioncino e la giacca della 16enne.
I successivi esami effettuati dai consulenti nominati dalle parti hanno rilevato la presenza di Dna maschile su diversi indumenti. In tutto sono stati prelevati circa 80 campioni, e in una parte consistente di essi è stato isolato materiale genetico attribuibile a un uomo.
Ora si attendono gli esiti delle ulteriori verifiche necessari: i campioni devono infatti essere amplificati e tipizzati in maniera più precisa. Il passo successivo sarà confrontare i profili genetici con quelli contenuti nella banca dati nazionale e con quello dell'indagato.